Figli traditi dall'ex papà di Luigi Marconi

Venturi separati su cento si rifiutano di vedere i loro bambini Venturi separati su cento si rifiutano di vedere i loro bambini Figli traditi dall'ex papà VENTUNO padri su cento, due anni dopo la separazione coniugale, non vedono mai o quasi mai i propri figli; e quando una qualche relazione viene mantenuta, si tratta di un rapporto esile, che assegna al figlio la condizione di ospite in casa del padre. O di interlocutore occasionale: il 55% dei figli di separati non dormono mai in casa del padre; assai pochi dispongono di una camera, di uno spazio, di un cassetto, che consenta loro di non sentirsi totalmente estranei. Sono, questi, alcuni dei dati che emergono da una ricerca condotta da Chiara Saraceno e Marzio Barbagli su un campione di 956 coppie di separati con figli minorenni. Emerge nettamente come, a con- dizionare la possibilità di intrattenere relazioni assidue coi figli, siano due variabili sociali classiche: ovvero il grado di istruzióne e la collocazione territoriale. Chi ha un minore livello di scolarità e risiede in aree geografiche di cultura tradizionale - dove, pure, dovrebbe essere maggiore la «presa affettiva» del rapporto familiare mantiene una relazione meno intensa con i propri figli. Qui, evidentemente, si rivelaben più condizionante il peso dei modelli familiari. E, dunque, alla madre si delega non solo la cura dell'educazione, ma anche - tutto intero l'investimento affettivo. Al padre resta (se pure resta) un ruolo d'autorità, distante e inevitabilmente sconosciuto. Sono dati sgradevoli, dunque, quelli segnalati dalla ricerca della Saraceno e di Barbagli; e che assestano un ulteriore colpo - come se ce ne fosse bisogno - alla cultura laico-progressista e alla sua concezione della famiglia e delle relazioni tra gli individui. Quella cultura ha ritenuto che - per motiva¬ re diritti civili come il divorzio e normative per la parità di garanzie tra uomo e donna - si dovesse offrire una rappresentazione esclusivamente ottimista della crisi dei ruoli familiari tradizionali; e di ciò che quella crisi, tra l'altro, produce (talvolta provvidenzialmente): crescita del numero delle separazioni e dei divorzi. Una coppia che si divide - diceva quella cultura - non mette in pericolo la relazione tra genitori e figli. Era, appuntò, un argomento «giustificazionista» e, come tale, superficiale. Quei diritti civili, beninteso, non devono essere messi in discussione in alcun modo: ci mancherebbe altro. E, tuttavia, questo non legittima una lettura futile - e sostanzialmente irresponsabile - del ruolo di genitore. La crisi coniugale, quando non si ricompone è, appunto, crisi. E produce crisi: ovvero fatica, dolore, vuoto affettivo. Maturità (anche laico-progressista) è saperlo. Luigi Marconi SERVIZIO A PAGINA 13

Persone citate: Barbagli, Chiara Saraceno, Marzio Barbagli, Saraceno, Venturi