Più fiducia nella scuola e nelle prediche di Beppe Grillo

G lettere AL GIORNALE Più fiducia nella scuola e nelle prediche di Beppe Grillo Cari studenti tornate in classe Non è bivaccando, nelle occupazioni, né autogestendosi un saper che non può venire unilateralmente, ma solo in un rapporto, quello docente-discente, che gli studenti possono trovare una risposta alla somma delle giuste, giustissime richieste che da decenni e da più parti vengono sollevate per una scuola nuova, non statica, ma aderente alla dinamica dei tempi e della persona. Ed è inutile colpevolizzare ministri e provveditori per situazioni negative o di immobilità delle proposte di rinnovamento venutesi a creare, perché essi pur essendo congegni importanti di una macchina, se la macchina non va avanti e si blocca all'improvviso, si fermano e si bloccano i congegni. E' con le assemblee di classe e d'istituto che favoriscono il momento della raccolta, e non della dispersione e del clamore di piazza degli scioperi che gli studenti possono dare un contributo di idee nella convinzione che esse maturano dal confronto e dalla discussione e si traducono quindi in proposta. Tuttavia la cosiddetta privatizzazione che gli studenti paventano non è tale perché il potenziamento degli organi collegiali in cui essi stessi sono e dovranno essere rappresentati, prevale, nella definizione dei progetti formativi, su quello individuale della «sponsorizzazione». La stessa autonomia degli istituti va intesa come momento tempestivo e diretto degli interventi della scuola sulla realtà storica e sociale che la scuola stessa vuol plasmare o educativamente far crescere ai fini di una sua maggiore presenza nel movimento dialettico della vita politica, sociale, territoriale, non come elemento scisso da un organismo che la faccia funzionare. Per questo va ristabilito nell'art. 3 (ora 4) della Finanziaria il punto in cui si attribuiscono «compiti di indirizzo» all'amministrazione centrale, «sviluppo e programmazione, coordinamento e valutazione del sistema scolastico e che l'amministrazione scolastica periferica sia riorganizzata in modo da poter assolvere, a livello provinciale, a compiti di assistenza, consulenza e programmazione e, a livello regionale, a compiti di coordinamento». Lo stesso ampliamento dei poteri del capo di istituto (il cosiddetto preside manager), va visto in funzione di uno sviluppo e di una crescita dell'istituto che dirige, come momento esecutivo dell'indirizzo voluto e deliberato collegialmente anche se in senso promozionale, nella considerazione che tutte le componenti della scuola concorrono, ognuna secondo le sue attribuzioni, alla vitalità della sua presenza e della sua espansione e quindi nel rispetto dell'autonomia docente. Zeno Fortini, Urbino L'anomalia italiana Il senatore Bobbio, a proposito dell'anomalia italiana, ha scritto che «la storia costituzionale italiana dopo l'unità non è una successione di governi ma di regimi» attribuendo ciò, anche, al mondo in cui si è unificato il Paese. Infatti, considerato che l'Italia si è fatta attraverso guerre cruente, non c'è da stupirsi se gli effetti più profondi di esse condizionano ancora la solidarietà nazionale, oggi posta addirittura in discussione. L'anomalia nostrana si è vieppiù evidenziata alla fine della seconda guerra mondiale allorché l'orgia di libertà importata con le truppe alleate che ci hanno affrancato dal giogo nazi-fascista, ha dato luogo ad un sistema politico privo di alternanza che, oggi, sembra avviato alla fine. Noi italiani, gente tradizionalmente morigerata, cattolica, osservante delle leggi, resi ebbri dalla dose massiccia di democrazia assunta in assenza di adeguata preparazione culturale, abbiamo inteso la sovranità popolare come facoltà di far valere le nostre esigenze particolari, mai badando a quelle nazionali. La