L'Opus Dei: qualcuno vuole infangarci

L'Opus Dei: qualcuno vuole infangarci Un articolo della rivista americana accusava il fondatore di essere ammiratore di Hitler L'Opus Dei: qualcuno vuole infangarci Replica a Newsweek, Balaguer amava gli ebrei ROMA. Don Alvaro del Portillo, 77 anni, tre lauree in ingegneria, lettere e diritto canonico, dal settembre '75 alla guida dell'Opus Dei, non immaginava certo una simile tempesta. Anche ieri, come tutti i giorni, ha celebrato la messa nella cappella di viale Bruno Buozzi, la sede della prelatura, ha fatto colazione, poi, non appena ha letto i titoli dei giornali, («Il fondatore dell'Opus Dei ammirava Hitler», «La beatificazione di Escrivà de Balaguer suscita scandalo e proteste fra i cattolici»), ha capito che non c'era tempo da perdere. Ha alzato il telefono e ha fatto il numero di Tullia Zevi, presidente dell'Unione delle comunità israelitiche italiane. «Sono stupito e addolorato - ha detto - per le affermazioni, riprese da alcuni giornali, circa una pretesa simpatia del fondatore dell'Opus Dei per Hitler. Tutto ciò è palesemente contrario alla realtà di un uomo che ha amato profondamente il popolo ebraico e ha sempre vigorosamente condannato ogni tirannia. Signora Zevi, le spedirò subito una lettera per ribadire la mia solidarietà». Prima la presidente delle Comunità israelitiche, poi l'ambasciata d'Israele a Roma: «Vi esprimo la mia solidarietà e la mia indignazione per simili menzogne, sapendo che non faccio altro che partecipare al dolore di monsignor Escrivà per l'olocausto del popolo ebraico ad opera del criminale disegno nazista». L'Opus Dei, è di nuovo in trincea. Settantacinquemila aderenti sparsi per il mondo, 1400 sacerdoti, una spiritualità robusta che predica «preghiera e santificazione del lavoro» con la benedizione di Karol Wojtyla, l'Opera deve ora vedersela con la rivista americana Newsweek. L'altro ieri, quasi a inaugurare l'anno della beatificazione di monsignor Escrivà, che richiamerà domenica 17 maggio 200 mila fedeli alla cerimonia col Papa in piazza San Pietro, il settimanale ha dato fuoco alle polveri. E ha sparato a raffica. L'Opus Dei avrebbe «manovrato» per forzare i tempi della canonizzazione del suo fondatore. Anzi, secondo la testimonianza di due ex aderenti, Vladimir Feltzman, che lasciò l'Opera alcuni anni fa, e Maria del Carmen Tapia, questi non sarebbe degno dell'aureola di santo. Secondo Feltzman sarebbe stato antisemita, secondo Tapia non avrebbe avuto nessun rispetto «per i papi Giovanni XIII e Paolo VI». Fulmini. Anzi un uragano. Considerata dagli avversari un'«associazione potente che tresca con il potere», ritenuta dagli amici «un'Opera di Dio che fin dagli Anni 30 anticipò le tesi del Concilio sull'apostolato dei laici», l'Opus Dei è stata spesso al centro di dibattiti accesi. In soli dieci anni (nel 1981, sei anni dopo la morte di monsignor Escrivà fu introdotta a Roma la Causa per la canonizzazione), il suo fondatore è stato fatto beato dalla Chiesa. Un record. Non è sospetta una canonizzazione tanto breve? Per niente - risponde l'ingegner Giuseppe Corigliano, portavoce dell'Opus Dei in Italia -. Quando il fondatore morì, 69 cardinali, 241 arcivescovi, 987 vescovi e 41 superiori generali di ordini e congregazioni religiose, cioè più di un terzo dell'episcopato mondiale, chiesero di dare il via alle indagini sulla vita e la virtù di monsignor Escrivà. La causa per la canonizzazione ha segui¬ to il suo iter. E la stessa Congregazione vaticana ne ha riconosciuto la validità. Vladimir Feltzman, che per parecchi anni fu membro dell'Opus Dei, sostiene che Escrivà fu un ammiratore di Hitler. Perché? Feltzman ebbe una conoscenza assai superficiale del fondatore: da studente, e per tre anni, lo frequentò sporadicamente a Roma. Fino all'80 ne parlò in termini estremamente positivi, poi il suo giudizio cambiò radicalmente. Il perché bisognerebbe chiederlo a lui. Le cose che racconta, comunque, sono sciocchezze. Come fa a dirlo? Le accuse sono già state direttamente smentite dai testimoni ascoltati durante il processo di beatificazione. E poi c'è un epi¬ sodio che vale la pena ricordare. Lo racconta un filmato che abbiamo fatto vedere ai giornalisti. E' del 14 febbraio 1975: monsignor Escrivà è a Caracas, dove parla, all'aperto, a cinquemila persone. A un tratto si alza un giovane, barba folta, voce decisa: padre, io sono ebreo. Ma il fondatore lo interrompe: io amo molto gli ebrei, gli dice, perché amo molto Gesù Cristo che è ebreo. Non dico «era», dico «è». Gesù è vivo ed è ebreo come te. Il secondo amore della mia vita è un'ebrea, Maria Santissima madre di Gesù. Adesso chiedimi pure quello che vuoi. E il giovane gli dice: grazie, padre, credo che lei abbia già risposto alla domanda. Feltzmann dice anche che il fondatore era nemico del Concilio. Tanto che nel '67 raggiunse la Grecia per «trasferire» l'Opus Dei dalla Chiesa romana a quella ortodossa. E' così? Qui si inaugura un nuovo genere: la fantateologia del ridicolo. Il viaggio fu motivato dal desiderio di studiare sul posto la possibilità di iniziare l'attività apostolica in Grecia. Tanto che, tornato a Roma, monsignor Escrivà regalò a Paolo VI un'icona dei santi Pietro e Paolo. Fu sempre legato da affetto al Papa e trovò in Giovanni XXIII e Paolo VI non solo degli ascoltatori ma anche degli amici. In quanto al Vaticano II, monsignor Escrivà, nella stessa Chiesa, è oggi considerato un anticipatore, non un avversario. Perché allora le accuse? Perché, facendo apostolato negli ambienti di lavoro, diamo una grande delusione a chi vorrebbe chiuderci in sacrestia. Mauro Anselmo li prelato Alvaro del Portillo

Luoghi citati: Caracas, Grecia, Israele, Italia, Roma