Un mito del jazz

Vecchio disco, addio Finisce un'epoca: la maggior catena inglese ha annunciato che non venderà più long playing Vecchio disco, addio Ora è un tesoro da collezionisti 7n] milano L| Icommuovano i teneri di m cuore: il long playing ha i l y giorni contati, anzi le ore. *=ZJsta per essere seppellito da quel piccolo cerchio di luce chiamato compact disc: l'ottimo, veloce, affidabile, incorruttibile ed, fatto di plastica e laser. Da Londra arriva in queste ore la sentenza: la WH Smith, super catena di negozi per discomani, ha annunciato che dal prossimo aprile smetterà di vendere i padelloni di vinile. «Occupano spazio. Non si vendono», dice a ciglio asciutto Kevin Hawkins, della WH Smith. Altre catene seguiranno l'esempio. Poi toccherà alle case discografiche interrompere definitivamente la produzione. Succederà. E' già successo in Giappone. E' già successo negli Usa. I numeri - in economia - sono inappellabili. Nel loro massimo fulgore, anno 1978, sono stati venduti quasi un miliardo di ellepì nel mondo. Da allora, il lento declino fino al fondo dei 339 milioni di pezzi nel '90. «La sua sorte è segnata», assicurano anche qui, alla Sony Italia, alla Ricordi, alla Polygram, ovunque. E' destino (e mercato): ogni generazione, in musica, gira a velocità diversa. Nei Sessanta per 3 minuti di ritmo, il cuore viaggiava a 45 giri. Poi si è espanso e ha rallentato per assestarsi ai 33 giri del long playing. Trenta centimetri di resina sintetica incisa a microsolco, una quarantina di minuti in musica. Con il ed i minuti salgono sino a 70 e il prezzo, col tempo, diminuirà. Ma non siate troppo tristi: l'ellepì muore e subito rinasce. Anche se in altra veste: diventa segno dei tempi, traccia sonora che si corrompe, oggetto di culto, collezionismo. Con i suoi eroi. Per esempio Marco Contini, 55 anni, milanese, probabilmente massimo collezionista italiano di dischi. Ne possiede 60 mila, tutta musica classica e lirica, qualche raro pezzo di jazz. Dice: «Quella del vinile è una morte ampiamente annunciata. Ho iniziato 30 anni fa a raccogliere i dischi, so come vanno queste cose». Nei suoi scaffali c'è l'armonia del passato, incisa sulla porcellana dei primissimi dischi, o sulla gommalacca dei 78 giri. Non ha rimpianti: «Quelli sono documenti irripetibili. So benissimo che il compact disc ha una qualità imbattibile. E' giusto che il futuro sia suo». «Giusto, scontato e ovvio» secondo Gianni Boncompagni, grande consumatore di suoni e voci e immagini e giochi. «Da un pezzo ho sbattuto via i miei 40 mila dischi di leggera, rock, pop, classica. Scaffali di polvere e fruscii. Via tutto in cambio dei compact. Leggeri, piccoli, trasportabili. Una meraviglia». Racconta: «L'ultima volta in Giappone entro in un negozio e mi sento dire: venga, le facciamo vedere una cosa speciale. E mi portano nel retro dove c'erano solo gli ellepì di vinile. Capito? Ora toccherà all'Europa mettere tutto in soffitta e lasciare spazio al nuovo». Mica vero. Spinti dal presentimento della fine, in questi ultimi anni, si sono moltiplicati i cercatori di dischi. I fan del vinile raro. Dell'incisione unica o dimenticata. Si radunano in «convention», che sono per metà mercati e per metà riti, anche se officiati nei padiglioni del Palazzo delle esposizioni di Novegro, Milano, oppure al Palasport di Modena, o al Palazzo dei congressi di Bologna. Arrivano a pagare un lp di Patty Pravo anche 300 mila lire. Hanno una rivista tutta per loro che si chiama Raro! e avventurose corrispondenze con partner extranazionali. Parlano, come parla Massimo, 38 anni, biologo di Torino che in cambio dell'anonimato ammette: «Posseggo 600 bootleg (incisione non autorizzata, ndr) dei Beatles. Un terzo dell'esistente. Non è sempre vero che il ed sia meglio per qualità. Ci sono incisioni dei Beatles, le prime, che in vinile sono più piene, più calde, meno ghiacciate delle versioni riversate in compact». Giudizio da inaffidabile innamorato? «Io sono d'accordissimo» strascica in perfetto accento bolognese Red Ronnie, che del colle¬ zionismo conosce il piacere, ma anche il perfetto dolore. S'è indebitato un bel po' per scucire i 500 milioni versati in cambio della Fender Stratocaster, mancina, la chitarra appartenuta a Jimi Hendrix. Non la suona («se compri i pennelli di Van Gogh non ci dipingi mica»). La guarda. E insieme guarda i suoi due juke box Wurlitzer, 1939, pieni di golosissimi 45 giri in eccellente vi¬ nile. «Se ascolti, poniamo, Only you, prima edizione, provi un surplus di energia, anzi di puro piacere, che nessun ed potrà mai darti». Però non rinuncia al nuovo: «Ovvio che in macchina e per l'ascolto professional uso il compact. Quando facevo il dj e bazzicavo Londra a caccia, mi sono innamorato del ed. Dei primissimi, che in Italia ti dicevano: ma che roba è questa? Non funzionerà». Invece funziona perfettamente. Uno che se ne intende, Iuri Grand, responsabile per la classica della Emi, dice: «Oramai il mercato è così: 30 per cento cassetta, il resto in ed e qualche spicciolo ancora in lp. L'ultima voce scomparirà nel giro di poco. Rimarranno le incisioni destinate al grande pubblico: Pavarotti per le mammine». E' davvero la fine? A New York, i ragazzi energetici della band Sonic Youth (in marcia verso il top classifica), non accettano di incidere sui compact. Nessuno se lo aspettava. Loro pretendono vinile. Magari per ripicca, magari per gioco. La storia degli oggetti va così. i box Wurlitzer, 1939, pieni di golosissimi 45 giri in eccellente vi¬ ca, magari per gioco. La storia degli oggetti va così. La copertina «Let it bleed»celebre disco Rolling Stones negli anndel trionfo dei long playingA sinistra, Patty PravoIn alto, da sinistra a destra, i BeatlesBoncompagni e Red Ronnieche ha comprato la chitarra Fender appartenuta a Jimi Hendrix La copertina «Let it bleed», celebre disco Rolling Stones negli anni del trionfo dei long playing. A sinistra, Patty Pravo. In alto, da sinistra a destra, i Beatles, Boncompagni e Red Ronnie, che ha comprato la chitarra Fender appartenuta a Jimi Hendrix