In Croazia tregua coi facili puntati

In Croazia tregua coi facili puntati Ucciso un miliziano in una scaramuccia. Il vicepremier di Zagabria: nessuna concessione territoriale In Croazia tregua coi facili puntati //15gennaio «l'ora X»per l'intervento dei Caschi blu ZAGABRIA DAL NOSTRO INVIATO Mancavano due minuti alle 18 quando è morto Vlavko Ivanovic, con il fucile in mano e un fazzoletto rosso al collo. Anche a Osijek, due minuti dopo è cominciata la tregua, e se ci sarà la pace Vlavko sarà ricordato così, come una vittima inutile. Nessuno può dire quanto tempo durerà questa pace così fragile. Eppure, per ora, s'è davvero fermata la guerra, nel cielo e sulla terra della Croazia, come per uno strano incantesimo. E adesso, nei campi pieni di fango e di gelo, attorno a Osijek, proprio dove è morto Vlavko, la gente curva la schiena per raccogliere il mais. E' un'immagine banale, ma simbolica. Sono gli stessi uomini, le stesse donne che fino a qualche ora fa vivevano rintanati nei bunker e sentivano solo i rimbombi delle granate sopra le teste. Forse verrà la pace, e la gente tornerà nelle case, tornerà nei campi. Voci da New York annunciano che il 15 gennaio potrebbero arrivare i primi caschi blu. Ma c'è chi non ci crede, come Slavko Tomac, vicepresidente del Consiglio, che parla fra sorrisi e mazzi di fiori: «Tutti devono sapere che noi siamo pronti a continuare la guerra e la continueremo se nei giochi diplomatici qualcuno cercherà di portarci via una parte della nostra terra». Tomac, in fondo, dice quello che tutti sanno, che questa tregua è fragile come le altre 14 che l'hanno preceduta, che pochi ci credono. Eppure, questo debole accordo regge, incredibilmente, nonostante le scaramucce che scoppiano qua e là, lungo 40 km di fronte, dalla Sava a Psunj, nonostante le continue dichiarazioni di guèrra. E' il primo patto, spiega Vjesnik, il giornale di Zagabria, «che prevede espressamente il divieto di reagire alle provocazioni. E i serbi si erano sempre serviti di questo pretesto per riprendere i combattimenti». A Lora, dal porto militare di Spalato, leva le ancore la nave con i soldati dell'esercito federale. Devono mollare le armi, come prevedono i patti, e i militari fanno resistenza, non vogliono lasciarle, ma alla fine la nave se ne va, mentre dalle banchine sventola una piccola bandiera europea. A Slavoski Brod, fra la Croazia e la Bosnia, i croati riaprono il ponte fatto con le putrelle di ferro, tolgono le mine. Sono segni di buona volontà, da una parte e dall'altra. Ma questa è una pace difficile. Alle 10 del mattino, il sole è alto nel cielo, e a Nova Gradiska la gente si ferma sotto il rimbombo degli obici. Scoppia la battaglia: un morto e un ferito. Sparano attorno all'aeroporto di Zara. A Gornja Trnva attacca la fanteria dell'esercito federale, e sparano missili contro Kutina, Novska, Lipik. Avanzano i tank con gran fragore da Zevicvi a Mirkovci, e anche a Psunj lungo le stradine che salgono sulle colline sferragliano i cingolati, con i soldati che si affacciano sulle torrette. E' strana, questa pace. Dalle radio accese, la voce dello speaker ripete sempre lo stesso comunicato: «Alle 18 di ieri sera è cominciata la tregua e bisogna interrompere tutte le attività di guerra in terra, in mare e in cielo. E' severamente vietato aprire il fuoco oltre la linea di fronte contro gli uomini, gli aerei e le navi». Vicino a Sinja, dice la radio, l'esercito serbo ha saccheggiato i villaggi abbandonati, ha bruciato le case. Sparano sulle colline di Dubrovnik. Eppure, è la pace, nonostante tutto. L'accordo di Sarajevo regge. A Novska, dove i combattimenti ieri si erano protratti fino alle 19,20, questo che finisce è un giorno tranquillo. A Osijek hanno deciso di ritardare il coprifuoco alle 22. A Vinkovci hanno riaperto i parrucchieri, a Valpovo hanno imbandierato le strade come a Natale. La radio annuncia che il 9 gennaio comincerà a Bruxelles la conferenza di pace. Bisogna aspettare la vigilia, per capire quanto vale questa tregua. Ma intanto il governo croato s'è riunito e ha espresso fiducia per l'accordo di Sarajevo. Forse, è davvero la pace, forse possiamo crederci. E ieri a Zagabria, il signor Zelsko Susic ha sposato Ivanka, e il corteo di vecchie Mercedes bianche è passato strombazzando lungo le vie, con i nastri bianchi sui cofani e le bandiere della Croazia che sventolavano dai finestrini. Questo che finisce può essere un bel giorno da ricordare. Pierangelo Sa pegno La radio trasmette in continuazione un ordine «Vietato sparare» Accanto, un croato appostato nella foresta di Novska: ieri le armi hanno taciuto ma la tregua è ancora fragile Sopra, il funerale del reporter croato ucciso a Karlovac il 30 dicembre. Finora sono morti 22 giornalist i|f oto apj

Persone citate: Ivanka, Lora, Nova Gradiska, Susic, Vlavko Ivanovic