la morte di Su Juxian, l'ultimo Mandarino di Domenico Quirico

la morte di Su Juxian, l'ultimo Mandarino ASIA Abitava a Shangai e scriveva poesie, fu testimone dell'invasione giapponese e dell'ascesa di Mao la morte di Su Juxian, l'ultimo Mandarino A 111 anni era l'unico ex funzionario della Cina imperiale Ha applicato come un allievo diligente l'imperativo confuciano: avere la forza spirituale di un drago, il fisico di un asino, l'insensibilità della termite e la resistenza di un cammello. Su Juxian, l'ultimo Mandarino, è morto lunedì scorso a Shanghai, due giorni prima del centoundicesimo compleanno. Era sopravvissuto alla caduta della Cina imperiale, all'invasione giapponese, alla guerra civile e ai massacri degli Anni Quaranta, ai furori della rivoluzione culturale e alla declinante controrivoluzione di Deng. Quando, all'inizio del secolo, aveva infine trionfalmente superato i terribili esami che assegnavano il passaporto per burocrazia celeste, l'impero dei Ching stava crollando come un fastoso paravento di cartapesta dietro cui le avide potenze occidentali si spartivano una eredità millenaria. Arrancando penosamente su¬ gli ideogrammi del Libro dei riti aveva scalato, passo dopo passo, i tre gradi degli esami: il facile «Hsiu t'sai» che si svolgeva ogni anno in tutte le città dell'immenso impero, le insidie del «Chu jen» riservato ai capoluoghi di provincia. E infine la terribile prova finale che dava diritto al grado di «chin shih», mandarino-funzionario. Una millenaria tradizione burocratica aveva elaborato una complessa strategia per evitare trucchi. I «temi» erano anonimi e squadre di sospettosi esaminatori procedevano a triplici correzioni. Un ufficio di copisti provvedeva a riprodurre, ideogramma dopo ideogramma, i testi dei candidati, due esaminatori valutavano ciascuna prova senza potersi scambiare giudizi e un terzo li classificava. Le materie in fondo erano quelle fissate dai Song, mille anni prima, lettere, storia cine¬ se, studi classici, il Libro dei riti. Come se dietro alla grande muraglia il mondo fosse ancora vuoto e immobile. Ma nella Shanghai dell'inizio secolo Su Juxian doveva già apparire come un patetico ricordo del passato. I suoi coetanei, invece che il Libro dei riti, sognavano le diavolerie dell'Occidente. Tra loro c'era un piccolo studente di nome Deng Xiaoping che partiva per la Francia, per rubare alla dura scuola della catena di montaggio della Renault i segreti del mondo moderno. Per le promozioni nella burocrazia celeste si teneva conto di doti quali l'energia, la salute, il coraggio, il senso della disciplina. A Su Juxian sono servite non per scalare gli innumerovoili gradi dell'amministrazione imperiale, ma per sopravvivere alle tempeste della storia. Le poche righe con cui il quotidiano China Daily ha liquidato l'ultimo testimone del celeste impero non spiegano come Su Juxian abbia attraversato indenne un secolo di massacri, guerre, rivoluzioni. C'è solo una piccola notazione con un guizzo di beffarda, forse involontaria ironia: in tutti questi anni ha scritto poesie. Ma in fondo il mondo non doveva sembrargli molto cambiato. Le inondazioni continuano a mietere vittime come ai tempi degli inetti imperatori mancesi e la gente, oggi come allora, mormora che il governo ha perso il mandato celeste. I nuovi dignitari, con un'uniforme che è solo più grigia e spoglia di quella dei Mandarini, continuano a rubare; le esecuzioni si fanno ancora in piazza davanti alla gente convocata per una salutare lezione di giustizia. E la città proibita è sempre chiusa, inaccessibile e assediata. Domenico Quirico

Persone citate: Asia Abitava, Deng Xiaoping, Mandarino, Mao

Luoghi citati: Cina, Francia, Shangai, Shanghai