Al risparmiatore non basta più il Bot di Zeni

Al risparmiatore non basta più il Bot Tutte le prospettive di investimento, dal mattone all'antiquariato, in un '92 difficile Al risparmiatore non basta più il Bot Meno titoli esteri e più fondi nelle tasche degli italiani Chi scommette su Piazza Affari aspetta la primavera MILANO. Sarà la solita gara senza storia con Bot e Cct pronti a ripetere le performance degli ultimi anni quando in titoli di Stato è finito il 70% del risparmio made in Italy? Oppure in questo 1992 ci sarà spazio per qualche forma alternativa di investimento? Formidabile risparmiatore, si sa, l'italiano lo è da sempre: ultimamente è diventato un pochino più spendaccione ma niente paura la formica non si è certo trasformata in cicala, anzi. Il problema è che a soddisfare una propensione al risparmio tra le più elevate al mondo (a fine '90, ultimo dato certo, le famiglie italiane detenevano attività finanziarie per 1.721.900 miliardi di lire) c'è un mercato finanziario che è quello che è: pesantemente condizionato dal monopolio del panzer Bot. Sulla carta, poco lascia prevedere clamorose svolte nel comportamento della formichina signor Rossi. Anche perché il Tesoro, con la sua fame di titoli pubblici, inonderà il mercato di richieste. Astronomica la cifra: nel '92 dovranno essere rinnovati prestiti per 450 mila miliardi che, aggiunti ai Bot a tre e sei mesi sempre in scadenza nel corso dell'anno, fanno 850 mila miliardi. Cos'altro resterà per azioni, fondi, polizze vita, obbligazioni, immobili e quant'altro fa investimento? Si vedrà a dicembre, al momento dei bilanci. Per ora, non resta che segnalare qualche tendenza strappata a esperti fin troppo prudenti. Pollice verso sui beni rifugio: sull'oro pesa l'incertezza dell'ex Unione Sovietica (grande produttore) e sul mattone la batosta - tutta italiana - dell'Invim e dei nuovi estimi catastali. E pollice in alto per la Borsa: dopo un catastrofico '91 o si riprende o scompare. I SOGNI DEGLI ITALIANI [PROPENSIONI DICHIARATE ALL'IMPIEGO DEL RISPARMIO IN ITALIA; _ VALORI PERCENTUALI SU RISPOSTE MULTIPLE] 1987 1988 1989 1990 1991 CASE E TERRENI 38,5 42,0 45,3 43,8 50,3 B0T 25,6 31,1 34,2 38,7 37,5 CCT 13,5 16,5 15,7 21,3 18,6 ALTRITIT0LIA REDD. FISS0 8,8 10,7 7,8 11,1 10,4 DEP. BANCARI0 P0STALI 15,2 8,5 7,6 8,5 9,8 AZI0NI 13,8 11,4 9,5 11,1 7,8 AZIENDE Dl FAMIGLIA 4,5 6,5 6,1 4,4 4,7 F0NDIC0MUNI 17,0 7,6 7,8 7,8 4,4 PREZI0SI 2,7 2,9 2,5 2,6 3,3 ASSICURAZIONI SULLA VITA 3,6 3,9 3,1 3,4 2,9 Fonte: RAPPORTO BNL CENTRO EINAUDI BORSA «Peggio del 1991 non potrà andare»; la previsione è sintetica, ma è la più realistica tra quelle che circolano su quanto potrà succedere nel 1992 ai titoli azionari. Morale della favola: la Borsa dovrebbe offrire qualche soddisfazione in più agli investitori. Per varie ragioni: 1) i prezzi attuali della maggioranza dei titoli sono indubbiamente al minimo e, confermano gli addetti ai lavori, Piazza Affari ha già scontato l'effetto recessione; 2) l'introduzione delle Sim darà al mercato maggiore stabilità, trasparenza e solidità; 3) il 1992 potrebbe essere l'anno buono per il varo dei fondi pensione che garantirebbero alla Borsa una maggiore liquidità. Detto questo, cautela ma occhi puntati agli indicatori economici: se a partire dalla primavera miglioreranno, come ormai prevedono in molti, in Borsa può succedere di tutto. ORO Analisti tutti superprudenti sul destino del lingotto. Le magre figure degli ultimi anni pesano: all'inizio del 1990 c'era chi prevedeva lo sfondamento dei 450 dollari l'oncia e all'inizio del 1991 l'autorevole Shearson Lehman aveva ipotizzato un prezzo medio di 410 dollari. Risultato: a fine '91 l'oro ha toccato quota 353,15 dollari con una perdita netta nei dodici mesi di ben 39,35 dollari. Un record, ma in negativo. Che nel 