proliferazione di partiti e partitini quali interpreti di rivendicazioni settoriali, corporative, campanilistiche e di lotta di classe contro ciò che invece è l'insostituibile collante delle grandi democrazie occidentali, ha quasi distrutto in molti il sen¬ so dello Stato. Nel tempo, troppi connazionali digiuni della storia (e conseguenti ammaestramenti) del nostro secolo che viene colpevolmente taciuta nelle scuole, ritenendosi fini politologi e maestri di vita, estrapolano dalla condizione di cittadini democratici solo i diritti, mai i doveri, hanno votato in modo da mantenere al potere una classe politica che, ritenendosi immune dal rischio dell'alternanza del potere per consolidata abitudine, ha compromesso l'unità della Nazione attraverso la pessima gestione dell'amministrazione della cosa pubblica. Dunque siamo noi italiani che abbiamo bisogno di essere indottrinati su che cosa si intende per democrazia, quali diritti essa comporta ma soprattutto quali sono i doveri che non debbono in nessun modo essere elusi. Solo quando avremo superato gli effetti della sbronza contratta dopo il 1945 ed acquisito piena coscienza dell'essenza dello strumento democratico, l'anomalia italiana cesserà dall'essere la barzelletta d'Europa per diventare una realtà di cui andare fieri, a destra o a sinistra che dir si voglia, purché deciso con ragionevole consapevolezza. Emilio Barbini, Torino In difesa dei consumatori Vorrei fare alcune riflessioni sull'articolo di Pierluigi Battista datato 4 dicembre e intitolato: Il Decalogo in tv. In «modo mellifluo con fare suadente» critica Beppe Grillo con una serie di interrogativi che portano tutti a sottolineare che la satira non va fatta in quel modo, in modo particolare alla tv e soprattutto contro i potenti. Parla di peronismo televisivo, di populismo telematico, di decalogo della nuova etica, e via di questo passo. Non si è accorto il Battista che la nostra vita è condizionata dalla tv, in modo particolare dagli spot e dal consumo relativo. Allora se Grillo ce ne illustra i limiti, i pericoli, i difetti, non ci dà un decalogo di vita ma ci suggerisce di stare attenti a quello che comperiamo e che la qualità della vita non è quella di uscire dal supermarket con una borsa piena di prodotti, ma è quello della denuncia degli abusi e del rispetto degli altri, anche degli intellettuali come lei, delle sue idee anche se proposte in modo suadente e mellifluo. Insomma fa controinformazione. La nostra realtà è contaminata dal consumismo e dalla mancanza di valori. Cosa ha scritto lui per denunciare questi fenomeni negativi? La qualità della vita è anche quella di scoprire gli imbrogli, le falsità e le connivenze tra imprenditori e politici. Grillo lo diceva cinque anni fa e fu espulso dalla Rai. Battista ha mai scritto nel 1988 qualche articolo su tangentopoli? Sergio Bernardi, direttore di «U.C.T. Uomo-Città Territorio», Trento Ma le ceneri non hanno mercato Tempo fa, a seguito della campagna a favore della cremazione come alternativa ad altre sepolture, mi sono fermamente convinta di lasciare scritto in tal senso, per motivi di igiene e di spazio. Così la vedo io. Ora, con le ultime notizie lette e sentite, non so più che fare. Vorrei che non si riciclasse la cassa, che non si usasse il corpo per altri scopi e che le mie ceneri fossero veramente le mie ceneri, misere. La cassa quindi dovrebbe essere contro ogni tentazione, cioè quattro assi in croce e i miei cari dovrebbero poter presenziare al momento, in qualche modo, all'operazione e portarsi subito via quello che rimarrà. Solo se ciò sarà possibile persisterò sull'idea e credo la pensino così anche altri. Lettera firmata, Villardora (TO)

Persone citate: Beppe Grillo, Bobbio, Emilio Barbini, Pierluigi Battista, Sergio Bernardi, Urbino, Zeno Fortini

Luoghi citati: Europa, Italia, Torino, Trento