Terza Jugoslavia: è rissa
Terza Jugoslavia: è rissa Terza Jugoslavia: è rissa làuri della «Grande Serbia» contestati dai loro alleati ZAGABRIA NOSTRO SERVIZIO Si è aperta con una mezza rissa la convenzione per la nascita della terza Jugoslavia. Nel palazzo dell'ex Parlamento federale di Belgrado si sono riuniti ieri mattina i rappresentanti dei cosiddetti partiti filnjugoslavi. Fianco a fianco vecchi e nuovi comunisti, ex partigiani e ufficiali dell'esercito, dirigenti del blocco serbo dell'oramai inesistente presidenza federale con i cetnici di Vojisav Seselj e i nazionalisti serbi dell'estrema destra di Mirko Jovic. Non appena si sono spente le note finali dell'inno nazionale jugoslavo, uno dei presenti ha protestato perché nell'aula sventolava la vecchia bandiera con la stella rossa, mentre l'intenzione era quella di fondare una nuova Jugoslavia democratica. Si è allora alzato un coro di fischi, seguito dallo scandire delle parole «Tito-partija», inneggianti al padre del comunismo jugoslavo e alla sua le¬ ga ufficialmente defunta. Subito dopo un altro rappresentante del partito popolare ha alzato la voce contro la presidenza del raduno costituita unicamente dai serbi. Dove sono croati, sloveni e macedoni? Come si può parlare di una convenzione jugoslava se mancano tre dei popoli della federazione? Gli hanno risposto i fautori della mini-Jugoslavia, ovvero della Grande Serbia. Secondo loro nei confini del futuro Paese devono entrare Serbia, Montenegro e Bosnia, nonché la Krajina serba che vorrebbero definitivamente staccare dalla Croazia. Il problema della Macedonia non si pone neanche. Tanto per loro è sempre stata la Serbia del Sud. Tra stelle rosse e coccarde cetniche, si è alzato Branko Kostic, il rappresentante montenegrino dell'ex presidenza federale che continua a presentarsi come il vicepresidente della Jugoslavia. «Il nostro principale compito è quello di ristabilire la pace con l'aiuto delle Nazioni Unite per poter passare alla ricostruzione della comunità jugoslava» ha pronunciato con fermezza l'uomo che da sempre appoggia il progetto della Grande Serbia, per la quale si è più volte dichiarato disposto «a continuare la guerra contro i fascisti croati fino allo sterminio». I suoi seguaci hanno immediatamente proposto di conferirgli una medaglia al merito per tutte le sofferenze che ha dovuto sopportare per la Jugoslavia. La discussione si è accesa riguardo alla Bosnia e al suo status nella futura Jugoslavia. La gran parte dei presenti, ovviamente serbi, ritiene che questa Repubblica sia al 70 per cento serba. Ai musulmani, che sono il popolo maggioritario della Bosnia, sono tutt'al più disposti a concedere una confederazione, che comunque dovrebbe gravitare verso il centralismo jugoslavista, ovvero gran-serbo. I toni si sono fatti più aspri quando si è trattato di nominare i responsabili dello sfacelo del Paese. Tutti i mali vengono da fuori, a cominciare dall'Europa, dove sta rinascendo l'ideologia fascista. Ma i maggiori colpevoli sono ovviamente Kucan e Tudjman, i presidenti della Slove- nia e della Croazia. Tutti tranne il presidente serbo Slobodan Milosevic. Tra i partiti presenti alla convenzione è stata notata l'assenza dell'opposizione serba e di quella montenegrina. Gli organizzatori avevano pomposamente annunciato un raduno in cui avrebbero parlato a nome di quindici milioni di jugoslavi. Nel tono generale di apologia alla Grande Serbia, soltanto un paio di interventi hanno giustificato lo scenario jugoslavista della convenzione. Ingrid Badurìna A sinistra un militare croato fra le rovine della città di Lipik, appena riconquistata, in alto il leader serbo Slobodan Milosevic. [fotoap] Vance è partito «Adesso vedremo se le Repubbliche vogliono la pace»
Persone citate: Branko Kostic, Ingrid Badurìna, Kucan, Mirko Jovic, Seselj, Slobodan Milosevic, Tudjman
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