E poi il «tessitore» corre da Martinazzoli

E poi il «tessitore» corre da Martinazzoli E poi il «tessitore» corre da Martinazzoli BRESCIA DAL NOSTRO INVIATO La stanza, più del solito, è una fumeria di Murarti. Alle dieci del mattino Mino Martinazzoli risponde agli auguri di buon anno con la stilografica blu, calligrafia minuta, e dà l'ordine alla segretaria. «L'avvocato non c'è - risponderà lei al telefono per tutto il giorno -. Di solito arriva presto, e se non si è visto vuol dire che non verrà». E invece è qui, pochissime le chiamate che passano il filtro, ancor meno quelle in uscita. Solitario più del solito. Il giorno dopo l'incontro con Silvio Berlusconi, in attesa di Marco Pannella che arriverà dalle consultazioni di Arcore alle sette di sera. Puntualissimo: un'ora di ritardo. «No, niente interviste», ripete alla segretaria che arriva con una supplica telefonica. Ma gli scapperà una delle sue battute, ironia fine e bruta verità: «E a nome di chi, poi?». A nome di una de che non è ancora partito popolare e non perde i vecchi vizi? Un amico gli fa notare che l'altro giorno, e l'incontro di Arcore non era ancora finito, già era partita la rumba di dichiarezioni de: Rosy Bindi, Mattarella, Mastella, Casini, Formigoni... E ieri pure, con tanto di documento dei «neocentristi». «Ecco - si è sfogato Martinazzoli - per me il vero problema non è in Berlusconi, ma è dentro il partito». L'altra sera, quando ha lasciato quell'albero di Natale che è la villa di Berlusconi tutta illuminata, Martinazzoli era sembrato di umor pessimo. Forse non è stata solo colpa del faro della Rai puntato in faccia da un metro. E' che l'incontro si era concluso come peggio non sarebbe potuto. Una precisazione: «Davvero Berlusconi ha detto che era il terzo incontro?». Davvero. «E invece era il secondo, uno qui a Brescia e l'altro ad Arcore». A Brescia, qui nello studio, aveva spiegato le sue contrarietà, il suo no a Berlusconi che entra direttamente in politica. In Villa ha registrato un monologo di conferma. Altro che Berlusconi ancora incerto. Per Martinazzoli, come ha raccontato a un fedelissimo, «Berlusconi ha acceso il motore di una macchina che non si ferma più». E questo, va da sé, «complica tutto». Perché «è difficile dire un sì o un no ad un protagonista che non è ancora un soggetto politico percettibile». Perché anche chi una volta era possibile alleato, i repubblicani di Giorgio La Malfa ad esempio, ora si lascia prendere «dall'irresistibile deriva del trasformismo». Perché non è asolutamente vero «che i processi politici siano un'invenzione dettata dalle nuove regole elettorali». Chiuso nell'ufficio al nono piano, la macchina parcheggiata sotto, la scorta che lo aspetta fino a sera all'Olimp bar della signora Rachele. Una telefonata con Piazza del Gesù, per concordare con il capo della segreteria politica Pierluigi Castagnetta una risposta ai «neocentristi»: «No, io preferisco non dire niente, nemmeno sulla questione Rai». Si fanno sentire gli amici bresciani, quelli dei fine settimna in Franciacorta o sul lago d'Iseo, come il commercialista Tino Bino. E il timore, la sensazione appena appena accennata, è che il solitario Mino si faccia più solitario ancora. Già due volte, in quest'anno che finisce, Martinazzoli ha avuto la fortissima tentazione di mollare tutto. La prima a giugno, dopo il primo turno delle amministrative. La seconda all'inizio di dicembre, sempre dopo il primo turno delle amministrative. Ma è altrettanto probabile che Martinazzoli, bresciano e dunque testardo la sua parte, voglia andare fino in fondo. Metafora attribuita a Stefano Balestrieri, l'avvocato che ospita Martinazzoli in studio: «E' un grandissimo penalista e non può rinunciare all'arringa finale». Peccato che l'assistito, la de, non segua i consigli e rischi la severa condanna della giuria popolare. Alle otto di sera, quando esce dall'ascensore con Pannella, Martinazzoli è di ottimo umore e nessuna parola. Pannella non concede granché, tanto ha già detto tutto in Villa e la macchina Fininvest deve riportarlo veloce in aeroporto: «E' un momento dichiara solenne - in cui vecchie e antiche solidarietà ed amicizie diventano preziose». Martinazzoli è già sulla strada di casa, sicuro che quella di oggi sarà una buona giornata e domani meglio ancora: non ci sono cronisti in giro, non usciranno i giornali. Almeno il primo dell'anno non si dovrà leggere le sorprese dal suo «vero problema», la de. Ed è già un bel cominciare. Giovanni Cerniti

Luoghi citati: Arcore, Brescia