Lamezia, città a rischio di D. M.

Lamezia, città a rischio Lamezia, città a rischio Così i boss della 'ndrangheta hannO meSSO le mani SUI COmUne LAMEZIA TERME. Settantamila abitanti, un tessuto economico tra i più vivaci della regione, anche se penalizzato da effimere avventure (come gli stabilimenti Sir) che hanno lasciato in eredità centinaia di cassintegrati, Lamezia è stata sempre considerata, anche per la sua baricentricità, una delle zone più a rischio della Calabria. Importante snodo viario (e sede dell'aeroporto e del principale scalo fenoviario) Lamezia è un territorio che ha sempre fatto gola alla criminalità. Otto omicidi lo scorso anno, nel solo centro urbano, quasi tutti con il marchio della lotta tra bande o per il controllo del territorio, quando - come nel caso dell'uccisione di due netturbini - non si tratta di scontri furibondi per l'accapanamento degli appalti. Da settembre Lamezia non ha più un Consiglio comunale, sciolto da Cossiga con motivazioni che danno di questa città un quadro di estremo degrado sociale, un «imbuto» dove si stanno infrangendo i sogni di chi, negli Anni 70, ha sperato nel decollo economico. Il decreto di scioglimento parla di «collegamenti diretti ed indiretti tra parte dei componenti il consesso e la criminalità organizzata rilevati dalle locali forze dell'ordine e dall'Alto commissariato anti-mafia», parlando anche di un feneo controllo del territorio e, quindi, dei voti, esercitato con una presenza fisica continua e minacciosa. Tali coinvolgimenti, secondo il decreto, interessano direttamente ex consiglieri della de, del psi e del psdi. Giovanni Governa (psi) viene indicato come «uomo di fiducia ed autista di Francesco Giampà, pluripregiudicato, che si ritiene voglia infiltrarsi negli ambienti politico-amministrativi, per mezzo del Governa». Giampà non è un personaggio qualunque nel panorama lametino: «E' ritenuto elemento di spicco dell'omonima cosca a cui lo stesso Governa appare assoggettato». Governa fu eletto con 1416 voti «tutti ottenuti nei seggi elettorali ubicati nelle zone d'influenza della cosca Giampà». Successivamente si staccò dal psi «per prendere le distanze dal partito di origine essendo questi troppo palesemente vicino ai boss della zona». La cosca Giampà, secondo il decreto, sarebbe stata «rappresentata» in Consiglio da un altro elemento. Si tratta di Domenico Giampà. Il fratello, Pasquale, «personaggio di spicco della malavita di Lamezia Terme», fu oggetto di indagini per l'omicidio di un consigliere comunale (Antonio Mercuri, ucciso nel 1986) e per un traffico di droga. Gino Benincasa (psi) sarebbe legato al pregiudicato Giovanni Torcasio «con il quale è stato notato presidiare i seggi elettorali di quelle contrade dove lo stesso ha riportato il maggior numero di voti». Domenico Sinopoli (psi) ha avuto come sponsor Francesco Iannazzo «ritenuto uno dei capi indiscussi dell'omonima cosca», sospettata tra l'altro dell'omicidio dei netturbini Cristiano e Tramante. Luigi Donato (psdi) sarebbe riuscito ad entrare in Consiglio comunale con l'aiuto del fratello, Pasquale. Donato, si legge nel decreto di scioglimento, potrebbe «subire influenza dagli affiliati al clan mafioso Muraca di Lamezia Terme». Per tre consiglieri socialisti, Giacinto Domenico Amatruda, Giovanni Grandinetti e Giovanni Paladino, la polizia ipotizza che «dai risultati elettorali dei seggi delle zone a rischio si deduce che gli stessi hanno tratto vantaggio da collegamenti e scambi di preferenze con i consiglieri Benincasa e Governa». Il decreto fa anche riferimento all'indagine giudiziaria a carico dei componenti la giunta attiva tra il 1988 ed il 1990 sospettati di «avere distratto pùbblico denaro dalle casse comunali a favore dei titolari dell'impresa alla quale era stato affidato, con sospetta regolarità procedurale, l'appalto per la raccolta dei rifiuti, pur avendo l'Ente la capacità per gestire direttamente il servizio», [d. m.]

Luoghi citati: Calabria, Lamezia Terme