Una notte nel circo Zhirinovskii di Cesare Martinetti
Al concerto per il leader della destra, punk, comunisti e nostalgici dello zar Al concerto per il leader della destra, punk, comunisti e nostalgici dello zar Una notte nel circo rinovskii «Siamo noi la vera Russia, viva l'Urss» Poi arriva la milizia e caccia tutti MOSCA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Punk di tutto il mondo unitevi, Zhirinovskij è il vostro leader. Comunisti, spiritualisti, anarchici, nazionalisti, fascisti, antisemiti, punk e semplici smandruppati che pattinate sul ghiaccio sporco dell'uliza Viatskaja, sputate per terra, spaccate le bottiglie di birra, non guardate il profilo di Gorkij sulla facciata della casa della cultura di quest'angolo remoto di Mosca. Entrate, qui dove tutto si mischia, dove Zhirinovskij è vero profeta e dove fra poco attaccherà il primo pezzo Egor Letov, poetacantante punk con barba, baffi e occhialini da John Lennon. E' domenica, sono solo le 3 del pomeriggio, e c'è già una bella compagnia: il suddetto Letov, Aleksander Prochanov (direttore di Ben', il settimanale di «opposizione spirituale» chiuso da Eltsin), Aleksander Dughin (scrittore e giornalista di Nash Sovremennik), uno che si direbbe un decabrista se non fosse per i calzini rossi e blu. E Zhirinovskij? Sacha, al centro col microfono, dice: «Ci ha mandato un milione, e più tardi viene». Speriamo. Ma che cos'è questo posto e questa gente se non quel groviglio incomprensibile di umori e odori che ha trasformato il «figlio del giurista» nel leader del primo partito di Russia, quelli che se votano lo fanno con una pernacchia o come se dovessero sputare in faccia a qualcuno, quel milieu giovane e sgarbato che compone il 30 per cento del partito di Zhirinovskij (secondo la Nezavisimaja Gazeta), frullato di ideologie più vecchie che nuove, campione giovanile estremo dell'ex società sovietica. E come mai la faccia piatta di Vladimir figlio del lupo è diventata un simbolo per questi qua? Ce lo spiega l'ideologo Dughin: «Zhirinovskij è stato pagato dal governo per essere un'opposizione ubbidiente. Sappiamo tutti che ha preso i soldi da Poltoranin (uno dei fedelissimi di Eltsin, ndr) per far approvare la Costituzione... Ma è capitato che ha preso più voti di tutti, molti più del previsto. E ora Zhirinovskij sfugge allo scenario che avevano preparato per lui, è un anticonformista, si mette contro il sistema». Come dire che è «uno di noi», un vero punk. La situazione della Russia è quella che è, c'è poco da scherzare e aspettando Zhirinovskij si sono messi tutti su un palchetto circondato da sacchetti di sabbia, come se fossero in trincea. C'è la solita polvere, le tendine che crollano, il buffet con tartine al salmone di un colore impresentabile. Nella platea si passano una bottiglia di Martini Rosso che ruscella di bocca in bocca. Al centro della sala un missile impigliato dai lacci che trattengono lattine, bottiglie, tetrapack di succhi di frutta americani. Se il missile parte, tutta quella robaccia sparirà e la Russia sarà libera. Bisogna accendere la miccia. E tutti sono qui per questo. Attacca Letov: «Mi fa piacere vedervi tutti qua, comunisti e nazionalisti...». Ma cosa li unisce? «L'odio verso il sistema sovietico, lo eltsinismo, tutto ciò che impedisce all'uo¬ mo di creare e di raggiungere la spiritualità». Dice Dughin: «Siamo la forza della tradizione russa... fuori di qui ci sono i giovani che fuggono questo sistema...». Stanno facendo a botte per entrare e le vetrate della casa della cultura si sbriciolano come biscotti. «Siamo con quelli che hanno difeso la Casa Bianca, non per Khasbulatov o per la Costituzione sovietica, ma per la patria, con la nomenclatura di campagna che oggi anch'essa fugge dal sistema». Gli chiede uno: ma il mezzo è diventato il fine? Risposta: «Il movimento è tutto, il fine è nulla». Fascisti? Il decabrista: «Le definizioni sono stupide. Il potere cerca di spaventare la gente agitando i fantasmi del passato. Non serve... più si nominerà la minaccia del fascismo, più si formeranno gruppi di fascisti». Letom, leader punk: «Già negli Anni 80 abbiamo annunciato di essere comunisti: il sistema di valori che ho sempre difeso è molto vicino alle Brigate rosse». Un ragazzo col cappotto militare, una fascia rossa al braccio, due bottiglie di birra in tasca: «Ma chi siete voi? La verità la può dire scio Dio». Che barba, troppe parole, si sente ancora puzza di socialismo, dice Dughin: «Sentirò di vivere ancora in Urss fino a quando l'ultimo sovietico respirerà». Arriva la milizia, circonda la casa della cultura, mena col manganello. Il concerto è sospeso. Prochanov, padrino di quel che chiama il «laboratorio ideologico della grande Russia», profetizza: «Questo ambiente è come un acido che si mangia ogni leader e scioglierà anche Zhirinovskij». Ma lui, furbo, non s'è fatto vedere. Cesare Martinetti i jK I i Concerto rock a Mosca. Le mode jK occidentali dilagano nell'arcipelago I della protesta giovanile
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