Sergio, un birichino di 21 anni che ama fare il Don Giovanni di C. Co.
Sergio, un birichino di 21 anni che ama fare il Don Giovanni Sergio, un birichino di 21 anni che ama fare il Don Giovanni KRANJSKA OPRA DAL NOSTRO NVIATO «Il mio obiettivo era di arrivare fra i dieci». Sergio Bergamelli racconta la sua giornata più bella, quasi una favola. Finora, nella sua vita di atleta, in Coppa del Mondo aveva raccolto solo due undicesimi posti in gigante, a Park City e in Alta Badia, ed era logico che cercasse qui a Kranjska Gora di battere il suo personalissimo record. Ma non pensava di stracciare tutti. «Però, al cancelletto della seconda manche mi son detto: se ci sono riuscito ima volta, perché non ripetermi? E così mi sono buttato giù tranquillo, senza paura. Non ho sbagliato niente. Sentivo l'urlo della folla, capivo che stavo vincendo. Stupendo. Voglio dire che è stupendo vincere, non battere Tomba. Io faccio il tifo per Alberto e spero tanto che conquisti la Coppa». Sergio Bergamelli ha 21 anni, è nato ad Alzano Lombardo, in provincia di Bergamo. Adesso vive a Trescore, lì vicino, ma la famiglia ha cambiato molte volte residenza, per inseguire il lavoro. Sergio, che è il più grande di quattro fratelli, tutti sciatori (Norman, squadra B, Thomas, squadra C, Giancarlo, comitato Alpi Centrali), ha per esempio imparato il mestiere della neve a Bardonecchia, dove papà Vittorio faceva il maestro di sci e mamma Silvia insegnava la grammatica nelle elementari. Ieri dopo la vittoria, la prima della carriera, Sergio ha chiamato casa dal telefono della sala stampa, davanti a taccuini aperti, macchine fotografiche e microfoni schierati a rubare un'emozione. Ma lui non si è lasciato intimorire, come è successo per i pali del gigante. Ha recitato la sua parte come un vecchio e consumato attore, tormentandosi appena le mani forti e regalando parole e sorrisi. «Due anni fa, ad Anchorage, in Alaska, ho vinto il campionato mondiale juniores di slalom e sono arrivato terzo in gigante, ma per la verità, da allora, non ho combinato niente di importante. Dopo una parentesi in squadra A sono tornato in B, con Lorenzo Cancian, il tecnico che mi ha insegnato a sciare. L'ambiente è tranquillo, mi trovo bene». Non ha detto che si trova bene perché può fare quel che gli garba. Nel tempo libero, sicuro, perché durante gli allenamenti è un modello di comportamento. Ma poi... «E' un birichino» ha detto Helmuth Schmalzl. Birichino perché? Non è stato diffìcile intuire che il giovanotto ama correre dietro alle sottane, oltre che fare scherzi ai compagni e ficcarsi in situazioni piuttosto imbarazzanti. «E' diffìcile da tenere al freno - ha spiegato ancora Schmalzl -, però ha un pregio grandissimo: non si spaventa e non si preoccupa mai, e la seconda manche ne è stata la prova. Lui e Senigagliesi hanno il coraggio di cercare il risultato: Alberto ha pagato di recente la sua voglia di podio, Sergio ha saputo sfruttare l'efficienza fìsica e la forza del carattere. La vittoria è inspiegabile dal punto di vista logico, ma Pieren ha dimostrato nella seconda prova che quel tempo si poteva fare: dunque non si tratta di un miracolo». Schmalzl ha chiuso con una battuta, ammesso che la ritenesse tale: «Adesso non dobbiamo rimanere delusi se nel prossimo gigante Bergamelli darà solo 1"8 di distacco al se¬ condo, invece di 2" e passa». Lui, Sergio, che oggi non gareggerà nello slalom (gli mancano i punti per entrare nella squadra azzurra di specialità) continuava a raccontare la sua favola. «L'anno scorso mi sono strappato l'inguine e ho perso due mesi. Ma non mi sono dato per vinto, mai darsi per vinti. Ad esempio, non avevo uno sponsor e allora me lo sono cercato da solo, una catena di negozi di abbigliamento sportivo. Peccato che dopo la gara, nella calca, mi abbiano rubato la fascetta», [c. co.]
Persone citate: Bergamelli, Giovanni Kranjska, Helmuth Schmalzl, Lorenzo Cancian, Park City, Schmalzl, Senigagliesi, Sergio Bergamelli
Luoghi citati: Alaska, Alta Badia, Alzano Lombardo, Anchorage, Bardonecchia, Bergamo, Kranjska
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