fabbri: Somalia addio a marzo tutti a casa di Francesco Fornari

fabbri: Somalia addio, a mano tutti a casa Confermato il ritiro dopo 15 mesi, nella missione sono morti sette soldati e una crocerossina fabbri: Somalia addio, a mano tutti a casa E l'Italia propone una trattativa di pace a New York o a Ginevra MOGADISCIO. Si torna a casa. Il ministro della Difesa Fabbri, in visita al nostro contingente, lo ha detto ieri parlando ai militari impegnati nell'operazione «Ibis 2» a Balad. Entro la fine di marzo, dunque, i soldati italiani lasceranno il Paese dopo 15 mesi di lavoro duro, pericoloso e un pesante tributo di sangue: sette militari ed una crocerossina sono stati uccisi durante questa missione umanitaria decisa dall'Onu. A un anno dall'inizio dell'operazione «Restore Ilope» si può affermare che la situazione alimentare è migliorata, i cereali di base, il latte, la farina, il riso, lo zucchero sono largamente disponbili e di fame non muore più nessuno. Ma l'ampia disponibilità di cibo non significa che l'emergenza sia finita: sul piano politico «Restore Hope», che solo agli ameri¬ cani è costata circa 40 milioni di dollari al giorno (60 miliardi di lire) e all'Italia 60 miliardi al mese, ha ottenuto risultati assai modesti. I due signori della guerra, il generale Aidid e il presidente ad interim Ali Mahdi, hanno firmato accordi che non sono mai stati rispettati e anche l'ultimo incontro ad Addis Abeba, con la mediazione del presidente etiopico Meles Zenawi, è stato un fallimento. A Mogadiscio l'attività della bande armate si è intensificata, furti e rapine sono all'ordine del giorno, per le strade sono ricomparse le «tecniche» con mitragliatrici e lanciarazzi, gli arsenali dei due signori della guerra sono rimasti praticamente intatti e si vedono in giro miliziani armati. Il governo italiano si rende conto che con la partenza dei contingenti militari degli Usa e degli altri Paesi occidentali c'è il rischio che la Somalia sprofondi di nuovo nella guerra civile. Per scongiurare questo pericolo - ha detto Fabbri ai nostri militari «l'Italia ha proposto all'Onu di avviare una trattativa diretta non tutte le parti somale da tenersi a New York o a Ginevra». Per il ministro gli sforzi compiuti sinora non si sono dimostrati sufficienti e il tempo per porre rimedio agli errori è ormai limitato: «C'è il rischio di vedere fallire la missione proprio adesso, dopo tanti lutti e tanti sforzi finanziari». L'iniziativa del governo italiano è stata illustrata sabato da Fabbri al rappresentante di Boutros Ghali in Somalia, ammiraglio Owen, nel corso di un incontro nell'ambasciata italiana di Nairobi, in Kenya. Ad un anno dall'arrivo in So¬ malia, il bilancio per il nostro contingente può considerarsi «sostanzialmente positivo», dice il colonnello Luigi Cantone, vicecomandante della brigata Folgore, a Mogadiscio dal 13 dicembre dell'anno scorso. I nostri militari hanno distribuito tonnellate di viveri, raggiungendo anche piccoli villaggi dimenticati nella savana, aperto scuole, ospedali, poliambulatori dove sono stati curati migliaia di feriti e malati. A Giohar, l'ex villaggio Duca degli Abruzzi, l'ospedale da campo ha assistito più di 10 mila persone, mentre nell'ambulatorio «Ibis» di Mogadiscio, dove il 9 dicembre è stata assassinata la crocerossina Maria Cristina Luinetti, ogni giorno più di 300 persone vengono curate. Francesco Fornari

Persone citate: Aidid, Ali Mahdi, Boutros Ghali, Fabbri, Luigi Cantone, Maria Cristina, Meles Zenawi