Attentato al treno degli emigranti

Attentato al treno degli emigranti Ordigno al plastico sotto un ponte della linea Brindisi-Lecce, sul convoglio 1200 persone Attentato al treno degli emigranti Bomba sui binari, ma un ritardo evita la strage LECCE DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Hanno cercato la strage: e solo il provvidenziale ritardo di un paio di minuti ha impedito che l'attentato a un treno pieno di passeggeri finisse nel sangue. E' accaduto nella notte tra domenica e ieri sulla ferrovia tra Lecce e Brindisi. Il treno preso di mira dagli attentatori è l'espresso numero 388 Lecce-Milano-ZurigoStoccarda partito alle 21 di domenica sera dalla stazione ferroviaria di Lecce con 12 carrozze e carico di 1200 passeggeri. Perlopiù famiglie di emigranti e lavoratori che tornavano al Nord o all'estero dopo il periodo di vacanze natalizie passate con i parenti in Puglia. Ma anche un altro treno (quello proveniente da Roma pochi minuti dopo le 21 e che doveva arrivare a Lecce alle 21,32) poteva deragliare sul tratto di binari distrutto dalla bomba. Il treno in partenza da Lecce aveva raggiunto la velocità di 90 chilometri orari e si trovava sul tratto che dal capuologo leccese porta a Brindisi. A sei chilometri da Lecce, poco prima di raggiungere la stazione di Surbo, passa su un binario che era stato divelto per una lunghezza di quasi un metro. La velocità, come hanno detto i tecnici, e soprattutto il fatto che l'altro binario fosse intatto, permette ai convogli di superare indenni il punto dell'attentato. Il macchinista, dal sobbalzo, si accorge che qualcosa non va in quel tratto ferroviario (pensa ad un grosso masso posto sui binari) e giunto alla stazione di Squinzano ferma il treno e dà l'allarme In senso opposto, intanto, giunge il rapido «853» RomaLecce, che viene fatto fermare e procedere rispettando la «marcia a vista» imposta per prudenza sino al luogo dell'attentato, che viene individuato dal secondo macchinista, il quale blocca il convoglio ad appena dieci metri dal punto dove era scoppiata la bomba. Qui il personale delle Ferrovie, carabinieri, polizia e vigili del fuoco scoprono la verità alla luce delle fotoelettriche. Nel tratto di binari che passa sotto un cavalcavia - nelle vicinanze della zona industriale di Lecce - era stato posto un ordigno esplosivo collegato presumibilmente con un timer o con una miccia a lenta combustione. L'esplosione ha fatto saltare in aria un tratto di binario di 95 centimetri che è andato a sbattere sotto la volta del cavalcavia sul quale passa la statale 1G, che da Lecce porta a Campi Salentina. La bomba ha scavato sotto il binario una buca profonda quasi mezzo metro. Se l'esplosione si fosse verificata durante il passaggio del treno vi sarebbe stato il deragliamento e la strage, tenuto conto della velocità dei dodici vagoni nei quali erano stipate 1200 persone. Sicuramente a rendere ancora più drammatico l'attentato ci sarebbe stato l'«effetto galleria», oltre al buio della notte. Ma la fortuna ha voluto che le rotaie dopo la deflagrazione fossero piegate verso il basso e non verso l'alto: e il treno in velocità non ne ha risentito. Gravi danni sono stati riscontrati invece al cavalcavia che è stato chiuso al traffico. Il traffico ferroviario sul tratto Bari-Lecce e rimasto interrotto sino alle tre di ieri, provocando non pochi disagi ai viagggiatori, anche perchè in quel punto vi è binario unico ed i convogli devono sostare nelle stazioni di Squinzano, Trepuzzi o Surbo per consentire il passaggio di treni provenienti in senso inverso. Le Ferrovie dello Stato hanno comunque garantito nei limiti del possibile il trasbordo dei passeggeri su autocorriere. Intanto gli inquirenti cercano di dare un volto agli attentatori. E' stata subito presa in considerazione l'ipotesi della malavita locale, che in questi tempi si è scatenata contro lo Stato, con attentati a caserme, municipi, palazzi di giustizia. Anche perché dal 20 gennaio si svolgerà il processo agli appartenenti alla «Nuova Sacra Corona Unita», organizzazione mafiosa che domina il Salento: e la tentata strage potrebbe essere un ulteriore avvertimento da parte dei clan nel mirino dei magistrati. Ma gli investigatori hanno avuto dei dubbi su questa pista quando hanno notato che il materiale usato per confezionare la bomba (plastico o altro espolsivo a base di gelatina) era diverso da quello utilizzato negli attentati della malavita. Si e pensato al terrorismo di matrice politica. Anche perché nel frattempo sono arrivate due telefonate di rivendicazione. La prima di «Falange armata»: la chiamata è stata fatta ieri alle 16,36 alla sede Ansa di Bari. Una voce maschile ha attribuito l'attentato ad un non meglio identificato «Progetto politico continuo». Un'altra telefonata, invece, 6 giunta alle 18,20 al centralino dei Vigili del Fuoco di Lecce. Anche in questo caso una voce maschile ha rivendicato l'esplosione della bomba, attribuendola al gruppo «Guerriglia metropolitana per il comunismo». Ma anche in questo caso le rivendicazioni vengono valutate con cautela. Il ministro Scotti, intanto, ha inviato a Lecce il vicecapo della polizia, il prefetto Umberto Pierantoni, che era accompagnato dal direttore della Criminalpol, Rossi. Insieme si sono riuniti con il prefetto di Lecce, Stelo, con i magistrati Motta e Romano nella Prefettura di Lecce sino alle 19,15 di ieri sera per fare il punto della situazione. Salvatore Gentile ARRIVATO A SQUINZANO [15 KM DA LECCE] ALLE ORE 21,16 IL CAPOTRENO DAGL'ALLARME Nel grafico le fasi dell'attentato all'espresso 388 diretto dalla Puglia a Stoccarda, via Milano-Zurigo Nella cartina, il luogo in cui è esplosa la bomba a circa sei chilometri dalla stazione di Lecce

Persone citate: Motta, Rossi, Salvatore Gentile, Stelo, Umberto Pierantoni