«Come possiamo narrare l'oggi? »
«Come possiamo narrare l'oggi? » «Come possiamo narrare l'oggi? » In allo Giulio Einaudi Torino, 15 dicembre 1957 ARO Sciascia, attendo con I I grande interesse il tuo I manoscritto {Gli zii di Si1 i cilia.n.dx.). Sta tranquillo, \A 1 lo leggerò subito. Avevo letto L'antimonio su «Tempo Presente». E' tutt'altro che male, ma sorge continuamente un dubbio di principio: oggi, secondo la nozione che abbiamo della narrativa e del realismo, è possibile rappresentare direttamente avvenimenti contemporanei di cui non s'ha avuto un'esperienza diretta, sia pur soltanto come «atmosfera»? Insomma a rappresentare il '48 o i Mille, tu o io o un altro ci possiamo sentire autorizzati: basta che con qualche pur labile aggancio entrino nella nostra mitologia personale, e di lì possiamo fantasticare tutto quello che voghamo. La guerra di Spagna può entrare indirettamente nella nostra mitologia individuale, ma - finché è vivo qualcuno che bene o male può parlarne per dicata agli "Annales" francesi, a storici del peso di Hobsbawn e Thompson. Un'impresa notevole è stata anche la "Storia d'Italia" a cura di Corrado Vivanti e di Ruggiero Romano, su cui adesso si avverte il peso degli anni, ma che all'epoca in cui fu concepita ebbe il carattere di una grande operazione. Rifletteva un'analisi amara delle vicende italiane ma era sorretta dalla speranza di rinnovamento civile. Mi pare che sia in atto un rallentamento delle pubblicazioni storiche e anche la "Biblioteca economica" non è più fulgida come quella di un tempo. Nella casa editrice stiamo assistendo a una perdita di profilo e di progettualità che ne offusca l'immagine. E' difficile poter dire quale sia la sua filosofia». ALFONSO BERARD1NELL1 Sopra > Leonardo Sciascia? a fianco Gianfranco Conlini1 Belli e brulli «Oggi Einaudi non è più un editore "speciale", pubblica libri belli e libri brutti come ogni altro. E' ingiusto paragonare la Einaudi di oggi a quella di ieri. Sono due case editrici del tutto diverse. Resta in comune poco più del nome e il catalogo. Non c'è quasi più nessuno di quelli che facevano la vecchia e gloriosa Einaudi, anche perché moltissimi sono morti (e qualcuno è emigrato). Succede anche con le riviste: se durano troppo a lungo, la sola continuità resta nel titolo. Non tutto nella vecchia Einaudi era oro: alcune delle cose negative dell'Einaudi Anni Settanta continuano. Per esempio questa incredibile "Letteratura italiana" che dopo una quindicina di volumi di mille pagine l'uno si accorge di non aver ancora parlato delle "opere" della nostra letteratura e allora cominciano a uscire tanti altri volumi. Mi pare che Giulio Einaudi, del tutto comprensibilmente dal punto di vista psicologico, tenda un po' troppo a identificare la casa editrice con la propria persona. Per quanto geniale editore non può credere di essere invulnerabile. C'è un peggioramento diffuso, mi pare, de) lavoro editoriale in generale da cui veramente pochi sono immuni». esperienza diretta - noi non possiamo raccontarla che indirettamente, cioè raccontare come è giunta a noi attraverso notizie e testimonianze d'altri. Non possiamo farne oggetto d'un pastiche storico come potremmo fare per le guerre di Napoleone o di Garibaldi. A meno di fare una guerra di Spagna deliberatamente d'immaginazione, fantastica. Se voghamo farla realistica, nel lettore resterà sempre quel senso d'insoddisfazione che danno le riproduzioni di fotografie troppo ingrandite, a «retino» troppo largo. Preso dal grande lavoro di questo periodo, ho tardato a rispondere alla tua del 24 e non t'ho mandato i due libri che chiedevi. Ora ti faccio mandare Carletti o Prescott. Sono molto contento che fai gli articoli sull'«Ora» e sul «Paese Sera». L'indirizzo di Caretti è: via Maffi 6, Pavia. Abbi i miei auguri più affettuosi. Italo Calvino
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