Elsag-Bailey vuole espugnare Singapore

Elsag-Bailey vuole espugnare Singapore Il gruppo, leader nell'automazione, spinge l'acceleratore dopo il grande shopping in America Elsag-Bailey vuole espugnare Singapore Punta a un «avamposto strategico» in Germania GENOVA NOSTRO SERVIZIO Chi lo conosce dice che sbaglia raramente colpo. Di certo Enrico Albareto, classe 1929, ingegnere elettrotecnico, tifoso granata, in tre annni è riuscito a fare la «sua rivoluzione». Alla vecchia Elsag San Giorgio non solo ha cambiato nome (ora è l'Elsag-Bailey) ma l'ha trasformata in una «società multidomestica», come ama definirla, presente in 49 Paesi con 15 società e quattro joint-ventures. La grande «rivoluzione» è iniziata nell'89. Allora l'Elsag era impegnata su più fronti: da quello militare (con i sistemi di difesa navale), alla strumentazione biomedica, all'automazione. Ora è cambiato tutto: niente più difesa, niente più biomedicale, dal '90 il gruppo si è buttato a corpo morto sull'automazione dei servizi di fabbrica, dei processi continui. Nel frattempo la Elsag, e questo è stato il gran ribaltone, si è comprata l'americana Bailey, un caso unico di internazionalizzazione in cui un'azienda più piccola ne assorbe una più grande. Ora il gruppo genovese, oltre che essere un «gioiello» della Finmeccanica, è un colosso mondiale dell'automazione che occupa 7500 dipendenti (tremila in Italia, oltre 2000 negli Stati Uniti, 700 in Francia, 550 in Canada , 500 in Giappone e 300 in Australia) e fattura 1400 miliardi. Tre anni fa, nell'89, i dipendenti erano 4000, il fatturato sfiorava i 700 miliardi. E la marcia non è finita. Negli obiettivi di Albareto, che della Elsag-Bailey è amministratore delegato e direttore generale, ci sono un impianto a Singapore e una «bandiera» da mettere in Germania. Perché Singapore? Che cosa vuole dire, che vi preparate ad abbandonare l'Italia? «Niente di tutto questo. A Singapore abbiamo un ufficio. Lo trasformeremo in società. Ma sarà soprattutto un caposaldo commerciale, ingegneristico. E' un avamposto strategico per l'Asia, dove si scontrano i colossi mondiali, e noi lì dobbiamo esserci, ma i pilastri produttivi resteranno gli impianti di Genova, quelli americani di Cleveland e quelli francesi». E in Germania che cosa farete? «Per ora ci limitiamo a consolidare le nostre posizioni, creando una società locale che darà lavoro a 60-80 persone. Ma dovranno diventare 600-700. Se si pre- senterà un'opportunità dovremo coglierla». Ma che cosa vuole dire società multidomestica? Che siete una multinazionale mascherata? «Niente di tutto questo. Significa semplicemente che con questa struttura, fortemente decentrata, possiamo presentarci sui mercati esteri come una industria di quei Paesi e non come un gruppo italiano: questo ci dà una maggiore capacità di penetrazione, di fare applicazione senza dover girare con la vali¬ getta a vendere prodotti come si faceva trent'anni fa». Finora questo «trucco» ha funzionato. L'ultima volta, in ordine di tempo, in occasione della commessa (30 miliardi) per il più grande impianto di energia al mondo che l'Elsag-Bailey ha vinto grazie alla controllata norvegese Bailey Petrovest battendo colossi come la Siemens. Ed è seguendo questa strada che Albareto spera di fare il bis in Canada dove è in ballo un maxiappalto per modernizzare le Poste. Anche lì c'è un «cavallo di Troia», la Bailey Canada, e in pista c'è un colosso come la Aeg. Ma i lettori ottici Bailey, spiega Albareto, non temono confronti se sono usati persino dalle Poste tedesche. Certo, non tutto è oro quello che luccica in casa Elsag. Qualche problema c'è, come la cassa integrazione (140 persone a Genova) o le difficoltà che hanno investito la Dea di Torino, consociata dell'Elsag. Ma Albareto è convinto di uscirne non solo indenne, ma rafforzato. L'acquisto della Bailey è stato un vero e proprio choc per la Elsag. In Usa un'ora di lavoro diretto costa 10 dollari, da noi 20. E' così è nato un problema vero, immediato, di competitività. E lo slogan, negli stabilimenti Elsag, è diventato: «Fare come in Usa». Qualche risultato c'è già. Non solo il gruppo ha superato indenne la recessione che ha investito i mercati americani («magari tamponando con qualche commessa in più dalla Cina o dall'Indonesia»), ma Albareto spera anche di incentivare il business '92 in tutte le aree («almeno nella seconda metà dell'anno, quando gli Usa usciranno dalla recessione»). Anche i conti dovrebbero tenere. Come ha tenuto il titolo in Borsa, dove l'Elsag è sbarcata in piena estate per classificarsi, sei mesi dopo, nella mappa dei dieci titoli migliori dell'anno. Cesare Beccati I L'IMPERO DEI ROBOT R&D MARKETING REGI0NALS 0PERATI0NS AMERICAS, PACIFIC F.EAST MANUFACTURING HUMAN RESOURCES FINANCE & CONTROL Enrico Albareto, della Elsag

Persone citate: Bailey, Bailey Petrovest