«Con Shamir non trattiamo più»

«Con Shamir non trattiamo più» La portavoce Ashrawi annuncia che i delegati palestinesi non andranno negli Us I palestinesi sospendono la partenza per gli Usa come ritorsione, negoziato in forse «Con Shamir non trattiamo più» Il governo israeliano: non revocheremo mai le espulsioni Ma Amman non s'allinea al boicottaggio, Arafat incerto TEL AVIV NOSTRO SERVIZIO La decisione del ministro della Difesa israeliano Moshe Arens di espellere dalla Cisgiordania e da Gaza dodici importanti esponenti politici palestinesi - accusati di avere incitato alla violenza rischia di compromettere la ripresa dei negoziati bilaterali di pace, prevista per il 7 gennaio prossimo a Washington: questa la valutazione espressa ieri dai principali esponenti palestinesi nei territori occupati, che hanno anche annunciato di aver sospeso per il momento tutti i preparativi della partenza in attesa di ricevere istruzioni dall'Olp. Ma dal mondo arabo sono giunte ieri indicazioni contraddittorie: accanto alle manifestazioni di sdegno e di condanna per il provvedimento annunciato dalle autorità militari israeliane (all'indomani di un attentato in cui è rimasto ucciso un colono ebreo), da Amman è giunta la notizia che la delegazione giordana si recherà ugualmente a Washington per partecipare alla ripresa dei negoziati. Anche da Tunisi, dove ieri si sono svolte intense consultazioni tra i principali dirigenti dell'Olp, un consiglieri di Yasser Arafat, Nabil Shaat, ha lasciato intendere che nonostante tutto anche la delegazione palestinese giungerà nella capitale statunitense. In Israele, intanto, Arens ha mento di molti altri. «Ma lo stesso Al Fatah che si proclama pubblicamente a favore del processo di pace - ha precisato - continua ad orchestrare, con istruzioni provenienti dall'estero, un complesso sistema di cellule armate clandestine, comitati popolari e comitati d'urto, tutti dediti all'uso sistematico della violenza». I dodici palestinesi colpiti dall'ordine di espulsione potranno fare appello nelle prossime quarantott'ore. Secondo la stampa israeliana, le autorità militari sarebbero giunte inoltre alla conclusione che i «Comitati di Azione Politica» coordinati da Sari Nussei- beh, un componente della delegazione palestinese ai negoziati, sono in effetti uno strumento concepito per consentire a esponenti di Al Fatah che finora operavano dietro le quinte di venire alla luce del sole. Ieri la portavoce palestinese Hanan Ashrawi ha accusato polemicamente il governo israeliano di essersi ancora una volta «arreso ai ricatti dei coloni ebrei». Questi ultimi, però, non si sono felicitati per l'ordine di espulsione: «E' un provvedimento troppo limitato - ha detto un loro portavoce - e che giunge comunque in ritardo». Filippo Donati dichiarato che il suo governo non intende revocare l'ordine di espulsione nemmeno su richiesta degli Stati Uniti, dato che questa misura si è rivelata in passato «molto efficace» per contrastare ondate di violenza come quella che, a suo avviso, è in atto nei territori. «Se i delegati palestinesi non si siederanno al tavolo dei negoziati - ha aggiunto - significa che si identificano con i terroristi». Il generale Freddy Zach, un alto esponente del governo militare nei territori, ha sostenuto che i dodici attivisti palestinesi hanno continuato la loro attività sediziosa anche dall'interno del carcere, istigando i loro seguaci alla violenza e alla lotta armata contro ebrei e arabi sospettati di collaborazionismo. «Tutti appartengono a organizzazioni radicali - ha aggiunto - che si prefiggono il fallimento dei negoziati di pace. Non ci saranno progressi nelle trattative se, nei territori occupati, si sarà instaurato un clima di terrore». Il generale ha accusato in particolare il «Fronte Popolare» di George Habbash e il movimento islamico Hamas di aver inasprito la lotta contro Israele a partire dall'ottobre scorso, quando fu convocata la Conferenza di Madrid: il primo, uccidendo quattro coloni, il secondo provocando la morte di tre soldati e il feri-