Dall'atletica al Palazzo

Dall'atletica al Palazzo Dall'atletica al Palazzo La lunga ascesa dell'uomo in grigio sempre all'ombra della sinistra de TORINO. «Hanno arrestato Pagani? Chi il ministro?». «No, il segretario di Bodrato». Diàlogo colto al volo, nel giorno festivo, nel bar torinese sotto la sede della de, un tempo luogo d'incontro tra notabili: per un caffè, per l'accordo dell'ultimo minuto tra le diverse correnti dell'arcipelago scudocrociato. Adesso, nel crepuscolo democristiano, il locale è quasi deserto. Marcello Pagani non è mai stato segretario di Bodrato, ma nella cittadella sbrecciata della de è considerato ancora l'«alter ego torinese» dell'ex ministro dell'Industria. Era lui che si occupava degli aspetti organizzativi della rivista «Il Confronto», ossia del periodico dell'ala sinistra «bodratiana» com'è definita sotto la Mole la formazione più fedele, alla «buonanima» di Benigno Zaccagnini «dai tempi di Aldo Moro. Prima, durante e dopo la strage di via Fani» dicono coloro che ancora credono, nonostante tutto, alla resurrezione del Biancofiore. Alto, asciutto, 62 anni, gessato grigio o mise sportiva, Marcello Pagani appare nel dopoguerra scudocrociato come un personaggio di poche parole, ma molto attivo. Negli Anni 60 è al vertice della squadra nazionale di atletica, commissario tecnico sino al 1969 quando, con l'avvento alla presidenza di Primo Nebiolo, viene sostituito da Bruno Cacchi. «Cacchi è un amico» si limita a commentare all'epoca Pagani che, nel frattempo, ha assunto la guida della «Snia-Libertas», la squadra femminile più forte d Italia, dove gareggia Paola Pigni che poi diventa la «signora Cacchi». «Pagani è la concretezza e la discrezione fatte persona» sostengono gli amici e i collaboratori che con lui hanno affrontato tante battaglie democristiane, soprattutto in Piemonte, nelle campagne elettorali di Donat-Cattin, di Bodrato, della sinistra democristiana, nei congressi con¬ tro «l'eterno nemico doroteo». Poi al vertice della segreteria regionale del partito, incarico che ha tenuto sino alle elezioni dello scorso f;iugno. Dopo la sconfitta è 'unico che si dimette sperando - invano - nell'avvio di un dibattito chiarificatore sulla crisi del partito. L'arresto di Marcello Pagani nella vecchia sede torinese della de è accolto con incredulità. «Ha avuto 300 milioni da Sama? Ma per che cosa?» domandano nel giorno dell'Immacolata gli attivisti di un partito che, dopo il voto di domenica, quasi sparisce dai Comuni della cintura torinese. Pagani un affarista? Gli «amici» ricordano che lui ha avuto pochi incarichi nel sottogoverno monopolizzato negli anni da de e psi. Sino al recente rinnovo, è stato nel consiglio di amministrazione della Sipra, la «pubblicitaria» della Rai: niente di più. Ma oggi i giudici di «Mani pulite» accusano proprio lui, il più stretto collaboratore di Guido Bodrato, di aver ricevuto 300 milioni da Sama. Una cifra che sarebbe stata offerta a Pagani come direttore editoriale del «Confronto», il «foglio» dell'area Zaccagnini. «Non so nulla - dice Guido Bodrato -. Non ho mai seguito gli aspetti amministrativi della rivista. Mi sono occupato della linea politica, ho scritto articoli. Comunque non mi risulta che Sama abbia versato quei soldi a Pagani o a chi per lui». A Torino l'equazione Pagani-Bodr'ato appare facile. Ci sono voci che la procura di Milano abbia invitato alcuni parlamentari (tra i quali Bodrato) a presentarsi per testimoniare. L'ex ministro nega: «Non ho ricevuto nessun "invito" dai giudici milanesi. Quando mi chiameranno mi presenterò per dire quello di cui sono a conoscenza. Sono tuttavia convinto che la vicenda giudiziaria di Marcello Pagani si risolverà presto e nel migliore dei modi». Giuseppe Sangiorgio

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