Dal potere alle corna Così muore un impero

™» ss Dal potere alle corna Così muore un impero UNA DYNASTY ALL'EPILOGO SE c'è un destino nei nomi, in quello di Lucilla Torbidoni si può forse leggere tutta la storia di Claudio Vitalone, prima magistrato e poi politico, passato in un attimo dal governo alla polvere, dal potere alle sabbie mobili dei guai. Lucilla Torbidoni è stata per vent'anni la moglie «da manuale» dell'ex ministro Claudio, l'ultimo baluardo di un impero che stava per sgretolarsi sotto i colpi delle inchieste giudiziarie. Inizi di ottobre, pochi giorni dopo che il «Big Ben» aveva cominciato a suonare per la premiata ditta «Vitalone brothers» l'ora del tramonto e della fine. Lucilla annuncia: «Ho chiesto la separazione legale da mio marito Claudio». Nessuna presa di distanza dai suoi presunti trascorsi criminosi, nessuna sconfessione, per carità. Il motivo è più prosaico, e sotto certi aspetti più umanamente drammatico e risponde al nome di una signorina impiegata all'Istituto per il commercio con l'estero che, come è scritto nel gelido linguaggio delle carte processuali, «ha iniziato con il dottor Vitalone una relazione adulterina sottraendolo all'affetto dei suoi cari». Per la «macchina da guerra» dei fratelli Vitalone, abituati ad apparire e a nuotare nel grande mare dell'Andreottismo, questo elementare caso di corna deve essere stato il colpo del ko. Lei confessa: «La separazione è tristemente vera, ma io sono innamorata di mio marito». Anzi lo difende: «E' tutta colpa di una segretaria dell'Ice, un'arrampicatrice sociale. Si è insinuata nella nostra vita». Poi alza il velo su questo esempio da manuale di «vizi privati e pubbliche virtù»: «Mi sono rivolta ad un investigatore, ho registrato le telefonate. Di fronte a me la signorina gli dava del "lei", al telefono gli dava del "tu", gli diceva "Stringi i denti, amore". Quando ho sentito mi è crollato il mondo». Il mondo degli affetti, non quello della politica. Ripete: «In Claudio, come uomo di governo, credo ancora. Come marito no». Lucilla è forse il personaggio chiave nella storia pubblica dei Vitalone, di Claudio, ex ministro, e del fratello Wilfredo, avvocato, che alla fine degli Anni Ottanta avevano fatto dell'«apparire», dell'«avanzare» un comandamento e una fede. Lucilla sembra essere la migliore p.r. di questo piccolo clan che prospera sotto le ali di Andreotti. «Organizzo tè, riunioni, mostre di be¬ neficenza, amo ricevere la gente in modo semplice con piatti e bicchieri di carta», amava ripetere. Una verità di carta, che si scontra con i pettegolezzi romani. Cioè cene con vasellame di pregio, tovaglie «prese in prestito da grandi negozi di biancheria» al grido «così vi faccio un po' di pubblicità». Solo pettego- lezzi? Forse. Come quelli che raccontavano di abiti «presi in prestito da alcuni stilisti romani». Certo che in fatto di pubbliche relazioni Lucilla è sempre stata abile, mettendo la sua arte al servizio del marito. Fin da quando Claudio, ex commissario di polizia, iniziava a fare il magistrato, lei gli organizzava cene e feste, facendolo entrare nei santuari del potere, nelle ville dei Caltagirone e dei Ciarrapico. E nella politica, sotto il segno di Andreotti. Il dottor Claudio viene «fatto eleggere» senatore nel 1979, giù nel Salente, contro il vescovo monsignor Mincuzzi e alcune centinaia di preti. Dicono di lui: «Utile quant'altri mai alla de e a Andreotti nelle numerose commissioni parlamentari d'inchiesta, gli atti mandati a memoria come un robot, la procedura impugnata come una sciabola affilatissima, l'oratoria ridondante, l'astuzia promossa a dimensione primaria dello spirito». Il risultato e la logica conseguenza? Una poltrona da ministro. E mentre Claudio si fa onore nella magistratura e nelle poetica, il fratello Wilfredo scala le vette della professione forense, diventando l'avvocato di inquisiti importanti: i Caltagirone, Nino Rovelli, Roberto Calvi. E collezionando i primi guai, quadri miliardari, attici da favola. Quegli stessi paradisi e guai che colleziona il fratello Claudio, sotto l'ombra della fedelissima Lucilla, che si accontenta della carica di vicepresidente della Cri di Fresinone. Si ritorna così alla signora Torbidoni, sempre infaticabile nel proiettare a cene, feste, ricevimenti l'immagine di un matrimonio a prova di tutto, da mostrare, esibire, festeggiare alla grande (un esempio? Le nozze d'argento erano state celebrate nell'esclusivo collegio di San Giuseppe, a Piazza di Spagna, sotto l'occhio di fotografi e grandi invitati). Fin quando venne quella signorina dell'Ice. Un guaio, per Lucilla, peggiore di Pecorelli. Luigi Sugliano Claudio in disgrazia lasciato dalla moglie E Wilfredo è indagato Nella foto grande Claudio Vitalone assieme alla moglie Lucilla. A fianco il fratello Wilfredo

Luoghi citati: Caltagirone