San Silvestro non ferma la faida

San Silvestro non ferma la faida Palma di Montechiaro: muore uno dei killer, colpito anche un bambino di nove anni San Silvestro non ferma la faida Agguato nel bar, tre vittime e sette feriti £ AGRIGENTO NOSTRO SERVIZIO I sicari della mafia hanno insanguinato anche la notte di San Silvestro. Prima del brindisi, hanno compiuto l'ennesima strage, uccidendo tre persone e ferendone altre sette, compreso un bambino di nove anni. E' accaduto a Palma di Montechiaro, in provincia di Agrigento, teatro da sette anni di una sanguinosa lotta fra clan costata la vita già a cinquanta persone. Il killer che con una mitraglietta ha sparato sull'uscio di un bar nel centro del paese è rimasto ucciso nell'agguato: lo ha colpito un agente carcerario che era nel locale e che è rimasto illeso. Si chiamava Salvatore Caniolo, 20 anni, indicato dagli inquirenti come un «picciotto» della cosca Iannì-Iocolano di Gela. Il giovane è spirato all'alba di Capodanno, nell'ospedale di Enna. I complici dell'agguato, lo avevano abbandonato ormai ferito gravemente davanti alla guardia medica di Camastra, un paesino a pochi chilometri da Palma di Montechiaro dove un mese e mezzo fa in un altro agguato fu eliminato Salvatore Curto, capogruppo del psi alla Provincia di Agrigento, accusato di associazione mafiosa. Interrogato dalla polizia, il giovane ha provato a difendersi fino all'ultimo, prima di spirare con un polmone perforato. Caniolo ha sostenuto di essersi trovato per caso nel bar al momento della sparatoria. Ha aggiunto di essere andato a Palma di Montechiaro per incontrare un amico che poi l'aveva piantato. Ma alcuni testimoni hanno inchiodato Caniolo indicandolo come il killer che ha fatto irruzione nel bar «Duemila» di via Roma, spalleggiato da complici all'esterno. Caniolo, colpito dalla guardia carceraria, aveva lasciato cadere sul pavimento la mitraglietta con cui aveva compiuto la strage. I complici avrebbero sparato numerosi colpi per coprirsi la fuga su una Fiat «Uno» rubata dieci giorni fa ad Agrigento e che hanno incendiato in un'impervia località di campagna fra Camastra e Palma di Montechiaro dopo essersi «disfatti» del ferito. Gli inquirenti non hanno dubbi: nel mirino della spedizione c'era la famiglia Allegro che gestisce il bar «2000». E il primo a cadere è stato Felice Allegro, 60 anni, seguito da un cliente, Filippo Allotto di 30. Per loro non c'è stato niente da fare. I feriti non sono gravi: il bambino Felice Allegro e suo padre Ignazio di 35 anni (rispettivamente nipote e figlio dell'ucciso) Francesco Vinci di 25, Pasquale Bordino di 27 e Gioachino Castronovo di 38, sono stati ricoverati in ospedale nella vicina Licata. Gli altri due - Angelo Castronovo, 34 e Calogero Martinello, 37 - sono stati trasferiti all'ospedale «San Giovanni di Dio» ad Agrigento perché al pronto soccorso licatese il servizio medico era andato in tilt per il contemporaneo arrivo di tanti feriti. Per quanto sospettati di essere invischiati nella guerra di mafia mai cessata in paese, essendo amici della famiglia Ribisi (decimata nello scontro con i clan vincenti di Palma, alleatisi con quello Iannì-Iocolano di Gela), gli Allegro sono incensurati. Lo era pure Felice Allegro. E Salvatore Caniolo? «Un killer gelese», ha risposto senza esitazioni uno degli investigatori della Criminalpol che, con le squadre mobili di Agrigento e Caltanissetta e i carabinieri, sta cercando di venire a capo di questo nuovo sconvolgente capitolo criminale, ennesima testimonianza dell'irriducibile vitalità della mafia. La mitraglietta sarà esaminata in laboratorio a Roma: e si sospetta che abbia sparato anche il 27 novembre del 1990 nella strage di Gela (otto morti e sette feriti) per la quale Caniolo era stato a lungo interro¬ gato. Gli investigatori adesso indagano sugli Allegro, sulle loro parentele e amicizie, sui loro affari. E naturalmente anche sui loro nemici, che non sono pochi né di scarso peso. Se il clan Ribisi è stato scompaginato (i due superstiti di cinque fratelli sono fuggiti da tempo), gli Allegro hanno subito anch'essi perdite consistenti. Il primo novembre del 1989 un fratello minore di Felice Allegro, Rosario di 53 anni, che da un po' di tempo si atteggiava a boss, fu assassinato in piazza con un amico. Il 20 marzo scorso fu il turno di Pietro Allegro, 19 anni, figlio minore di Rosario, mentre il 20 maggio scorso è caduto il loro cugino Carmelo Allegro di 29 anni sorpreso con Giovanni Lombardo di 35 nel centro di Agrigento. Nella provincia di Agrigento il 1991 si è chiuso con il pesante bilancio di 76 omicidi, moltissimi specie se rapportati alla popolazione, inferiore al mezzo milione di abitanti fra capoluogo e paesi. E di questa spirale di violenza nel segno della mafia, Palma di Montechiaro - dove ieri è arrivato il capo della procura distrettuale antimafia Pietro Giammanco, procuratore di Palermo - è diventato il simbolo. Antonio Ravidà teatro dell'agguato e (sopra) Salvatore Caniolo il killer morto in azione