Tregua fra le bombe

Tregua fra le bombe Tregua fra le bombe Jugoslavia, l'Armata serba non si ferma fino a notte ZAGABRIA. Le sei della sera sono arrivate sotto allarme. Non dev'essere ancora questa l'ora della pace. Così, nella Croazia martoriata, è passato un altro giorno. Ma dai tuoni della guerra al balletto di Sarajevo, dove avevano raggiunto l'ennesimo accordo, c'è un filo comune diffìcile da cogliere. Dopo le 20 hanno smesso di sparare. Ma chi può essere sicuro della pace? Il 2 gennaio s'è decisa la tregua per le 18 di ieri, e qualcuno ha brindato al nuovo anno. Poco importa magari che Cyrus Varice, l'emissario di De Cuéllar, non paia troppo soddisfatto alla fine dell'incontro, e se la prenda con Andrija Raseta, uno dei 4 generali serbi, prima di salire sulla macchina che lo porta via: «Che cosa avete fatto? Siete impazziti? Perché avete bombardato Fiume?». E lo racconta a Gorko Susak, il ministro della Difesa croato, come a dirgli: «Questa volta mi sono davvero arrabbiato». Vance chiama Bush, poi il comunicato della Casa Bianca: «Chiediamo a tutte le parti di cessare il fuoco». La notte se ne va, e il 3 gennaio comincia con il tuono del cannone. A Osijek, l'attacco è violentissimo. Dice il sindaco: «Vance può dire quello che vuole. Noi vorremmo che lui venisse a vivere due-tre giorni qui con noi per capire che vita facciamo». Finché giunge l'ennesima tregua. I. Badurinae P. Sapegno A PAG. 4

Persone citate: Andrija Raseta, Bush, Cyrus Varice, Sapegno

Luoghi citati: Croazia, Fiume, Jugoslavia, Osijek, Sarajevo, Zagabria