Lo Stato dimentica il turismo il tribunale dimentica i padri

Una rubrica è fare un po' quel che piace lettere AL GIORNALE Lo Stato dimentica il turismo, il tribunale dimentica i padri I prezzi e gli albergatori La settimana scorsa ad un cliente che ci chiedeva i prezzi per le prossime feste io ho risposto che avremmo mantenuto le stesse quotazioni che avevano pagato nel periodo fine 92-93, controllassero le ricevute fiscali precedenti, a eguale periodo corrisponderà eguale prezzo. E' di ieri la novità che tende a far saltare anche questa volontà di chiarezza, l'aumento dal 9% dell'Iva al 19%. A questo punto io chiedo: cosa bisogna fare? Dopo un anno di salassi di tutti i generi, dopo leggi contrastanti e vessatorie abbiamo cercato di contenere i prezzi al massimo anche per reggere la concorrenza con Paesi emergenti dove i governi hanno capito che il turismo è la gallina dalle uova d'oro, e pur di ottenere risultati positivi proteggono gli investimenti produttivi e di riflesso l'imprenditoria. Da noi tutto il contrario, gli imprenditori stremati da mille inciampi sognano di liberarsi dai pesanti fardelli delle aziende. Un imprenditore non si fa in un giorno. E su questo dovrebbero riflettere coloro i quali hanno fatto in modo che tante piccole aziende fallissero per mancanza di liquidità. Non sono le casse integrazioni che salvano una economia, non sono le indennità di disoccupazione che producono ricchezza. Ricchezza la producono i milioni di piccoli modesti lavoratori che non temono il sacrificio personale, gb' imprenditori che ogni giorno rischiano sopravvivenza loro e dei loro collaboratori. Perché lo Stato invece di varare leggi cervellotiche non dà valore alla ricevuta fiscale? In un Paese dove tutte le spese sono deducibili vi è maggiore chiarezza, e solo così possono diminuire tangenti e intrallazzi perché anche lo Stato ci deve dimostrare con chiarezza dove finiscono i nostri sudatissimi soldi. Mariuccia Condorelli Trivero Presidente Associazione Albergatori Loano I week end con la figlia Ho letto con estremo interesse l'articolo di Luigi Manconi sulla prima pagina de La Stampa del 9 dicembre e vorrei mettere in luce l'altra faccia della medaglia riguardante il rapporto tra padri e figh nella separazione. Tre anni fa mia moglie chiese la separazione ed il presidente del tribunale nel provvedimento di autorizzazione ha «naturalmente» affidato nostra figlia (che allora aveva 4 anni) a mia mogbe oltre a definire un assegno di mantenimento elevatissimo (praticamente uno stipendio di un impiegato medio) poiché mia moglie non lavorava ed io ero dirigente industriale, quindi a reddito trasparente. Mi fu consentito di vedere mia figlia un weekend ogni due dal sabato mattino alla domenica sera. Da allora la mia battaglia a colpi di ricorsi è stata tutta incentrata sulla richiesta di poter vedere più spesso mia figlia, contro l'uso comune che vuole l'automaticità dell'affidamento del minore alla madre (e posso anche capirlo data l'età), ma anche contro la rigidità dei tempi concessi al padre (sono già prestampati sul provvedimento del presidente) se non c'è, come nei mio caso, l'assenso della madre ad estenderli. Finalmente nell'ultima seduta il giudice, di fronte alle mie richieste, mi ha concesso un insignificante incremento delle visite a mia figlia, anticipando dal sabato mattina al venerdì sera la possibilità di vederla, ma per un periodo di prova (!) soggetto a relazione da parte della madre sugli effetti eventualmente deleteri (!?) che tale provvedimento avrebbe avuto. Una siffatta linea di comportamento da parte del giudice, apparentemente prudente, ingenera di fatto la prevaricazione totale da parte della madre affidataria che utilizza lo strumento affettivo per delle vere e proprie «rapine a figlio armato» per ottenere vantaggi economici, in cambio di quel bene prezioso per me che è la possibilità di avere mia figlia il più spesso possibile. Contro questo sistema estorsivo dovuto all'interpretazione della legge a senso unico, per proteggere il lato debole (la donna) che in alcuni casi non lo è, vorrei chiamare a far sentire la propria voce tutti quegli uomini che si trovano in questa situazione e portare