Accelerata dell'import per il pollame e le uova di V. Cor.
Accelerata dell'import per il pollame e le uova Da gennaio ad agosto +14,4 per cento Accelerata dell'import per il pollame e le uova Spesi all'estero quasi 120 miliardi Il mercato tira, offerta insufficiente ROMA. Sulla base dell'elaborazione dei dati forniti dall'Istat un rapporto dell'Ismea segnala che le importazioni nel settore dei prodotti degli allevamenti avicoli nel periodo gennaio-agosto 1991 sono costate al nostro Paese 119,1 miliardi di lire. La cifra è superiore del 7,8 per cento a quella registrata nello stesso periodo dell'anno precedente e, per quanto riguarda la quantità, le importazioni, comprese quelle di animali vivi, sono arrivate a 32 mila 622 tonnellate, pari al 14,4 per cento in più del periodo gennaio-agosto 1990. In definitiva i nostri importatori hanno notevolmente aumentato gli acquisti all'estero, vanificando in parte gli sforzi degli allevatori nazionali che, tendendo soprattutto ad ottenere animali e carni di qualità, li offrono a prezzi più elevati della concorrenza e trovano crescenti difficoltà ad imporli all'attenzione del pubblico. D'altra parte la competitività diventa sempre più aleatoria se si considera che i prezzi degli animali vivi in entrata sono mediamente diminuiti del 9,2 per cento rispetto ai primi otto mesi di un anno fa e quelli delle carni del 4,6 per cento. Tuttavia, nonostante i problemi che affliggono l'avicoltura nazionale, nel periodo gennaio-agosto di quest'anno la commercializzazione del settore ha avuto connotazioni fortemente positive. L'offerta di animali e carni durante tutto il periodo in esame, ma soprattutto durante i mesi estivi di maggior consumo, si è infatti mantenuta superiore all'anno precedente, ma è risultata inferiore alle capacità ricettive del mercato con la conseguenza che l'indice Ismea dei prezzi all'origine del comparto si è infatti rivalutato del 9,4 per cento sul corrispondente periodo dello scorso anno. Per quanto riguarda l'importazione di uova si è invece registrato un calo quantitativo del 19 per cento, cui ha però corrisposto un aumento del 4,6 per cento delle spese sostenute. Le ragioni del maggiore onere valutario dipendono principalmente dalle scarse disponibilità in tutta la Cee, che hanno fatto lievitare i prezzi alle frontiere: l'Italia ha pagato mediamente per le uova in guscio il 5,6 per cento in più dello scorso anno. La non elevata consistenza dell'offerta e la sempre positiva tendenza dei consumi hanno spinto al rialzo le quotazioni anche sul mercato interno. L'indice Ismea dei prodotti all'origine ha infatti fatto registrare nei primi otto mesi del '91 un aumento di oltre il 9 per cento sul 1990. [v. cor.]
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