1992, almeno a dar retta ai pochi disponibili a sbilanciarsi, non dovrebbe ripetersi. Sulla carta, il prezzo potrebbe salire (si parla di 370/380 dollari l'oncia) a seguito della minor produzione mondiale (soprattutto del Sud Africa). Ma alla fine, più che dall'offerta, ammettono gli stessi analisti, molto dipenderà dall'andamento del dollaro, dei tassi internazionali e delle grandi economie. III IMMOBILI Con sette italiani su dieci che un'abitazione già ce l'hanno e con un tasso d'inflazione in discesa, la casa non è più da tempo il bene rifugio per eccellenza. Inevitabile la conclusione: meglio lasciar perdere l'investimento nel mattone a meno che, ovviamente, non si cerchi casa. Del resto, basta dare un occhio ai numeri per vedere come si sta muovendo il mercato. Con prezzi medi per appartamenti medi che si aggirano sui 5 milioni al metro quadrato in città come Milano e Roma, il movimento è a senso unico: si compra una casa nuova (più grande, più confortevole, magari più vicina al verde) solo dopo aver venduto la vecchia, più piccola. Qualche affare è ancora possibile investendo in uffici e soprattutto in negozi: ma, ricordano gli esperti, occorrono soldi e specialmente tanto fiuto per evitare «bidoni». ARTE Con un 1991 nerissimo alle spalle, il mercato dell'arte sembra ancora sotto shock. Numerose le cause di un tonfo dei prezzi iniziato nell'autunno del 1990 dopo l'invasione del Kuwait: dal venir meno delle agevolazioni fiscali in Giappone su questo tipo d'investimento alla recessione del mercato americano fino all'introduzione in Italia delle norme antiriciclaggio che hanno reso difficile l'acquisto anonimo molto diffuso nel settore. Soddisfatti i veri collezionisti da sempre contrari a quotazioni speculative, un po' meno le case d'aste che hanno visto ridursi gli incassi degli anni d'oro. Stare alla larga da quadri e libri antichi, dunque? Dipende. Per quel che riguarda il collezionismo di qualità (antico soprattutto ma anche moderno), è il parere degli esperti, c'è ancora spazio. Per il mediocre non più. FONDI Gestori quasi tutti d'accordo: la crescita dei fondi comuni d'investimento, che nel 1991 hanno visto un aumento complessivo di 9 mila miliardi nel patrimonio, non è finita. E per una ragione molto semplice: la quota del risparmio gestito in Italia è talmente bassa (il 3 per cento del totale) che non può non aumentare. In più, l'investimento nei fondi è l'unica possibilità di diversificazione per chi non ha molti quattrini ma nello stesso tempo non vuole investirli tutti in Bot o Cct. Su quale fondo puntare? Sicuramente su un azionario ( + 5,5% la performance nel 1991 ) se si spera in una risalita della Borsa. Un obbligazionario puro ( + 10,76% nel '91) o misto (+11 ,20%) è più adatto a chi ama la prudenza a tutti i costi. E chi non sa proprio scegliere può scommettere su un bilanciato (nel 1991: +5,1% gli italiani, +11,5% gli internazionali). ESHRO Diciamolo: il leit-motiv dell'inizio Anni 90, investire all'estero, non ha dato i risultati sperati. Poche le soddisfazioni per chi, magari su invito dei propri istituti di credito, aveva investito in obbligazioni in marchi o in yen. Colpa degli elevati costi delle commissioni bancarie, ma anche di un eccesso di superficialità che ha impedito di rispettare la regola numero uno per investire all'estero: avere a disposizione risorse non limitate e soprattutto degli ottimi consulenti che conoscono i mercati. Addio all'estero nel '92? Per chi vuole ritentare pochi consigli: obbligazioni in marchi Bei, Ceca, Birs (rendono un po' più del 9%) e buoni del Tesoro francesi (gli Oat: 8,7% i decennali) o danesi (Danish Bond: 8,85% a 9 anni). SERVIZI A CURA DI Armando Zeni

Persone citate: Lehman, Terreni

Luoghi citati: Giappone, Italia, Kuwait, Milano, Roma, Sud Africa, Unione Sovietica