Con Verdone all'opera sarà un sacco bello il Barbiere di Siviglia

Con Verdone all'opera sarà un sacco bello il Barbiere di Siviglia Roma, Rossini aprirà la stagione Con Verdone all'opera sarà un sacco bello il Barbiere di Siviglia ROMA. Primo giorno di prove per Carlo Verdone al teatro Brancaccio de «Il Barbiere di Siviglia», l'opera con cui debutta nella regia lirica il 14 di questo mese a Roma. Sono prove senza scene e senza costumi queste che si tengono nel teatrino che fa d'appoggio al palcoscenico dell'Opera. E il gruppo di cantanti è formato da gente giovane: ragazze con la testa piena di ricci, ragazzi coi pantaloni di velluto a coste, ai piedi ballerine e scarpe da ginnastica: più che una compagnia di canto sembrano attori di un film minimalista. Carlo Verdone è seduto sul palco in mezzo a loro, tra un tavolo coperto di appunti, un vecchio divano, un leggìo, pochi, pochissimi segni indispensabili a mettere a punto i movimenti dei cantanti. «Mille grazie non s'incomodi. Obbligato in verità», mormorano per non sforzare la voce accompagnati da un pianoforte nel duetto del secondo atto due dei buffi interpreti che l'Opera di Roma, nel primo anno dell'era Cresci, ha chiamato per questo spettacolo di inizio stagione. Verdone segue immobile. Solo una volta si alza per spiegare e far ripetere da capo la scena in cui volano a terra alcuni fogli della falsa lezione di musica di Rosina. Sua intenzione, infatti, è sottolineare al massimo tutti i passaggi divertenti dell'opera. Ma è garbatissimo, sorridente, affettuoso quando dà i suoi suggerimenti ai cantanti e, a prova finita, li abbraccia uno per imo scambiando gli auguri. L'idea di chiamare Carlo Verdone a dirigere «Il Barbiere di Siviglia» è di Giampaolo Cresci, pirotecnico sovrintendente, piombato all'Opera la primavera scorsa dopo anni di Rai e di Sacis, totalmente digiuno di musica ma molto attrezzato a provocare eventi che generano curiosità. «Ci ho messo molto tempo prima di dire di sì, ammette Verdone, perché non volevo espormi a una brutta figura». Cos'è che l'ha convinta? «Intanto il fatto che si trattasse de "Il Barbiere", cioè di un'opera comica che è nelle mie corde. La voglia di impegnarmi in qualcosa di più serio che non fosse solo lo sfornare un film all'anno. E non a caso stavolta con "Maledetto il giorno che t'ho incontrata" ho disertato la battaglia di Natale. Il sostegno di mio padre che mi ha invitato a tener duro, ad accettare di portare avanti insieme in questi mesi le riprese del film e l'allestimento di quest'opera: una fatica per me che sono un ansioso». Per prepararsi Verdone spiega di aver fatto due o tre cose. La prima è stata leggere e rileggere il libretto di Cesare Sterbini. Poi vedere sul video alcune cassette delle varie edizioni dell'opera. Infine parlarne con amici che hanno esperienza del mondo della lirica. Quali amici? «Non so, Alessio Vlad, per esempio. Oppure Franco Zeffirelli. Come Sergio Leone all'epoca del mio debutto nel cinema mi ha dato alcune "dritte" fondamentali, così adesso mi sono fatto aiutare da Zeffirelli che di regie d'opera vive da almeno trent'anni». Che insegnamento ne ha tratto? «Ho capito che con l'opera c'è poco da fare gli stravolgimenti. Soprattutto con Rossini che per l'epoca sua era un rivoluzionario, da rivoluzionare non c'è assolutamente niente. Occorre avere buon gusto e al massimo sottolineare o inventare qualche piccolissima gag, nel totale rispetto però del testò e della musica». Per farsi aiutare Verdone ha messo però alcune condizioni: la presenza di suo fratello Luca; l'appoggio dello scenografo Dante Ferretti; il sostegno dei costumi di Maurizio Millenotti; l'assistenza come aiuto regista di Silvia Cassini. «Con loro mi sono incontrato spessissimo, da luglio fino ad oggi, per discutere tutto prima di cominciare. A differenza del cinema l'opera ha una preparazione meticolosa a tavolino e brevissime prove con i cantanti prima del debutto». Appassionato di rock, di cui segue concerti e dischi, ma anche cultore di quel gruppo di autori che stanno tra Otto e Novecento co me Satie, Ravel, Mahler, Carlo Verdone è stato educato al mondo dell'opera soprattutto da sua madre che in gioventù aveva studiato il pianoforte e che a casa suonava spesso per gli amici «Il Barbiere», la prima volta, l'ha visto a quindici anni nel palco con padre e madre, abbonati alla «seconda» del Teatro dell'Opera: ma non gli è piaciuto. Perché? «Troppo complesso l'intreccio: mi ricordo che ho stentato a se guirlo». [si. ro.] Il via alle prove con i cantanti tutti giovani. La prima il 14 Ammette Carlo Verdone: «Ci ho messo molto tempo prima di dire di sì perché non volevo espormi a una brutta figura».

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