Sposi dopo il fidanzamento record

Sposi dopo il fidanzamento record A Lavagna una vicenda sentimentale che ricorda il romanzo «L'amore ai tempi del colera» Sposi dopo il fidanzamento record Insieme per 53 anni, a novanta scelgono il matrimonio COME UN LIBRO DI MARQUEZ CHIAVARI. Lui ha ottantatré anni, lei novanta. Si sono fidanzati cinquantatré anni fa, e da allora non si sono mai più lasciati. Sempre vicini. Adesso sono ancora più uniti: si sono sposati. Lui, che è sempre stato un po' refrattario al matrimonio, ha capitolato: per amore. Vogliono stare ancora vicini, come sempre hanno fatto, mano nella mano, ma d'ora in poi con la fede al dito. E' la storia di Carlo Chiappara e Giuseppina Alburno, originari rispettivamente di Sestri Levante e di Chiavari. Vivono in una piccola camera di una casa di riposo situata sulla collina di Lavagna, immersa nel verde e affacciata sul mare azzurro del Golfo del Tigullio. Una camera arredata come può esserlo quella di un ricovero per anziani, con due lettini al centro, distanti iuno dall'altro un metro, un metro e mezzo. Il loro matrimonio è stato ce- lebrato davanti all'altare di una chiesetta che è a un tiro di schioppo dalla loro camera. E' stata una cerimonia semplice. Lui indossava un completo blu, con il papillon in tinta, lei si stringeva in un paltò grigio, con collo di pelliccia. Sono arrivati sulla Fiat Panda delle assistenti sociali del Comune. Pina sedeva davanti, Carlo sul sedile posteriore, reggendo un grande mazzo di rose bianche, che ha poi donato alla sua sposa prima di entrare in chiesa. Due sole invitate, due amiche, accompagnate da una infermiera della casa di riposo. «Dio ci chiama nei momenti più impensati», ha detto don Dario, durante il rito nuziale. Carlo ha annuito, con il capo. Dopo il «sì», un viaggio di nozze «lampo», dalla chiesa al loro «nido», dove la coppia era attesa dagli altri ospiti della casa di riposo. E poi, la storia d'amore di Carlo e Pina è continuata. «E' una birichina, sa?», dice il neo¬ sposo. «L'altra notte si è alzata senza farsi sentire e l'abbiamo poi trovata in corridoio, che pasteggiava. Alle quattro del mattino! Proprio una birichina». Il signor Chiappara è un amabile conversatore. «Sono nato in una famiglia di marinai. Eravamo poveri. Ho perso mia madre quando lei aveva trentatré anni, se l'è portata via la "spagnola". A quattordici anni sono entrato in collegio, il Nicolò Tommaseo di Tivoli, vicino a Roma. Ci sono rimasto cinque anni, strappavo sempre l'ottimo in tutte le materie di studio. Mi hanno insegnato l'educazione, mi hanno dato un lavoro. Ero un mago nel laboratorio di riparazioni di calzature». Il neosposo fa una pausa, ricorda: «Ho fatto l'artigiano, l'ambulante e il commerciante, sempre nel campo delle calzature. Sono stato vent'anni a Sanremo, avevo un negozio in via Cavour. Giravo tutti i mercati della Liguria. Quando arrivavo, mi presentavo urlando "Tutti dal mago Carlo, calzature dal mare e dai monti, dai monti al mare", e i miei concorrenti tremavano». E Pina, sempre vicino, inseparabile. «L'ho presa con me quando aveva trentasei anni. Era stata abbandonata dalla famiglia, perché aveva avuto due figli con un uomo che poi l'ha lasciata». Perché non sposarsi prima? «Perché eravamo sempre in giro per mercati, perché andava bene. Non abbiamo avuto tempo di pensarci;.'. In questi ultimi anni hanno convissuto, dividendo un alloggio nella periferia di Chiavari. Vivendo con un milione e mezzo di pensione ogni due mesi, e con mezzo milione all'anno dello Stato perché il padre di lui è stato cavaliere di Vittorio Veneto. «Mio padre ha fatto la prima guerra mondiale. E' stato decorato perché ha salvato a nuoto in Francia dieci marinai», racconta il signor Chiappara. E' così mette mano sul suo punto debole. «Ho trascorso diciotto mesi della mia vita a Voghera, nei lancieri del secondo reggimento Vittorio Emanuele. Poi ho combattuto in Abissinia, dove ho lasciato due dita. Mio padre è stato decorato, è stato fatto cavaliere, ma ora non c'è più. Perché non mi fanno anche a me cavaliere? Non voglio i soldi, mi basta l'onorificenza». Il neosposo è anche un poeta. «Nel 1976 ho vinto un concorso indetto da Stampa Sera, sul sì o no al divorzio. Sono arrivato primo su 4200 partecipanti, con una mia poesia. Il premio? Cin¬ quemila lire. E partecipo ogni anno a un concorso di poesia italiana tradotta in dialetto genovese che promuove una associazione culturale di Lavagna, di cui sono socio». Dal marzo scorso Carlo e Pina non vivono più nell'appartamento di Chiavari. Si sono trasferiti nella cameretta della casa di riposo. Si chiama «Sole e azzurro», e con un nome così un poeta non può non apprezzarla. «Paghiamo con parte della nostra pensione». Ma adesso Carlo è stanco di parlare, si ferma. Guarda la sua sposa, con tenerezza. E' malata, ma lei non lo sa. «Non la perdo di vista un secondo, cerco di tenerla su. Vedeste com'era contenta, in chiesa». E dicendolo, se l'accarezza con gli occhi. Solo per un attimo, lui si lascia vincere dalla debolezza. «Se lei va via, non so come farò». Proprio come nel romanzo di Gabriel Garcia Marquez, «L'amore ai tempi del colera», in cui i protagonisti, Fiorentino Ariza e Firmina Daza, si inseguono per decine d'anni coronando solo da vecchi il loro sogno d'amore. E quando il capitano della nave che li trasporta domanda a Fiorentino quanto debba durare il viaggio, lui risponde senza esitazioni: «Per tutta la vita». Fabio Pozzo Carlo Chiappara e Giuseppina Alburno, i due sposini di Lavagna: hanno passato in casa di riposo la prima notte di nozze

Persone citate: Carlo Chiappara, Chiappara, Fabio Pozzo Carlo, Gabriel Garcia Marquez, Giuseppina Alburno, Nicolò Tommaseo