DICK L'ILLUMINATO

DICK L'ILLUMINATO DICK L'ILLUMINATO L'autore di Biade Runner tra misticismo e fantascienza IN una recente intervista, la romanziera Fabrizia Ramondino, dopo essersi chiesta, «Ma esistono libri che non siano autobiografici?», risponde sensatamente, «Forse solo quelli di fantascienza». Tuttavia, un discorso sull'esperienza del proprio io, rivitalizzato dall'incontro con l'alieno, l'extra-terrestre, il futuribile, sembra appartenere alla fantascienza più matura, quella di Vonnegut e di Ballard, per interderci, oppure a quella di scrittrici come Joanna Russ (che, in Female Man, frantumava la propria identità in quattro immagini diverse, ma tutte riconoscibili: Janet, Jeannine, Jael, Joanna...), o Ursula Le Guin. Nel suo Sempre la valle, sulle orme degli studi del padre, l'antropologo A. L. Kroeber, la Le Guin visita la California delle antiche tribù indiane, sublimata in una favolosa utopia ecologica. A una forma curiosamente mista, in cui si intrecciano la propria dolorosa storia di emarginazione, la vicenda dell'America postsessantottina disillusa e impotente, una cospicua e a volte un po' pasticciata speculazione teologica, si affidò anche Philip K. Dick nell'ultimo periodo della sua vita infelice, conclusasi a cinquantatré anni nel 1982. Oggetto di un culto crescente, e tuttavia mai privilegiato né da un vero successo editoriale né dall'attenzione di qualche critico alla moda, Dick non rinuncia neppure nei romanzi «terminali», pubblicati tra il 1981 e il 1982 {Valis, Divina invasione, La trasmigrazione di Timothy Archer) a usare motivi e scenari della fantascienza più consolidata. Queste opere, ora raccolte in Italia nel volume La trilogia di Valis (Interno Giallo/Mondadori, pp. 585, L. 32.000), si muovono infatti tra i misfatti della colonizzazione planetaria e gli incubi di un futuro prossimo orwelliano, utilizzano gli sviluppi dell'informatica e le manifestazioni di creature extra-terrestri. Ma, in realtà, il dato più significativo della Trilogia è l'urgenza di calare nelle pagine di sempre nuove narrazioni i momenti decisivi di un'esistenza che sembrava a Dick improvvisamente riscattata, e come riempita, dal messaggio di un essere sovrannaturale. Egli avrebbe comunicato attraverso di lui - un povero derelitto, che era passato attraverso il tunnel della droga e che si consumava nella ricerca di donne che riuscissero a sopportare le sue ossessioni e la sua cronica infedeltà - al mondo intero, e sub specie fantascientiae, il Verbo divino. In questa scelta ai confini della letteratura «alta», si esprime un'analogia non tanto grossolana: nell'universo disgregato quale appariva allo scrittore l'America nixoniana, solo un personaggio marginale come Philip K. Dick avrebbe potuto raccontare una parabola attorno all'esistenza di Dio, alla sua drammatica lotta contro l'Arci- EON Ugo Albini, il sacerdote romano che ci aveva maliziosamente rifilato l'inizio del Quaresimale di Paolo Segneri, ha azzeccato quello del Diario di un parroco di campagna, di Georges Bernanos, che gli proponemmo a nostra volta. Avrà dunque il suo premio, e ne avrà uno anche Antonio De Bonis, primo dei lettori laici a risolvere il parrocchiale enigma. Quanto all'ultimo incipit messo in gioco (da: Le avventure di Tom Sawyer, di Mark Twain) le schede già arrivate sono numerosissime, mentre continuano ad affluire anche quelle con le «giocate» precedenti. Come scegliere tra i tanti e spesso bellissimi «incipit» preferiti? Eccone intanto tre che non temono concorrenza: 1° «La mamma e il babbo erano ancora due ragazzi, nemico che si è impadronito della Terra, alla necessità di una riscoperta del divino, propenso a manifestarsi nei modi più stravaganti: ora attraverso la musica di un complesso rock, ora per mezzo delle interferenze radiofoniche di un essere alieno di nome Ya, ora in un messaggio pubblicitario trasmesso dalla televisione. E, d'altra parte, il Dick allucinato e, a tratti, schizofrenico, che già in passato aveva creato universi paralleli, mondi di totale illusione o di ambigua verità, in Palmer Eldrìch, in Ubik, ne La svastica sul Sole, riusciva ora a vedersi parte di un gigantesco conflitto cosmico, dove le forze del Bene e del Male hanno solo superficialmente bisogno di elaborate spiegazioni teologiche, essendo esse in realtà scissioni di una gigantesca anima mundi, riverberante la propria condizione di instabilità dentro ogni essere umano. L'identità dello scrittore si può così moltiplicare assumendo, in modo esplicito in Valis, il nome di Phil Dick; oppure nascondendosi dietro le sembianze inconfondibili, ma fittizie, di Horselover Fat (nello stesso romanzo), un amante dei cavalli pazzo e scombussolato dalla vita come un altro eroe letterario affascinato dai quadrupedi, il Gulliver di Swift; o, infine, rispecchiandosi nella condizione di Elias Tate, il profeta della Divina invasione, a cui è dato di assistere alla nascita di un nuovo Cristo, il fi glio cerebroleso di una vergine affetta da sclerosi multipla e di un miserabile colonizzatore planetario. E ancora. Il Dick autore poteva benissimo «entrare» di persona nella forma degradata del- Paure, visioni, follie della «Trilogia di Valis» Lo scrittore era convinto d'aver parlato con Dio e si sentiva assediato da Cia e comunisti fi ^ la science fiction, perché, nel 1974, la sua stessa vita era stata modificata dall'incontro mistico con un'entità suprema, il cui linguaggio egli non poteva rendere se non nella terminologia di un romanzo di fantascienza: un raggio sublime aveva riversato nella sua mente il contenuto di un complicato messaggio informatico, scaturito dalla volontà di comunicare di un Dio malato, bisognoso dell'ultimo dei suoi servitori, per rivolgersi all'umanità traviata. Sulla sanità psichica di Dick - sulla sua capacità di distinguere la realtà quotidiana dalla finzione - è del tutto lecito nutrire dubbi. Basta scorrere le lettere che egli scrisse in quel cruciale 1974 (raccolte nel 1991 da Paul Williams). Nella sua farneticante corrispondenza, Dick descrive la California come uno Stato poliziesco dove agenti della Cia gli devastano la casa in cerca di documenti segreti e, nello stesso tempo, mette al corrente un certo Sullivan, al servizio della stessa organizzazione, di una vasta congiura anti-americana, condotta dal povero Stanislaw Lem (il collega polacco suo grande ammiratore) e da una banda di studiosi filo-marxisti, tra cui Darko Suvin, il quali stavano preparando in suo onore un numero speciale della rivista accademica Science-Fiction Studies. (Suvin, che nulla sospettava, mandò orgogliosamente a tutti i collaboratori di quel numero, tra cui ebbi la fortuna di essere anch'io, la fotocopia di una lettera di Dick piena di elogi per ognuno). Ma, soprattutto, Dick tentava disperatamente di trasformare in science fiction le informazioni divine che si accumulavano disordinatamente dentro di lui. In una prima fase, egli si dedicò a un romanzo più scopertamente autobiografico, Valisystem A ^apparso postumo con il titolo Radio Free Albemuth, e ancora inedito in Italia), dove un'energia proveniente dalle stelle, Va¬

Luoghi citati: America, California, Italia