Questa Africa ispirò Picasso di Sabatino Moscati

Tesori dalle valli del Niger Tesori dalle valli del Niger Questa Africa ispirò Picasso L PARIGI A grande mostra di arte africana riscoperta, che si tiene a Parigi nel Museo nazionale delle Arti d'Africa e d'Oceania, susciterà nel visitatore, se non c'inganniamo, due sensazioni tanto vive e profonde quanto, almeno in parte, divergenti. La prima è l'ammirato stupore per le immagini umane e animali che balzano fuori dalla pietra e dalla terracotta, dal bronzo e dall'ottone, con una vigoria espressiva ben degna di quelle che tanta parte ebbero nell'ispirare Picasso e gli altri artisti del suo tempo. La seconda sensazione è l'imbarazzato sconcerto di fronte al fatto che, in larga misura, quest'arte non è databile; e ciò malgrado il ritrovamento di molte delle opere esposte attraverso scavi o comunque recuperi effettuati con le tecniche più moderne. Quando si leggono, nello splendido catalogo edito dalla Riunione dei Musei Nazionali, espressioni come «datazione impossibile» o «datazione non ancora stabilita», ovvero quando le datazioni sono indicate entro il margine di molti secoli, allora ci si chiede come mai ciò sia possibile, e quale segreto si celi dietro questa realtà davvero inattesa. Ma definiamo anzitutto l'area di gravitazione della mostra, che s'intitola alle «Valli del Niger» perché si concentra su sei Stati africani bagnati dalle acque del grande fiume: la Guinea, il Mali, la Mauritania, il Buriana Faso (già Alto Volta), il Niger e la Nigeria. L'indagine, tuttavia, va anche oltre, si estende ai deserti e alle savane tra cui il fiume, scorrendo, porta la vita; e in realtà costituisce un vero e proprio panorama dell'Africa nera quale negli ultimi anni le ricerche hanno consentito di riscoprire. Il commissario generale della mostra, Jean Devisse, è tra i maggiori protagonisti di tali ricerche. Seguendo l'itinerario indicato, ecco all'inizio le statuette in pietra dei Kissi, in Guinea. La forte accentuazione dei caratteri somatici, la deformazione funzionale che porta al predominio delle teste, l'evidente costrizione entro schemi geometrici attraggono l'attenzione su queste opere d'arte, scoperte proprio alle sorgenti del Niger. Ma quanto all'epoca, esse appartengono al gruppo della «datazione impossibile»; e tale giudizio si ripete altrove, per esempio a proposito delle non meno significative statuette in terracotta dalla regione di Mopti nel Mali, mentre di «datazione non ancora stabilita» si parla a proposito dei reperti in ferro da Niani in Guinea. Scultura africana a a Parigi Ora, si noti bene, alcuni dei reperti indicati provengono da scavi regolari, sicché in Europa una datazione precisa ne verrebbe di conseguenza. E anche nel caso di recuperi fortuiti, come avviene per altri reperti, da noi la datazione si avrebbe comunque: immaginiamo di ritrovare oggetti etruschi o romani scavati dai clandestini o trafugati, non per questo ci troveremmo nell'impossibilità di datarli. In realtà, ciò che manca in Africa è un contesto storico adeguato, una serie di fasi accertate nello sviluppo entro cui collocare i reperti. La situazione è analoga per le statuine in terracotta scoperte a Kumbi Saleh, in Mauritania. Provengono da scavi recenti, rappresentano figure o parti di figure umane caratterizzate da un'estrema stilizzazione; ma né la regolarità degli scavi né i caratteri tipici delle statuine aiutano molto per la datazione, che viene indicata entro i limiti ipotetici di molti secoli. Altrettanto si dica per un altro tra i gruppi più cospicui in mostra, le terrecotte figurate dalla regione di Bura, in Nigeria. E sempre in Nigeria, le immagini negroidi dai tratti fortemente accentuati di Nok raggiungono, nell'oscillazione dei limiti cronologici, addirittura il millennio. La prima spiegazione di questo stato di cose si trova, come abbiamo accennato, nella mancanza di un contesto storico entro cui collocare le opere. Ma ciò, a sua volta, richiede una spiegazione: che sta nel fatto caratteristico per cui l'arte africana tende a ripetere, non a innovare, le sue caratteristiche nei secoli; e spesso ha proprio in questo la sua maggiore idealità. L'artista vuole imitare, come meglio può, le creazioni dei suoi predecessori: lo fa per il culto degli antenati, lo fa per la forza magica che intende ricreare e rinnovare. Né tiene, come da noi avverrebbe, a lasciare il proprio nome; anzi, vuole immergersi nel grande collettivo della sua gente. Africa senza storia! Potrà mutare la situazione, con l'evolversi delle indagini e degli studi? E avremo una cronologia delle vicende e delle creazioni artistiche come l'abbiamo per l'Europa? Forse, ma verosimilmente né presto né sempre. Solo per citare un esempio, la moderna tecnologia della termoluninescenza dovrebbe consentire una datazione precisa delle opere artistiche in terracotta; ma se poi i reperti non mutassero caratteri, anche secoli prima e secoli dopo? Ecco l'affascinante enigma che aleggia su questa mostra straordinaria. Sabatino Moscati Scultura africana

Persone citate: Bura, Jean Devisse, Picasso