Bush s'avvicina, Tokyo mostra i denti

Bush s'avvicina, Tokyo mostra i denti Il Presidente americano chiede aiuti al Giappone per risollevare l'industria in grave crisi Bush s'avvicina, Tokyo mostra i denti «Non basta abbattere le barriere commerciali Gli Usa devono risolvere i loro problemi interni» NEW YORK NOSTRO SERVIZIO Mentre si avvicina il momento «clou» del viaggio che George Bush sta compiendo in Asia, e cioè il momento in cui arriverà a Tokyo, aumentano i dubbi sulla formula che il Presidente americano porta con sé, riassumibile in «maggiore apertura del mercato giapponese-aumento delle esportazioni americane-più posti di lavoro negli Stati Uniti». L'arrivo a Tokyo avverrà martedì, dopo che Bush avrà visitato Singapore e la Corea del Sud, e i colloqui dureranno tre giorni. La richiesta che il Presidente americano presenterà, l'ha già spiegata al momento di partire: «Il concetto di libero scambio deve essere una strada a doppio senso». Quindi, come sono liberi i prodotti giapponesi di entrare nel mercato americano, così i prodotti americani devono essere liberi di entrare nel mercato giapponese. E per sostenerla, quella richiesta, Bush dispone di una specie di «aiuto» che i suoi avversari democratici gli hanno dato, minacciando di promulgare leggi protezionistiche nei confronti del Giappone nel caso in cui i colloqui di Tokyo non diano risultati concreti. I lavoratori americani, nell'ultimo anno, hanno perso qualcosa come un milione e 100.000 posti, e l'idea è che non ci sia tempo da perdere per agire contro quella che viene considerata la causa principale: la «concorrenza sleale» giapponese. Oltre tutto, Bush comincia a convincersi che se non realizzerà un recupero economico entro il novembre prossimo, quando gli americani eleggeranno il proprio presidente per i successivi quattro anni, lui rischia di dover lasciare la Casa Bianca. E' un incubo per lui, sarà in grado di dire ai suoi interlocutori giapponesi, ma è un incubo anche per voi. Se al mio posto verrà un democratico, troverete molto più difficile continuare a godere dell'immenso mercato americano nel modo in cui avete fauo finora. Se aiutate me, concedendomi «qualcosa», aiutate in pratica voi stessi. La presenza nella delegazione di Bush di ventuno boss delle principali corporations americane, compresi i «tre grandi» di Detroit, Chrysler, Ford e General Motors, serve appunto a concretizzare subito la buona volontà giapponese, facendo in modo che quei signori tornino a casa con qualche buon affare. Ma è davvero tutto così semplice? Esiste davvero questo rapporto diretto fra apertura del mercato giapponese e posti di lavoro negli Stati Uniti? Secondo i consiglieri di Bush sì, ma secondo i giapponesi e vari commentatori americani le cose sono molto più complesse. Cominciamo da questi ultimi. Lesile Gelb, esperto di economia internazionale del «New York Times», sostiene addirittura che quella di Bush è un'uscita di «bassa politica». La sua partenza lancia in resta per il Giappone costituisce il primo passo della trasformazione da «presidente» a «candidato» che l'uomo è destinato a subire in questo anno elettorale. La sua esclamazione «lo scopo di questo viaggio è lavoro, lavoro, lavoro» è un tentativo di neutralizzare l'onda antigiapponese che i democratici stanno cavalcando. E quanto ai giapponesi, proprio ieri un portavoce del ministero degli Esteri, è stato molto esplicito. «Se l'auspicio del presidente Bush è di ottenere la cooperazione giapponese nel suo tentativo di rilanciare l'economia americana, qui troverà tutta la buona volontà possibile», ha detto il portavoce con la consueta cortesia. Ma resta il fatto che «noi abbiamo forti dubbi sull'equazione fra disoccupazione negli Stati Uniti e accesso al mercato giapponese». Gli sforzi che gli Usa devono fare sono sul fronte «del deficit, della competitività, degli standard scolastici e delle riforme strutturali a lungo termine. Il Presidente lo sa benissimo». Franco Parta rolli mmerciali blemi interni» — 100 — 90 Fonte: MINISTERO DEL COMMERCIO USA

Persone citate: Bush, Gelb, George Bush