Richiamato l'ambasciatore a Belgrado

Richiamato l'ambasciatore a Belgrado Il governo ha anche chiesto di anticipare la riunione dei Dodici prevista per venerdì Richiamato l'ambasciatore a Belgrado De Michelis: aggressione criminale ROMA. Non è giorno da facce contrite che deplorano e stigmatizzano: l'Italia reagisce alla tragedia jugoslava con parole e gesti pesanti come pietre: ri; chiamo dell'ambasciatore da 1 Belgrado, richiesta di anticipo della riunione Cee inizialmente prevista per venerdì prossimo e poi dichiarazioni forti, per nulla diplomatiche. A Palazzo Chigi, la presidenza del Consiglio non si limita a esprimere «sentimenti di sdegno», «condannare con forza l'accaduto» e «rendere omaggio al sacrificio dei nostri uomini», ma richiama in Italia con la classica formula «per consultazioni» il nostro ambasciatore a Belgrado, Sergio Vento, non prima di avergli dato modo di «intervenire con fermezza presso le autorità militari federali», responsabili di un episodio che il governo italiano si premunisce di definire «inescusabile». Non siamo alla rottura delle relazioni diplomatiche, ma certo da ieri sera la causa dell'indipendenza croata si è guadagnata anche da noi qualche amico in più. E non e tutto. Mentre la Farnesina chiede alla presidenza portoghese della Cee una riunione immediata dei ministri degli Esteri, De Michelis - in precipitoso rientro dal viaggio ufficiale in Thailandia - detta il più duro comunicato italiano dall'inizio della guerra jugoslava. «Criminale aggressione», «premeditato sabotaggio dei processi negoziali» e «atto vergognoso» sono i tre passaggi al calor bianco della prosa del ministro degli Esteri. La durezza della forma si coniuga con quella della sostanza: De Michelis pone come condizione a qualsiasi altra iniziativa politica «l'immediata ed esauriente valutazione delle responsabilità». Parole e concetti ripresi in serata dal sottosegretario Vitalone, che in assenza del ministro ha riferito al Senato sulla vicenda, reclamando «una rigorosa punizione dei colpevoli di un atto così vergognoso e così in flagrante contraddizione rispetto agli impegni assunti dalle parti al momento della tregua». Un'esigenza ribadita a Washington dal segretario generale della Farnesina, l'ambasciatore Bruno Bottai. Ci si chiede se si tratti di un errore o di un attacco deliberato, volto a tenere alta la tensione e lontani i «caschi blu» dcll'Onu, guardiani della pace. Di certo, al ministero degli Esteri si fa notare l'improbabilità di un incidente casuale: l'elicottero colpito era dipinto di bianco e recava sulla fiancata lo stemma blu della Cee. Quindi, era facilmente riconoscibile. Il console italiano a Zagabria, Salvatore Cilento, è da ieri sera sul luogo del disastro per assumere informazioni. L'abbattimento dell'elicottero italiano, con.il suo tragico corredo di cinque militari morti, è il più grave lutto che abbia colpito il nostro esercito dal 1961, quando a Kindu, nello Zaire, tredici nostri aviatori impegnati in un ponte aereo alimentare sotto l'egida dell'Orni furono trucidati e i loro corpi gettati alla folla che aveva assistito al macello. I quattro italiani e il francese caduti ieri nel cielo di Croazia facevano parte di un gruppo di 175 osservatori che la Cee aveva inviato in Jugoslavia dal luglio scorso, col compito di favorire il rispetto dei successivi e mai decisivi accordi di «cessate il fuoco». La loro vita era già stata messa più volte in pericolo, l'ultima il 4 ottobre scorso quando un elicottero della Cee rischiò di essere abbattuto nei pressi dell'aeroporto di Zagabria. Al fianco degli osservatori, si trovano in Jugoslavia altri 155 uomini, incaricati del supporto logisti¬ co. Gli italiani, in tutto, sono - o meglio dire erano - 75. Siamo presenti anche con tre elicotteri e 46 automezzi. Alla dura reazione del governo fa eco quella del Quirinale. Il dolore del presidente Cossiga abbraccia i militari uccisi e il triste destino delle terre ex jugoslave, che dopo la tragedia di ieri vedono ulteriormente allontanarsi il momento della tregua definitiva. In serata, Cossiga ha ricevuto al Quirinale il ministro della Difesa Rognoni, che oggi riferirà in Parlamento e ieri ha ricevuto i telegrammi di cordoglio delle più alte cariche istituzionali: il presidente della Camera lotti e quello del Senato Spadolini, che parla di una «tragedia jugoslava che è tragedia italiana e anche tragedia dell'intera umanità». [m. gra.] Per il ministro De Michelis, un precipitoso rientro dalla visita in Thailandia Flaminio Piccoli (a sinistra) «Riconosciamo subito Croazia e Slovenia» Pannella: dure critiche alla politica Cee