Pronto un libro manca soltanto chi lo pubblichi

Pronto un libro manca soltanto chi lo pubblichi lettere AL GIORNALE La donna può essere carnefice, e Gesù può nascere in autunno La violenza femminile Raramente capita di imbattersi in una vicenda di violenza femminile a danno di un uomo. Eppure succede anche questo. E' una violenza meno appariscente, più pungente, più profonda, più dolorosa. Ed è una storia dei giorni nostri che si svolge qui a Torino, tra due persone della media borghesia, anonime e tranquille. Antonella, 27 anni, laureata in pedagogia, figlia unica di due impiegati, lascia Marco, 35 anni, impiegato, dopo una relazione di quattro anni e mezzo, alla vigilia di una scelta importante: l'acquisto della casa dove andare ad abitare insieme ai genitori di lei. E fin qui è tutto normale; storie come queste sono frequenti. Capita tutti i giorni che una storia d'amore finisca per i più svariati motivi, per noia, perché lui o lei hanno sentito di non provare più nulla per l'altro o per l'opposizione dei genitori. Ma non per paura! La donna, la psicologia della donna, il mondo della donna è completamente diverso da quello di un uomo: è un mondo più intimo, più raccolte, ma proprio per questo più sottile, capace di «ferire» più in profondità, di «violentare» con maggiore violenza, fino al punto di spingere al suicidio. E quando una donna ha paura è capace di diventare aggressiva, di odiare, di minacciare denunce, ma anche di fuggire, di alterare la realtà e di apparire come «la vittima». E' il segno di questi tempi. Valori quali l'amore, il rispetto, la tolleranza, la pazienza e la disponibilità hanno lasciato il posto al culto dell'immagine, ai pezzi di carta, alla fuga ed alla delega; il coraggio e la responsabilità saranno degli optional e storie come questa non faranno più notizia: diventeranno storie di ordinaria paura. Lettera firmata, Torino Oppressione non è sterminio Ho letto le importanti osservazioni della signora Deborah Fait di Bolzano, che, su La Stampa del 12/12/93, commenta la lettera dell'8/12/93 delle insegnanti di Chieri: I. Care, S. Giglio ed M. Bodrato, ricavandone l'impressione di un «odio strisciante contro gli ebrei». Come membro di Amnesty International oggi, come collaboratore, se pur marginale perche ancora giovanissimo, della Resistenza contro i nazi-fascisti, sento iniimamente la necessità di non lasciar cadere nel mare magnum dell'indifferenza, questo confronto veramente importante e coinvolgente, fra le persone suddette. Il tema, come ben si comprende, appare di una delicatezza estrema, direi struggente ed angosciante, perché fondamentalmente si ispira al supposto suicidio di Primo Levi, splendida figura di uomo dotato di una carica spirituale eccezionale, che, dicono le insegnanti, sei anni fa si tolse la vita «forse» perche deluso che a Gerusalemme il suo popolo opprimesse i palestinesi come ieri i nazisti avevano oppresso gli ebrei. Ovviamente il discorso su questo assunto meriterebbe molto più spazio... Limitiamoci per ora ad affermare che oppressione e sterminio non sono sinonimi. Ho avuto il grande onore di conoscere Primo Levi ed, in occasione della sua morte, ho sentito il parere di persone che gli erano molto vicine, persone non appartenenti alla comunità ebraica, per cui ritengo fantasiosa l'ipotesi delle signore insegnanti di Chieri (le prime due affermano di esprimersi per i loro allievi!). Dunque, cari ragazzi, nessuna prova sicura vi fu del suicidio, anzi, l'ipotesi di una disgrazia causata da un malore in persona notoriamente debilitata dalle efferate torture materiali e morali subite nei-campi di sterminio nazisti, fu tenuta in seria considerazione dai medici e dalla polizia. In ogni caso apparirebbe stupefacente il voler attribuire a Primo Levi una motivazione così specifica per un ipotetico suicidio. E' giusto che i nostri ragazzi si documentino sul genocidio del popolo ebreo da parte dei nazi-fascisti, orribile e sciagurata pagina di storia che, mai, nello scorrere dei secoli, potrà essere cancellata dalla mente e dal cuore degli uomini «liberi». Sarebbe però anche giusto