Freddato dai rivali del totonero

Freddato dai rivali del totonero Delitto di Barriera Milano: nell'aprile '91 un amico della vittima fu ucciso nello stesso modo Freddato dai rivali del totonero Caccia ai killer di «Piero il calabrese» Un cane, un videocitofono e una pesante cancellata di ferro difendono la tragedia della famiglia di Domenico Trunfio, il pregiudicato calabrese di 49 anni ucciso giovedì sera in Barriera di Milano. Nella notte, poco dopo il ritrovamento del suo corpo all'incrocio tra via Montanaro e via Feletto, una radiomobile dei carabinieri ha preso la strada per Pavarolo, sulle colline dietro Superga, ha raggiunto la villa di via Miravalle 5 dove l'uomo abitava. I carabinieri cercavano sua moglie: Rosalba Caon, 41 anni, originaria di Chieri. Le hanno spiegato: «Suo marito è morto». Lei non ha quasi reagito. Si è chiusa a riccio, non ha mostrato a nessuno il suo dolore. Cinque i colpi sparati dal killer. Trunfio era appena salito in macchina. Il tempo di avviare il motore, di posare la mano sulla leva delle marce. Qualcuno ha affiancato l'auto, ha impugnato una pistola e ha fatto fuoco: quattro colpi al torace, uno in testa. Il cappotto beige rigato di sangue, lui riverso su un fianco, frammenti di vetro ovunque. In tasca, circa tre milioni, in banconote arrotolate, tutte di grosso taglio. Qualcuno, tra la folla di persone scese in strada, ha riconosciuto la sua macchina: «E' quella di Piero, non può essere che la sua». Poi ha cercato di avvicinarsi, di guardare meglio: «E' uno con i capelli quasi bianchi, ha i baffi. E' proprio lui?». Gli amici lo chiamavano così, Piero e basta. A Barriera di Milano conoscevano bene lui, e la sua passione per il gioco d'azzardo. E le indagini, dirette dal sostituto procuratore di Torino Anna Loreto, hanno preso una direzione precisa. Le bische, il totonero, le scommesse. Trunfio era nel «giro» di quelli che giocano pesante. Era arrivato a Torino da Reggio Calabria negli Anni Sessanta: alle spalle si lasciava una denuncia per danneggiamenti, un'altra per lesioni. Nel '63, per furto. Poi, a Torino, un divieto di soggiorno per tre anni. Trunfio si sposta in provincia: a Pinerolo il primo arresto, per truffa. A Chieri viene denunciato per rapina. Scende in Liguria, colleziona un altro divieto di soggiorno a Sanremo. Altre truffe, e altre denunce, tra cui una per gioco d'azzardo. Infine, lo scorso settembre, l'ultima denuncia, per truffa, a Vercelli. La sua professione ufficiale era quella di commerciante ambulante. Ma non risulta titolare di licenze di nessun tipo. Un personaggio che gli inquirenti definiscono «poliedrico», «malavitoso di medio calibro», forse coinvolto in un giro di debiti, interessi non pagati, pre¬ stiti ad usura. Tra i suoi amici, quel Francesco Gioffrè di Bagnara Calabre ucciso nell'aprile dello scorso anno, il giorno di Venerdì Santo: cinque colpi di 38 special, in un bar di via San Pio V. Un locale a rischio: lì davanti, nel marzo '90, un killer aveva cercato di uccidere Francesco Arcuri, di Crotone, pregiudicato per furti e radine. Di quella sparatoria era stato accusato il fratello di Domenico Trunfio: Giuseppe, 50 anni, titolare di un negozio di abbigliamento nei pressi di Porta Nuova. Condannato in primo grado a 4 anni e 6 mesi per lesioni e porto abusivo d'armi, poi in appello a 3 anni per le armi: la Cassazione ha annullato la sentenza, Trunfio è in attesa di giudizio. La notizia della morte del fratello l'ha avuta in carcere. Rosalba Trunfio ora dice: «Rispettate il nostro dolore». Scappa via su per le scale, chiama i figli. Dall'altra sera, da quando le hanno raccontato la fine di suo marito, vive barricata in casa. Nella villa di Pavarolo, i figli Massimiliano, carrozziere, 21 anni, e Roberto, 23 anni, elettricista: «Ero in vacanza a Cesana, sono venuto giù nella notte. Non vedevo mio padre da qualche giorno». La villa immersa nel verde ritorna sbarrata. Il cancello si richiude alle loro spalle. Da quel cancello Domenico Trunfio è uscito per l'ultima volta giovedì mattina, di buon'ora. Erano le sette, la sua Uno grigia è scesa giù per la stradina sterrata, si è immessa sulla provin- ciale, è sparita. Cosa abbia fatto Trunfio, dalla mattina fino alle 9 di sera, quando ha incontrato il suo killer, è ancora tutto da capire. I carabinieri del Nucleo operativo con il capitano Polvani e quelli della compagnia Oltredora diretti dal capitano Ortolani stanno cercando di ricostruire tutti i suoi movimenti. E la spiegazione della sua morte si perde nelle strade di Barriera Milano. Brunella Giovara Domenico Trunfio, 49 anni, di Reggio Calabria, freddato alle 21 di giovedì, con cinque colpi di pistola, nella sua Uno grigia, all'incrocio tra via Montanaro e via Feletto