E i calzaturieri sfidano Ciampi di A. Z.

E i calzaturieri sfidano Ciampi E i calzaturieri sfidano Ciampi «Noi assumiamo, ma tu ci togligli oneri sociali» MILANO. Gente pratica, i calzaturieri. Il problema era: da tre anni in qua nel settore è quadruplicato il numero di imprenditori che sta spostando all'estero, soprattutto nel Nord Africa e nei Paesi dell'Est europeo, parte delle produzioni come il taglio o la giunteria delle pelli per far fronte a costi di produzione troppo alti. Con la conseguenza che in Italia, nelle tradizionali aree dove l'industria calzaturiera è forte, nelle Marche, in Toscana, in Puglia, i posti di lavoro sono in pericolo. Che fare? Insistere con le richieste al governo di finanziare gli ammortizzatori sociali per far fronte al calo occupazionale? No, amano il pragmatismo, i calzaturieri. Pensa e ripensa hanno ideato un progetto straordinario (durata 5 anni) per l'occupazione che ha la dichiarata ambizione di salvare capra e cavoli. Cioè, evitare la fuga dall'Italia delle produzioni, lasciar perdere con cassa integrazione o altri ammortizzatori (contratti di solidarietà, contratti per lavori socialmente utili), produrre nuovi posti ma nello stesso tempo tagliare i costi del lavoro. Possibile? Possibile con un pizzico di fantasia all'italiana. Anziché spender quattrini - qualcosa come 400 miliardi in 5 anni per finanziare la cassa integrazione, i calzaturieri (d'accordo con i sindacati di categoria che hanno anzi consigliato qualche decisiva modifica) hanno proposto al governo di spendere gli stessi soldi per abbattere gli oneri finanziari delle imprese. Risultato: le imprese si sono impegnate ad assumere (nei prossimi 5 anni) nuovi dipendenti - in parte a tempo indeterminato e in parte con contratti a termine di due anni - in cambio della totale o parziale fiscalizzazione degli oneri sociali. Come dire: le aziende risparmiano tra il 30% e il 45% dei costi (dipende se si tratta di contratti a tempo determinato o indeterminato: in lire un risparmio quantificabile per un livello minimo attorno al milione e 200 mila lire) e possono così evitare di mandar fuori confine certe produzioni creando in cambio nuovi posti di lavoro. Quanti? «Almeno 5 mila in cinque anni», rispondono sicuri sindacalisti e imprenditori. D'obbligo un pizzico ^i trionfalismo nei commenti. La firma dell'accordo, due giorni fa tra l'Anci, l'associazione nazionale dei calzaturieri, e i sindacati, ieri sera con il ministro del Lavoro Giugni, rende possibile l'inserimento dell'intesa nel decreto legge per l'occupazione che Ciampi potrebbe varare a fine anno. «E' un passo importante, il primo vero progetto per l'occupazione», spiega Benedetto Eleuteri, il presidente dell'Anci, 1300 imprese, 12 mila miliardi di fatturato previsto per fine anno, 110 mi¬ la addetti, pilastro del made in Italy con i suoi 7 mila miliardi di attivo nella bilancia commerciale. Gli fa eco Agostino Megale, segretario nazionale della Filtea, il sindacato di categoria della Cgil: «Per la prima volta un'intesa tra le parti sociali prevede nuove assunzioni e non cassa integrazione o altre forme di assistenza». Applausi generali. E tutti a sottolineare la novità: l'accor do può bloccare non solo nel calzaturiero ma anche in altri settori come il tessile-abbigliamento il pericolo della deindustrializzazione. «Final mente i fondi pubblici servono a finanziare occupazione e non disoccupazione», insiste Franco Lotito, segretario confederale Uil. L'ultimo appello, che accomuna imprenditori e sindacalisti, è al governo: «Speriamo - dicono - che l'accordo serva per far prendere atto al governo che è ormai indispensabile la riforma degli oneri sociali». [a. z.]

Persone citate: Agostino Megale, Benedetto Eleuteri, Ciampi, Final, Franco Lotito

Luoghi citati: Italia, Marche, Milano, Nord Africa, Puglia, Toscana