che nessuno si arrogasse il compito di suggerire ai nostri ragazzi un'analisi storico-filosofica dei fatti che appare (e non solo all'osservazione degli Ebrei superstiti) lontana dalla verità e sospetta di una qualche manipolazione. dr. Secondo Guaschino Non è Natale per tutti Che Gesù non sia nato il 25 dicembre, ma in un imprecisato giorno di ottobre, e che il Natale sia la cristianizzazione della festa romana dei Saturnali, durante la quale era in uso scambiarsi regali, credo ormai lo sappiano tutti, o quasi tutti. Celebrare o no la festa che associa Gesù alla mitologia e al paganesimo 6 una scelta personale. Questa libertà di scelta non trova però completo esercizio nelle scuole elementari ove, in questo periodo, recite, canti, teatrini e festicciole (oltre a sottrarre tempo prezioso ai programmi di studio) costringono gli alunni non cattolici a fastidiosi spostamenti da un'aula all'altra durante le elaborate prove delle rappresentazioni natalizie e ad uscite anticipate o rientri posticipati per evitare il coinvolgimento nello spirito tutt'altro che laico che pervade le scuole in questo atipico periodo dell'anno scolastico. Perché ancora una volta i «diversi» devono essere discriminati? Dal momento che si tratta di attività di natura prettamente confessionale, perché non provare a rappresentare le recite natalizie nelle ore di religione, ad esclusivo uso degli studenti che hanno scelto di avvalersene? Mi domando che accadrebbe se ad un insegnante non cattolico venisse in mente di far rappresentare alla classe una celebrazione no a cattolica, costringendo gli allievi che non la condividono a cambiare aula! Perché agli insegnanti cattolici è consentito di organizzare a scuola festività religiose fuori dall'ora di ieligione? Solo perché gli allievi e i loro genitori sono in prevalenza cattolici? Se è così, ancora una volta ci troviamo in presenza di una tipica discriminazione dettata dalla volontà della maggioranza. Alberto Bertone Moncalieri (To) Quei tecnici venuti da Genova Abbiamo letto con sorpresa la cronaca di Osvaldo Guerrieri della «prima» de L'affare Makropulos avvenuta al Carignano la sera del 9 dicembre. Da quanto Guerrieri scrive si deduce che si è trattato di una serata funestata da una serie di imperfezioni al limite della catastrofe (visto che si ricorda Waterloo...). Guerrieri, è vero, cita i bravissimi tecnici del Teatro Stabile di Torino, e di questo elogio essi lo ringraziano. Debbono, tuttavia, far notare che lo spettacolo è affidato, per quanto riguarda la sua esecuzione, alla squadra dei tecnici del Teatro Stabile di Genova, coproduttore dello spettacolo, e che il Teatro Stabile di Torino contribuisce, sotto questo aspetto, solo con alcuni apporti del suo personale. Quel che riesce più inaccettabile è l'osservazione, o la rivelazione, circa la «pazienza» e la «rassegnazione» del pubblico. Chiunque fosse stato seduto nella sala del Carignano avrebbe avvertito non altro che l'impazienza abituale quando si tratta di ritardi dovuti a qualsivoglia ragione. Ma descrivere la serata di giovedì come una manifestazione di scontentezza generale sembra davvero troppo. E anche gli incidenti tecnici che indubbiamente si sono verificati non sono poi così rari in teatro e ad una prima. Vogliamo elencarli? Un ritardo di mezz'ora sull'orario di inizio; i capricci di un sipario, capricci anche un poco misteriosi visto che aveva funzionato fino a qualche minuto prima - e del resto la squadra tecnica si è trovata a fare i conti con un palcoscenico di altra dimensione, come, onestamente, rileva Guerrieri. Del resto ci sono state altre prime, nella nostra memoria, funestate da incidenti che non influirono certo - né potevano influire sul valore dello spettacolo. Un refuso, nella stampa di un articolo, ne inficia forse il valore? Non crediamo proprio. Ci chiediamo poi come possa Guerrieri, dopo aver parlato di «approssimazione», riferire di una «festa interminabile». Ci sembrano, le due cose, difficili a conciliarsi. Come potrebbe l'approssimazione dare un esito interminabilmente festevole? I Tecnici del Teatro Stabile di Torino