Barbusse come Gorkij, vittima di Stalin?

Barbusse come Gorkij, vittima di Stalin? Cinquantotto anni dopo, si tinge di giallo la morte dello scrittore francese Barbusse come Gorkij, vittima di Stalin? Sapeva troppo, per il dittatore era diventato ingombrante MOSCA DAL NOSTRO INVIATO Ammazzato, avvelenato come forse - accadde a Maksim Gorkij? Henri Barbusse, scrittore francese, esponente tra i più in vista dell'intellettualità europea occidentale che si schierò senza esitazione con l'Urss di Stalin nel bel mezzo delle più terribili repressioni, morì il 30 agosto 1935 nell'ospedale del Cremlino. Quale autore del libro apologetico intitolato Stalin, dove il dittatore era equiparato a Lenin, esaltato come «uomo dalla testa di scienziato, dal volto di operaio, dalla veste di semplice soldato», Barbusse aveva più che diritto di essere ricoverato in quell'ospedale. Ma adesso emergono dagli archivi ex sovietici documenti che sembrano comprovare, come minimo, l'ingratitudine di Stalin nei suoi confronti. Come massimo, dai documenti - scovati da Arkadij Vaksberg e pubblicati da Literaturnaja Gazeta - emerge che Barbusse era diventato troppo ingombrante, scomodo. Perché? Troppo zelo? E' noto che Stalin non amava esagerazioni diverse dalle proprie. Ma, nel caso di Barbusse, c'erano ragioni più serie che quelle di subitanee antipatie del dittatore. Lo proverebbe il fatto che il giorno dopo il decesso qualcuno fu mandato d'urgenza nell'Hotel Savoy, dove Barbusse alloggiava, proprio di fronte al Metropoi, a due passi dal Cremlino, per cercare qualcosa nelle carte personali dello scrittore. Questo qualcuno non era l'ultimo arrivato. Era André Marti, deputato e membro del comitato centrale del partito comunista francese, oltre che segretario del comitato esecutivo dell'Internazionale comunista. Il quale il giorno dopo scriveva a Dimitrov un dettagliato rapporto, la cui copia è stata trovata negli archivi del Comintern e il cui originale, con tutta probabilità, si trova ancora negli archivi del Kgb, insieme con la lista dei documenti che Marti prelevò dalle mani della segretaria di Earbusse, Annette Vidal. Quali fossero questi documenti non è quindi dato sapere, almeno fino a che quell'archivio non si aprirà alle ricerche. Ma da una nota a mano, che ri¬ una Anpuò che non ferisce frase di nette, si dedurre Marti trovò quello che cercava. «Occorre immediatamente prendere misure a Parigi affinché un certo numero di quei documenti siano prelevati e portati qui. Solo a quel punto potremo essere tranquilli». Non poteva trattarsi delle attività culturali di Barbusse, né di questioni connesse alla sua figura pubblica. Più probabile si trattasse di «missioni» che il potere sovietico aveva affidato allo scrittore e che non dovevano assoluta¬ mente diventare di pubblico dominio. La vicenda ha un seguito, anch'esso d'archivio, tre anni dopo. A firma, questa volta, di un certo Alfred Kurella, un comunista tedesco emigrato prima a Parigi (dove aveva collaborato con Barbusse) e poi a Mosca dove si era rifugiato per sfuggire alla caccia dei nazisti e dove lavorò nell'organizzazione del Comintern. E' il marzo 1938. Al processo contro Bucharin, che sta per concludersi con la condanna a morte, è stato «rivelato» che gli imputati hanno organizzato, tra l'altro, anche l'assassinio di Gorkij. E Kurella scrive una lettera, «segretissima» e «urgente», a Georgij Dimitrov, ancora segretario del Comintern. «Penso scrive Kurella - alla luce del processo Bucharin-Rykov, che la morte di Henri Barbusse non sia stata casuale». E elenca una serie di «dati» a sua conoscenza che porterebbero a escludere l'ipotesi di «morte per malattia». E Kurella chiede che si indaghi sui medici curanti di Barbusse così come il tribunale sta per decidere si debba fare con i medici del Cremlino che curarono Gorkij. Non se ne fece niente - spiega oggi Vaksberg - soltanto perché denunciare l'assassinio di Barbusse, cittadino straniero, avrebbe offerto al governo francese l'opportunità di ficcare il naso nel processo e nelle indagini fasulle su cui era stato costruito. Ma s'intravede tra le righe il modello classico delle operazioni staliniane: spingere qualcuno a eliminare un nemico (reale o potenziale o ritenuto tale), in seguito accusare l'esecutore del delitto, ma rovesciandone le motivazioni per impedire comunque ogni possibilità di risalire alla verità. Infine giustiziare l'assassino e glorificare la vittima. Modello classico adoperato per liquidare Kirov, otto anni prima. Gi ulietto Chiesa Fu l'intellettuale più in vista fra quanti in Occidente si schierarono con l'Urss Nuove rivelazioni dagli archivi di Mosca: fin dal '38 fu esclusa l'ipotesi del decesso per malattia Henri Barbusse: l'autore dell'apologetico «Stalin» morì il 30 agosto 1935 nell'ospedale del Cremlino

Luoghi citati: Georgij Dimitrov, Mosca, Parigi, Urss