«Il mio stipendio per 2 chili di salame» di Enrico Singer

«Il mio stipendio per 2 chili di salame» La gente assedia una troupe televisiva: «C'è la stessa roba di prima, è solo più cara» «Il mio stipendio per 2 chili di salame» Nei negozi di Mosca il giorno del terremoto dei prezzi MOSCA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Per entrare bisogna lasciarsi trasportare da un fiume di gente che si muove a piccoli passi e a grandi spinte. Si superano due porte di legno, si percorrono gli ultimi dieci metri in un corridoio sormontato da archi monumentali e, finalmente, sulla destra,"si apre l'ingresso del più famoso «gastronom» di Mosca: Eliseev. Prima della rivoluzione era il tempio della buona tavola, un negoziogioiello tra la piazza Pushkin e il Cremlino. Dello splendore di una volta rimangono i lampadari di cristallo e gli stucchi dorati. Ma in vendita ci sono soltanto mele, succhi di frutta, formaggio a fette, salame, farina, hamburger e cervello surgelati. Tutto a prezzi liberi: come dire al 300, 500 per cento in più dei vecchi prezzi. La gente compra soprattutto gli hamburger e le sottilette (che arrivano dalla Svizzera). Qualcuno tenta di decifrare l'etichetta di quattro bottiglie di «Grappa veneta Franciacorta» offerte a 343 rubli l'una: esattamente un rublo in più del nuovo stipendio minimo garantito che è di 342 rubli al mese. Le file alle casse non sono lunghe. In questa prima giornata di prezzi liberi, i moscoviti entrano nei negozi più per rendersi conto di quanto è successo che per comprare. Le scorte fatte nelle ultime settimane duraranno ancora un po'. Ma c'è ressa per conquistarsi un posto davanti alle telecamere della tv che ha mandato una squadra da Eliseev. Giornalista e operatore sono lì da mezz'ora. Vorrebbero andare via, ma sono quasi assediati dalla gente che protesta. «Ci sono le stesse cose che c'erano prima. Sono più care e basta». «Con quello che guadagnarne possiamo permetterci soltanto pane e cipolla». I commenti sono tutti uguali. Rabbia per gli aumenti e delusione per la mancanza di prodotti. Con i prezzi liberi erano stati promessi i negozi pieni. Almeno per adesso non è così. Anche questa riforma è scattata nel caos. Ieri i direttori dei negozi — all'87 per cento ancora di Stato — non sapevano nemmeno se dovevano aprire i loro esercizi o no: per concedere un super-ponte di fine anno, e forse anche per allentare la tensione, era stata anticipata al 2 gennaio una delle feste «sovietiche» soppresse. E il super-ponte è stato l'alibi per la mancanza di nuovi rifornimenti. «I generi alimentari arriveranno, ci vuole soltanto tempo per mettere in moto la macchina della domanda e dell'offerta e i camion dei fornitori», dice Anatolij Fiodorin che dirige il «Krestianskij Dvor», uno dei più grandi negozi privati di Mosca. Ma «Krestianskij Dvor» (il «cortile del contadino») vendeva già a prezzi liberi da quando erano stati autorizzati i cosiddetti «negozi commerciali» che si sono affiancati ai negozi di Stato a prezzi fissi. I «commerciali», a volte, non sono altro che piccoli chioschi lungo i marciapiede, ma hanno già la loro rete alternativa di fornitori: cooperative di produzione o di import-export. La mastodontica rete dei negozi di Stato, invece, era rifornita soltanto dai produttori statali con un giro privo di entusiasmi imprenditoriali e sottoposto a taglieggiamenti mafiosi. La riforma dei prezzi, adesso, ha messo — teoricamente — tutti sullo stesso piano. Ma i negozi di Stato non sanno bene da chi comprare, a quali prezzi vendere e non sanno nemmeno a quali casse versare i maggiori guadagni. «Noi abbiamo deciso di comportarci così: aumentiamo del 25 per cento i prezzi all'ingrosso che dobbiamo pagare ai fornitori», dice il direttore del grande «gastronom» di piazza dell'Insurrezione. «Una cooperativa di produttori di latte ci aveva promesso un camion di smetana a 75 rubli al litro e noi la volevamo vendere a 95». Ma la smetana (panna acida) non è arrivata. In compenso, nei magazzini, c'erano quintali di salame di prima scelta, dice il direttore — e questo è stato messo in vendita a 156 rubli al chilo. Un anno fa il salame costava 5 rubli. E, per non spaventare troppo i clienti, sui cartellini è comparso per la prima volta il prezzo calcolato su un etto di prodotto: 15,60, è scritto accanto al salame. Ma il conto è presto fatto: con due chili e tre etti se ne va lo stipendio medio di un russo. Nel «gastronom» di piazza dell'Insurrezione c'è anche qualche bottiglia di cognac francese Napoleon a 353 rubli, carne di maiale venduta in pacchetti di plastica da mezzo chilo a 24 rubli e vasetti di miele a 66. Ma l'unico prodotto disponibile in grande quantità è il salame a 159 rubli. E questa è un'altra caratteristica dell'avvio della riforma dei prezzi: ogni negozio è riuscito a procurarsi un prodotto, due al massimo. Il resto degli scaffali è vuoto. Anche nel governo russo c'era chi voleva liberalizzare i prezzi soltanto dopo avere privatizzato i negozi. Ma Boris Eltsin e suo ministro delle Finanze, Egor Gajdar, non hanno voluto aspettare. Gli unici limiti sono stati imposti per il pane, il latte (diventato subito introvabile), lo zucchero, i farmaceutici e i prodotti per bambini. In questi casi i prezzi sono stati aumentati al massino di tre volte e sono rimasti sotto controllo. Anche per la benzina l'aumento è stato «guidato» da 40 kopeki a 1,20 rubli. Tutto il resto è libero. Ma l'onda d'urto deve ancora arrivare. E investirà anche le altre ex Repubbliche dell'Urss: Ucraina e Bielorussia per prime che hanno aumentato • i prezzi, ma che hanno anche introdotto dei «tagliandi d'acquisto» per svincolarsi da un rublo sempre più svalutato. Enrico Singer Un moscovita legge con disappunto le targhette dei nuovi prezzi liberi del pane

Persone citate: Anatolij Fiodorin, Boris Eltsin, Egor Gajdar

Luoghi citati: Bielorussia, Mosca, Svizzera, Ucraina, Urss