Occhiali al telescopio

L'occhio» di Hubble rimesso a nuovo: verranno sostituiti anche giroscopi e pannelli solari L'occhio» di Hubble rimesso a nuovo: verranno sostituiti anche giroscopi e pannelli solari SI CORREGGE IL DIFETTO OTTICO Occhiali al telescopio L'astronauta fa l'operaio in orbiti LTATI cuiti di bordo. Ma l'intervento più atteso è l'installazione della nuova ottica per correggere l'aberrazione sferica derivante dalla non precisa lavorazione dello specchio principale. Per completare tutte le attività previste saranno necessarie ben 5 uscite extraveicolari Eva nel gergo della Nasa - con due squadre, ciascuna composta di due astronati, che si daranno il cambio per ottimizzare i tempi degli interventi. Altre due escursioni, non previste nel piano di missione nominale, saranno possibili in caso di necessità. Una volta portate a termine le riparazioni, lo shuttle riporterà Hst alla quota operativa, dove verrà rilasciato utilizzando, ancora una volta, il braccio manipolatore. Con Hubble di nuovo in orbita, le operazioni saranno gestite dal centro di controllo del Goddard che verificherà il funzionamento dei sistemi di bordo mentre lo shuttle si manterrà nelle vicinanze pronto a intervenire. Se qualcosa dovesse andare male durante questa verifica o se si dovessero presentare problemi insor¬ Il telescopio spaziale «Hubble» verrà agganciato con il braccio-robot e portato nella stiva aperta dello shuttle, dove gli astronauti procederanno a una manutenzione ordinaria e straordinaria per poi rimetterlo nella sua orbita montabili in una delle fasi della missione, un possibile scenario sarebbe quello di abbandonare la piattaforma di fissaggio del telescopio per reintrodurre Hst nella stiva dello shuttle e riportarlo a Terra. E' un piano di lavoro molto complesso che stabilirà un record nella storia delle attività extraveicolari. Per questo è stato selezionato un equipaggio composto di 7 veterani dello spazio, che sono stati sottoposti ad un addestramento molto impegnativo protrattosi per oltre un anno. Nulla è stato lasciato al caso. Nella piscina dove si simulano le attività extraveicolari è stato immerso un modello meccanico di Hst a grandezza naturale e gli astronauti hanno fatto innumerevoli esercitazioni sott'acqua, l'ambiente più vicino alle condizioni orbitali di assenza di gravità, acquisendo una grande familiarità con i compiti che eseguiranno in or¬ Perotto Hilia1 «gasasi ."li bita. Lunghe sessioni al simulatore del braccio robotizzato sono state necessarie per mettere a punto le manovre di aggancio e di rilascio di Hubble e per portare gli astronauti nelle posizioni previste per la manutenzione. Per una missione di questa complessità, che richiede un perfetto coordinamento tra gli astronauti impegnati nell'attività Eva ed il loro collega che controlla il braccio Rms dalla cabina dello shuttle, il training tradizionale non è sembrato sufficiente. C'era infatti l'esigenza di provare, a Terra, la complessa interazione fra i diversi membri dell'equipaggio e a tale scopo sono state introdotte, per la prima volta nella storia dell'addestramento di equipaggi dello shuttle, le nuo¬ ve tecniche di «virtual reality». Jeff Hoffman e Claude Nicollier hanno passato un gran numero di ore lavorando in un ambiente di realtà virtuale che includeva un'immagine tridimensionale dello shuttle, del suo braccio robotizzato e del telescopio spaziale. Grazie alla realtà virtuale, Hoffman, con addosso uno speciale visore, poteva vedere il telescopio come se si trovasse alla sommità del braccio manipolatore, e questa prospettiva veniva modificata quando Nicollier muoveva la rappresentazione tridimensionale del braccio Rms. Un training d'avanguardia per una missione che è vista con un po' di nervosismo da alcuni ambienti della Nasa. Anche se non è la prima volta che astronauti effettuano riparazioni in orbita, basti ricordare il volo Sts-49 che ha rimesso in funzione il satellite per telecomunicazioni Intelsat-VI, la missione di manutenzione di Hubble è percepita come un test importante della capacità di portare a termine, in orbita, operazioni complesse che richiedono prolungate attività extraveicolari. Se questo non si dimostrasse possibile, l'intero programma della Space Station, il cui assemblaggio richiederà operazioni ancora più complicate, potrebbe essere rimesso in discussione. Umberto Guidoni Agenzia Spaziale Italiana sidue possono essere eliminati: là centrale da essi proposta usa il ciclo del torio, ma si pone come obiettivo lo smaltimento totale dei rifiuti radioattivi che richiedono tempi geologici per diventare inattivi, per mezzo di metodi sia nucleari sia chimici. Il loro sistema è disegnato secondo parametri differenti, e risulta più complesso di quello proposto da Rubbia; merita però altrettanta attenzione, per i suoi ulteriori vantaggi. Le prospettive aperte da questi studi sono in ogni caso estremamente interessanti, e potrebbero davvero portare entro una decina di anni al nucleare pulito. Al Cern e a Los Alamos sono previsti nei prossimi anni esperimenti per verificare la validità dei risultati delle simulazioni. Per l'Italia questa sembra una occasione da non perdere per rimettere in piedi, al di là delle polemiche e delle strumentalizzazioni, una seria ricerca nel campo del nucleare. La posta in gioco è alta: l'indipendenza energetica del nostro Paese in un contesto di sicurezza e di rispetto ambientale. Se perderemo questa opportunità, rischiamo la paradossale situazione di andare a comperare domani all'estero una tecnologia «pulita» che potrebbe essere sviluppata in Italia, oggi. Roberto Battisteri Cern, Ginevra

Luoghi citati: Ginevra, Italia