all'attenzione dei signori giudici questa situazione affinché possano interpretare con più attenzione le varie casistiche di separazione. Un'ultùna parola sulla questione economica: è mai possibile che per la legge una donna laureata, giovane, debba essere mantenuta a vita se non troverà un lavoro? E' evidente che tale lavoro sarà ben difficilmente «trovato» se la legge può consentire di essere mantenute per sempre, e non entro un termine ragionevole (5 anni?) come per la cassa integrazione. Ma siamo proprio sicuri che sia costituzionale una simile legge? Renato Filippa Nichelino (To) Le difese del Tiepolo In merito all'articolo su La Stampa del 15 dicembre 1993, Furto con sfregio per un Tiepolo a firma di Mario Lollo mi sono state attribuite alcune dichiarazioni distorte, che vorrei precisare come segue: a) Non ero in grado di fornire né cifre né determinare il numero degli impianti in funzione e/o in corso di installazione all'infuori di quelle che sono, attualmente, le mie attribuzioni per così dire «territoriali», quale collaboratore del Soprintendente: è, purtroppo, evidente che nella chiesa di Santa Maria della Fava, nel sestiere di Castello, del quale mi occupo, non esisteva, almeno in funzione, un impianto di antintrusione; b) avevo, tuttavia, precisato in proposito che, indipendentemente da un accreditamento totale o parziale di fondi da parte del competente ministero, un finanziamento per la protezione di alcuni edifici era stato effettivamente approvato anche se, avevo aggiunto, non tutte le richieste avanzate dalla Soprintendenza erano state evase. Sandro Sponza Soprintendenza Beni artistici e ambientali, Venezia L'Opus Dei e Berlusconi Nell'articolo di Maurizio Tropeano pubblicato a pagina 5 della Stampa del 17 dicembre, si afferma che io non scendo direttamente in campo accanto al Cavalier Berlusconi, ma lo difendo in un editoriale di Studi cattolici, «rivista considerata vicina alla potente Opus Dei». Nell'occhiello del titolo, ecco il cortocircuito: «L'Opus Dei "benedice" Berlusconi». Inoltre, nell'organigramma intitolato «Tutti gli uomini del presidente», il mio nome figura tra i «sostenitori», con, tra parentesi, la qualifica «Opus Dei». Ancora una volta devo precisare che richiamare l'appartenenza all'Opus Dei nel parlare delle libere attuazioni di uno dei suoi membri in campo poli tico, economico, culturale, sociale è incongruo e fuorviarne, dato che, come dovrebbe essere arcinoto, l'Opus Dei ha compiti esclusivamente spirituali e non solidarizza con l'attività dei suoi membri nei campi sopra ricordati. Ciascun membro dell'Opus Dei agisce da cristiano, libero e responsabile, attento al magistero del Papa e dei vescovi. L'Opus Dei non ha mai dato e non darà mai indicazioni in quei settori. Inoltre Studi cattolici non è né vicina né lontana dall'Opus Dei come da nessun'altra istituzione cattolica: è di orientamento cristiano e pluralista anche al suo interno. Nell'organigramma della Stampa, pertanto, se il mio nome lo si voleva comunque ficcare, esso andava, semmai, nel riquadro degli «intellettuali», senza altro titolo di rappresentanza. Chiedo di pubblicare integralmente questa precisazione, ai sensi delle vigenti leggi sulla stampa, anche per riguardo agli altri membri dell'Opus Dei che hanno, con buona pace e allegria di tutti, idee politiche diverse dalle mie. Cesare Cavalieri Direttore di Studi cattolici Gli assunti di Panorama Vedo su La Stampa, a pagina 5, col titolo Silvio riabilita Panorama che l'ufficio stampa della Fininvest avrebbe «già smentito l'articolo dell'Europeo» che conteneva l'affermazione, fatta da Berlusconi, «che 15 dei 18 assunti dal newsmagazine di Segrate nell'ultimo periodo sono comunisti». La Fininvest, almeno fino a oggi, non ha smentito nulla direttamente con l'Europeo. E del resto c'è ben poco da smentire: l'articolo in questione riportava fedelmente la cronaca di una cena ad Arcore di Berlusconi con alcuni possibili candidati per il partito «Forza Italia», così come ricostruita in prima persona, con nome e cognome, da uno degli ospiti, il dottor Bruno Condi di Napoli. Lamberto Sechi, direttore dell'Europeo

Luoghi citati: Arcore, Loano, Napoli, Segrate, Venezia