Tokyo apre con cautela le porte a Bush

Tokyo apre con cautela le porte a Bush Il presidente Usa sbarca a Osaka: «Vengo da amico». Ma Iacocca si indigna: «Macché scuse? Siamo noi i padroni del mondo» Tokyo apre con cautela le porte a Bush La Nissan si impegna a montare componenti mode in Detroit TOKYO. Almeno sul piano diplomatico, la missione del presidente americano Bush in Giappone si è aperta all'insegna della distensione. Le case automobilistiche del Sol Levante hanno accolto l'invito del premier Kiichi Miyazawa a collaborare «in ogni modo» all'incremento dell'export di auto e componenti Usa verso il Giappone, annunciando l'intenzione di installare dei centri commerciali negli Stati Uniti in diverse zone, compresa Detroit e la costa occidentale, per acquistare direttamente le parti di ricambio. La Nissan ha comunicato un piano di acquisti in Usa di componenti auto per 3,7 miliardi di dollari fino al 1995. Il Giappone progetta anche di offrire a Washington la possibilità di commerciare con i produttori automobilistici giapponesi per un totale di 18 miliardi di dollari in parti di ricambio per auto americane, il doppio di quanto è stato acqui- stato nel 1990 dai cinque maggiori produttori di macchine giapponesi. Non è poco, se si pensa che Bush aveva nei giorni scorsi affermato che ogni miliardo di dollari in più nell'export americano ha il potere di creare 20 mila nuovi posti di lavoro negli States. I nuovi segnali di distensione con Tokyo sembrano aver incoraggiato il Presidente america¬ no nel suo tentativo di riequilibrare il disavanzo commerciale nei confronti del Giappone, attualmente sui livelli di circa 40 miliardi di dollari, dei quali circa tre quarti dovuti al mercato delle auto e dei componenti. Le industiie manifatturiere del Giappone, infatti, possono contare su una quota del 30% del mercato Usa, ma continuano a mantenere delle barriere nei confronti dell'export statunitense, che detiene solamente lo 0,4% del mercato giapponese. Bush, arrivato in Giappone in compagnia della moglie Barbara e dei leader dei tre colossi di Detroit (Roger Stempel, della General Motors, Harold Poling della Ford, e Lee Iacocca, della Chrysler), ha in calendario oggi tre diversi incontri con il premier Miyazawa e il gotha finan¬ ziario e politico giapponese, mentre i leader della cinque maggiori case giapponesi (Toyota, Nissan, Honda, Mitsubishi e Mazda) incontreranno i presidenti delle «big three» di Detroit. Per domani è prevista la firma di un «piano d'azione» che dovrebbe anche includere un tentativo di stimolare il consumo domestico giapponese, allo scopo di aumentare l'importazione di cibo americano, a partire dal riso. Il piano comprenderà anche specifiche normative per il commercio di parti meccaniche per auto, importate da Detroit. L'intesa servirà a dare attuazione alla «dichiarazione di Tokyo», che conferma l'aiuto reciproco a lungo termine tra i due Paesi, e che sarà firmata da Bush e da Miyazawa a fine summit. Sbarcato a Osaka con toni concilianti («Vengo in amicizia»; «Dobbiamo aumentare il numero degli americani in grado di parlare giapponese e capire gli ingranaggi del mercato nipponico») Bush ha però dovuto scontrarsi con due realtà non ufficiali. Da un lato le proteste dei coltivatori, e in alcune città dell'estrema destra, con quella che la stampa ha definito un'«atmosfera» da «Pearl Harbor» o da «navi nere», ricordando la flotta dell'ammiraglio Pery che nel 1853 puntò i cannoni forzando il Giappone ad aprirsi al mondo. Dall'altro l'intransigenza dei capitani d'industria che seguono il Presidente in questa missione. «Non dobbiamo chiedere scusa a nessuno.... siamo i leader del mondo» ha detto il presidente della Chrysler, Iacocca, indignato dalle voci secondo le quali le imprese americane sono intente a chiedere «l'elemosina». «La verità - ha aggiunto - è che bisogna cambiare le fondamenta sulle quali poggiano le relazioni commerciali fra i due Paesi». [r. e. s.] ,..er V A M C K C Roger Stempel presidente Gm A destra una vignetta di Le Monde L'aereo di Bush ha due auto al posto dei carrelli «Buona fortuna a Tokio!»