Morto Don Ameche, l'anarchico svagata
Morto Don Ameche, l'anarchico svagata L'attore aveva 85 anni: si rivelò nel 1938 col film «La signora di mezzanotte» Morto Don Ameche, l'anarchico svagata Sembrava finito, poi arrivarono «Cocoon» e la Coppa Volpi HOLLYWOOD. L'attore Don Ameche è morto all'età di 85 anni. Don Ameche era di origine italiana e il suo strano cognome lo aveva inventato lui, scrivendo in grafìa inglese un nome che potesse pronunciarsi all'italiana «amici». Con Don Ameche scompare l'immagine poetica di una vecchiaia anarchica e svagata, riportata alla ribalta nell'85 da «Coccoli»: un film che dimostrò come l'esigenza di conciliazione con la morte è profondamente sentita anche in una cultura costruita sulla sua rimozione. Elevando a umoristico emblema della terza età Don Ameche, il regista Ron Howard ebbe un intuito felice: nel ruolo di un maturo Casanova che crede di aver trovato la fonte della perenne giovinezza, il settantasettenne attore conquistò l'Oscar come miglior attore non protagonista, tornando alla noto- rietà dopo un lungo oblio. Nato a Kenosha (Wisconsin), come Orson Welles, il 31 maggio 1908, l'oriundo italiano Dominic Felix Amici frequenta la facoltà di Legge senza grande profitto, visto che il suo interesse per la recitazione si manifesta nei tardi Anni 20, mentre è ancora studente, e fra teatro, vaudeville e molta ra¬ dio si arriva al '36, data deh'esordio nel cinema. Il primo applauso glielo assicura, affidandogli il personaggio di un pellerossa in «Ramona», il cineasta Henry King, che gli dà un consiglio prezioso: comportarsi nella finzione come nella realtà. Qualcuno osserva che la dritta risultò particolarmente valida per Ameche, più do¬ tato di personalità che di talento. Fatto sta che con la sua eleganza vagamente esotica, il baffetto, l'aria di giovanile energia, l'attore attraversò con grazia gli Anni 30 e 40, passando disinvoltamente da un genere all'altro: con una predilezione per i film dove c'era un cuore femminile da conquistare. Dei suoi 40 e più titoli citiano almeno due classici, i deliziosi «La signora di mezzanotte» (1938) di Mitchell Leisen (scritto da Biliy Wilder) e «Il cielo può attendere» (1943) di Lubitsch, ritratto di un seduttore che non si ferma neanche di fronte alla morte. Finché negli Anni 50 il cinema prende nuove direzioni, con altri personaggi e altre storie, e Ameche si deve in gran parte riciclare sul video. Poco male: forse è la temporanea assenza dal grande schermo che gli permette di iniziare una seconda carriera, persino più importante della prima. Quanti artisti hanno avuto tanta fortuna? Il tardivo rilancio ha un titolo, «Una poltrona per due» (1983) di John Landis, in cui Ameche impersona un capitalista avaro con un visibile divertimento che gli porta la scrittura in «Cocoon». In chiave di vecchio egoista, strampalato e catastrofico e pure tanto più esperto del figlio nella scienza della vita, l'abbiamo infine ammirato in quello che pensiamo sia stato il suo ultimo film «Guai in famiglia». Più di tutto ci sembra comunque giusto ricordare lo scomparso in «Le cose cambiano» (1988) di David Mamet, che gli guadagnò la Coppa Volpi alla Mostra di Venezia. Ci volevano il suo sguardo candido e il suo stile d'altri tempi per rendere credibile I j squisito paradosso esistenziale di un povero ciabattino che, accettando di finire in galera al posto di un mafioso perché gli è stata promessa in cambio una barca da pesca, ribadisce il primato dell'utopia e del sogno sulla realtà. Alessandra Levantesl Don Ameche era di origine italiana, il cognome era Amici, qui è in foto da giovane Don Ameche in una scena del film «Cocoon» di Ron Howard
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