Caccia ai Rambo terrore delle coppie di Pierangelo Sapegno

Giallo di Brescia: una banda dietro l'omicidio dell'uomo rinchiuso nel bagagliaio con l'amante Giallo di Brescia: una banda dietro l'omicidio dell'uomo rinchiuso nel bagagliaio con l'amante Caccia ai Rombo, terrore delle coppie Avrebbero messo a Un'ipotesi: ragazzi segno altre dieci rapine in due mesi ■bene in cerca di soldi per la droga BRESCIA DAL NOSTRO INVIATO Sopra la Bassa, quel cielo grigio. Soldi e paura. Fra i campi di stoppie e le ville nuove di mattoni rossi, oggi non c'è la nebbia a nascondere gli orrori. Ci sono i paesi sparsi e la discoteca delle Cupole che chiama la gente anche da Milano. Magari sono usciti da lì, i banditi vestiti da Rambo, per rapinare le coppiette che vanno a nascondersi dietro i pioppi e i gelsi sotto un'unghia di luna. Venerdì notte, Giuseppe Facchetti è stato ucciso con una scarica di fucile a canne mozze che gli ha spaccato la guancia. E Carla Chiaf è rimasta chiusa nel bagagliaio per dieci ore assieme al suo uomo che moriva piano, buttando fuori i respiri un poco alla volta. I Rambo sarebbero gli stessi di altre rapine, tutte fra i campi di granturco della Bassa, in quella zona, fra un pugno di case, banchi di nebbie e storie di provincia. Di rapine ne avrebbero fatte almeno dieci, ma solo tre sono state denunciate. Perché le vittime hanno quasi sempre i loro segreti da nascondere, il loro piccolo mondo da conservare. L'altra volta, a Cigole o a Bassano Bresciano, hanno lasciato un bossolo fra le foglie morte distese sulla terra umida, perché avevano sparato alle gomme di una macchina che cercava di scappare via. E l'ultima volta, venerdì notte, hanno lasciato un altro bossolo quando hanno fatto fuoco sulla faccia di Giuseppe Facchetti. Ecco, due bossoli e una pista. «Sarebbero identici», dicono gli inquirenti, a un primo, veloce esame. Anche i banditi sarebbero sempre gli stessi, nei racconti dei testimoni. Come ricorda una delle donne rapinate: «Erano incappucciati, sembravano giovani, parlavano con accento bresciano. Ci hanno preso tutto quello che avevamo, io gli ho dato la roba che avevo indosso, anelli, bracciali, collanine. Guardate che è bigiotteria, ho detto. Li hanno presi lo stesso, ridendo, va bene, dicevano, tu non preoccuparti. Sembrava che cercassero dei trofei, non dei soldi». E come racconta Carla, dalla stanza dell'ospedale di Manerbio. Dopo aver ucciso Giuseppe Facchetti, hanno portato via tutto ma hanno lasciato le carte di credito: «Erano in due, mascherati, con giubbotti e scarponi militari». Oggi sembra una storia così. Rambo di provincia, forse, come suggerisce un inquirente, «ragazzi di buona famiglia, frequentatori di discoteche, fatti di coca, in cerca di emozioni». C'è persino un particolare in più. Secondo un testimone, sarebbero scappati con una 164. Tutto vero? Alla caserma dei carabinieri di Verolanuova dicono di sì. Soldi e paura, in questo lembo di Padania, un triangolo fatto di campi e di dané, di pioppi e di gelsi, che prende Brandico, Offlaga e Borgosatollo, due cateti e un'ipotenusa a Sud di Brescia. Brandico è il paese di Giuseppe Facchetti, che abitava in una bella villetta assieme alla moglie Eleonora Adelina Garda, ai figli Mara («caro papà, il bene che mi hai voluto rimarrà per sempre nel mio cuore»), Vera («improvvisamente te ne sei andato, ma il tuo ricordo non potrà mai smettere di esistere») e Giampiero («diventerò per te quello che tu volevi»). Venti, 16 e 12 anni. Giuseppe Facchetti era un uomo venuto su dal niente, figlio di un fornaio che aveva messo su i soldi, tanti soldi, facendo il venditore di integratori di mangime. «Nel mondo della campagna», spiegano al bar Milanodue di Orzinuovi, «convinci la gente solo se sei uno credibile, e in cascina ci entri quando ti hanno pesato per bene». Lui, nel paese di Mar- tinazzoli, a Orzinuovi, ci andava per stare con gli amici a giocare grandi partite di briscola. Gli amici, la famiglia e l'amante. Oddio, che cosa c'è di più banale nelle nebbie della Bassa? Con Carla, la storia segreta durava da tempo. «Forse era cominciata prima ancora che lei si sposasse», sbuffa un parente. Cioè, 4 o 5 anni fa. Carla Chiaf s'era unita in matrimonio con un fratello di Eleonora Adele, la moglie di Facchetti. Dopo un po', i due hanno rilevato la tabaccheria di Borgosatollo e si sono trasferiti là. Quindici, venti chilometri di una stradina spersa sui campi che taglia i prati di granturco come un coltello affilato. D'inverno, la nebbia spaventa quelli che passano e nasconde terre ricche, campi grassi di stoppie e cascine con il Mercedes parcheggiato nell'aia, sotto il salice. Soldi e paura. Eppure, dev'essere per questo, per questo connubio così banale, che la verità non sembra ancora semplice come appare. Al novanta per cento, buttano lì i carabinieri. E l'altro dieci? Quello che resta è tutto in questa storia di provincia, sempre in mezzo ai soldi e alla paura, fra i segreti che tengono insieme la vita di tutti. All'ospedale di Manerbio, il marito di Carla è uscito in lacrime dopo l'interrogatorio degli inquirenti, sotto lo sguardo impietoso dei parenti, degli infer- mieri e di qualche cronista. Anche lei è una donna distrutta. Bella, alta, bruna, con gli occhi chiari, come la raccontano i ragazzini di Borgosatollo. Ecco, è chiusa in quella camera. La signora? «Aspettate, chiamo la sorella». L'infermiera quasi scivola sul corridoio di marmo. Sei sedie appoggiate alla parete e un silenzio grande. C'è una giovane donna bruna con gli occhi segnati dal pianto, e ancora adesso non riesce a trattenersi: «Lasciatela in pace, vi prego. Io piango una persona che conoscevo e che ammiravo. E soffro per una donna che deve tornare a vivere e non so come farà». Fuori di qui, magari il mondo sarà più bello. E chissà come dev'essere fra questi campi piatti coccolati dalla nebbia. Soldi e paura. Proprio su questi prati coperti di foglie morte era venuto a morire un medico poco più di un anno fa. Marco Savoldi, 28 anni, neuropsichiatra, era di Bagnolo, come Carla, e si era incatenato per essere sicuro di voler morire vicino a quel sentiero che costeggia i campo di granturco a Offlaga. Aveva lasciato solo un biglietto: «Prego Dio di perdonarmi. Mi sono legato per il timore di ripensamenti». Aveva appena perso la fidanzata e il lavoro. Soldi e paura. E un po' d'amore, se vi pare. Pierangelo Sapegno nvestigatori vicino alla Mercedes di Giuseppe Facchetti, ucciso dai rapinatori che lo hanno poi rinchiuso nel bagagliaio insieme a Carla Chiaf L'agguato è avvenuto nella notte tra venerdì e sabato in una zona di campagna del Bresciano