La Liga tra moglie e marito di Fabio Martini

La Liga tra moglie e marito La Liga tra moglie e marito Rocchetta & €., tutti i veleni in famiglia IL CASO SEPARATI DALLA POLITICA ROMA. Certo, l'amore era sfiorito, il giudice li aveva separati, ma quei due, la Marilena Marin e suo marito Franco Rocchetta, ripetevano: «Politicamente siamo sempre insieme!». E due mesi fa, davanti al tribunale che li aveva separati, la Marilena era stata anche spiritosa col suo Rocchetta: «Vbtó el boxo? Toh!». Ma ora basta, la Marilena non ci sta più. Il suo Franchetto, il suo ex, ha scaricato Bossi e allora, lei, una giunonica signora vicina al quintale, segretaria della Liga Veneta, fulmina così il suo ex: «La Liga non accetta il metodo di Rocchetta, non si fa politica con le battute. Oggi polemizza perché non è stato candidato sindaco di Venezia, ma forse con lui avremmo potuto perdere anche di più!». Velenosetta la Marilena (e il suo Franchetto non scherza), ma le liti in famiglia, i «parenti serpenti» sono una delle più rigogliose tradizioni della polìtica italiana. E le ultime elezioni, così personalizzate, hanno fatto da detonatore, hanno smosso sentimenti e vecchi risentimenti. E così, ecco l'architetto Marcello Rutelli, padre di Francesco, confessare a Gente: «Volevo un futuro diverso per mio figlio e alle elezioni di Roma ho espresso una preferenza, sulla quale mantengo il riserbo...». Quasi una dichiarazione di voto per Fini (poi peraltro smentita), accompagnata da questo giudizio sul figlio: «Lo sconsigliai a correre da sindaco - racconta papà Rutelli, 72 anni - ma lui se la prese a male, era troppo suggestionato dai consigli di Occhetto e probabilmente da quelli di sua moglie, una donna affascinante e intelligente, che con mio figlio si comporta come un carabiniere». E la vittoria trionfale di Massimo Cacciari a Venezia non deve essere andata giù al fratello Paolo, consigliere veneto di Rifondazione comunista. Ai cronisti che lo stuzzicavano, Paolo ha dichiarato ad alta voce il suo sogno: vedere il fratello Massimo in catene. Proprio così. Dice Paolo: «Si incateni in Regione per la città metropolitana, lo aveva promesso, perché non lo fa?». E per chi non avesse capito l'antifona, così, tanto per mantenere le distanze, Paolo il caldo chiama il fratello per cognome: «Cacciari comincia male: non ha tenuto conto di alcune nostre proposte sulla giunta, Cacciari ci deve dire se ci considera dei lebbrosi!». Cacciari contro Cacciari, e poi Sofia Loren che all'indomani del voto prende le distanze dalla «nipotissima» Alessandra Mussolini, accusandola pure di aver strumentalizzato la foto di un loro recente incontro: ecco gli ultimi incrociar di sciabole delle tante Dynasty della politica italica. Memorabile quel De Mita contro De Mita, nell'anno di grazia 1988. Ciriaco era presidente del Consiglio, il potere demitiano in Italia e nel mondo irpino era all'apice, e invece cosa ti succede? Che il nipotino Giuseppe si ribella allo zio. Ma guarda, proprio lui, che fra tutti i De Mita era quello che sembrava coltivare meglio la vocazione politica, se non altro per quel modo di parlare, per quella calata così si- mile a zio. Giuseppe diventa sindaco di Nusco, Ciriaco si infuria e la «tragedia» familiare culmina come nessuno avrebbe potuto immaginare. In un comizio zio Ciriaco attacca Giuseppe e l'emozione è tanta che alla fine si mette a piangere. Per non parlare poi di quello «sciupa-famiglie» di Achille Occhetto: con la sua trovata della «svolta» - era l'autunno del 1989 «Achei» ha spezzato a metà tantissime famiglie comuniste divise tra «sì» e «no», ha stimolato memorabili mal di pancia, al punto che la psicologa Gianna Schelotto fu «costretta» a confessare la crisi sulla prima pagina dell'Unità in un articolo che era titolato così: «Lei del Sì, lui del No, si separano». E un anno fa si sono accapigliati Giacomo Mancini e suo figlio Pietro che voleva un posto in lista: «Toccava a me». E il vecchio leone: «Ma no, le candidature non si trasmettono». E Pietro: «La tentazione di non votarlo ce l'ho avuta...». Fabio Martini

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