«Leggo Dante in tv contro quiz e varietà»
Gassman, dalla Bibbia alla Commedia Gassman, dalla Bibbia alla Commedia «Leggo Dante in tv contro quiz e varietà» Quaranta le trasmissioni: un canto per puntata «in quest'Italia infernale» ROMA. Parla Vittorio Gassman che da ieri è su Raiuno con il ko-1 lossal «Abramo» e da stasera legge la «Divina Commedia» alle 22,25. Gassman, lei leggerà la Divina Commedia in tv e scriverà articoli sull'Italia di Dante e quella di oggi. Perché? «Sul Corriere della Sera farò quaranta righe al massimo in cui non spiegherò i contenuti dei canti della Divina Commedia. Questo lo faccio già nella trasmissione. Ho preferito fare io stesso i commenti invece di ricorrere ad esperti letterati perché vorrei che avessero un tono confindenziale. Tenterò di avvicinare Dante a un vasto pubblico». Come? «Attraverso 40 incontri, un canto per puntata. Comincio oggi in seconda serata. Nella prima parte la trasmissione andrà in onda il lunedì; da gennaio ogni due settimane. La lettura del canto dura 12 minuti, per non essere noiosa». Perché ha scelto Dante? «Perché è il vero "pop", il valore maggiore che abbia la nostra cultura. Nel mondo Dante è più conosciuto della Ferrari e della Loren. Tanto è vero che a Los Angeles, ci sono almeno cinquanta pizzerie che si chiamano "Dante's Inferno"». Come si è avvicinato a Dante? «Quatto quatto, passo passo. L'ho studiato bene al liceo Tasso di Roma. Il mio professore leggeva Dante stupendamente e all'Accademia il mio maestro di dizione poetica mi fece studiare intensamente i suoi versi». Chi sono oggi i poeti in Italia? «Ci sono voci importanti come Luzi e Giudici, c'è un gruppo a Milano, Manacorda, Lateresino». Cosa accomuna l'Italia di Dante a quella di oggi? «Dante ha inventato la lingua e tutti i contenuti dell'impegno civile: dalla storia alla filosofia, alla geometria, all'architettura. La cultura dantesca è un buon contenitore per ogni epoca. Quasi tutto è indicato». Come giudica quest'Italia? «E' infernale. Regnano prepotenza, arroganza, corruzione, disgusto. Vittorio Sermonti nei suoi commenti sulla Divina Commedia dice che Dante sembra riferirsi all'Italia dei nostri giorni. Ecco perché Dante è universale. Dante è sempre stato il mio poeta. Ho inciso Dante per la Cetra già quarant'anni fa». Lei è stato molto amico dei socialisti... «Sì, ma ho rifiutato ogni intervento diretto. Mi sono molto arrabbiato con loro, non con il socialismo nel quale ho creduto. Ma un conto è l'idea del socialismo e un altro sono gli uomini che l'hanno applicato terribilmente male». E' contento di fare un programma televisivo? «Sì, e devo dire che la Rai ha accollo subito la mia proposta contro la corrente demagogico-ferina dei quiz o dei varietà senza senso. Non mi illudo di fare degli ascolti oceanici, ma spero di avere un vasto pubblico». Che progetti ha per cinema e teatro? «Dante mi ha un po' viziato. Quattro, cinque mesi così intensi mi hanno provocato sussulti interiori. Ho avuto anche un'altra fase depressiva che poi ho superato. Ormai non ho voglia di ripetere le solite tournées. Ne ho già fatte troppe in cinquantanni». Scriverà altri libri? «Ho terminato da una settimana una commedia che mi è stata richiesta e che debutterà al Festival di Spoleto in giugno. E' una commedia stramba. Smaccatamente autobiografica, mascherata da invenzioni. Ci sono citazioni di altri autori e poi cinque o sei zone in cui fa capolino l'improvvisazione, ma su temi prefissati. E' una commedia sperimentale, grottesca, s'intitola "La guerra del camper", il sottotitolo è "Rima atipica con lazzi". I personaggi sono un padre, un figlio e una ragazzina». Che rapporto ha con suo figlio Alessandro? «Intenso. La paternità mi ha sempre toccato molto da vicino anche in teatro. Io però dei figli non capisco un tubo. Cerco di prenderli attraverso il gioco». Quale sarà il futuro dell'Italia dei suoi figli? «Non so, ma resto un ottimista. Credo che la giovane generazione ha in mano un quaderno da incominciare. Speriamo che lo cominci bene. Per quanto mi riguarda, potrei ritirarmi ma ho voglia ancora di rompere le scatole con progetti utili. Il teatro dovrebbe avere anche un risvolto sociale». In conclusione? «La carriera di Vittorio Gassman è forse terminata, ma mi viene un'idea birichina. Mi piacerebbe cambiare nome, agire come avessi una maschera. Sceglierei un nome un po' stronzo, da foglio rosa. Per esempio: Rimoaldo De Florentis». Alain Eikann Gassman: «Mi piacerebbe cambiare nome, agire come avessi una maschera. Sceglierei un nome da foglio rosa. Per esempio: Rimoaldo De Florentis».
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