MORAVIA lacrime per una traviata

INEDITO. All'asta a Londra quattro fascicoli di sceneggiature che lo scrittore realizzò per il cinema negli Anni 40 INEDITO. All'asta a Londra quattro fascicoli di sceneggiature che lo scrittore realizzò per il cinema negli Anni 40 MORAVIA lacrime per una traviata FROMA OGLI di carta ingiallita, battuti a macchina con una vecchia Olivetti. In un anI golo della copertina di cartoncino logoro, una scritta a mano: la signora dalle camelie, il titolo che ricompare sul frontespizio accanto al nome degli autori, Giacomo Pozzi Bellini e Alberto Moravia, e alla specificazione «Trattamento cinematografico per la Lux Film». Seguono altri tre fascicoli di sceneggiatura, di languidi dialoghi fra Armando Duval e Margherita Gautier, di scene lacrimevoli fra cui si snoda la storia della cortigiana d'alto bordo malata di tisi che por il bene dell'amato rinuncia alla passione che potrebbe salvarla, ma così si riscatta, e muore ritrovando l'amore perduto nel finale famoso che tutti conoscono perché e quello di Verdi, dove Violetta pallida e stremata dalla tosse, ormai morente, supplica Alfredo di amarla sempre. La Traviata di Moravia, scritta appena dopo la guerra, mai vista perché mai realizzata, come tante volte capita nel cinema. Chi lo sapeva che l'autore degli Indifferenti, apprezzato per la sua prosa secca e analitica, lo scrittore di cui pure era nota una qualche attività per il cinema negli Anni 30 e 40 avesse addirittura scritto una versione per il grande schermo del popolare, svenevole romanzo di Dumas figlio? Non lo sapeva nessuno finché i quattro fascicoli spiegazzati non sono saltati fuori da un misterioso cassetto di Firenze, sembra, e sono finiti ieri da Christie's, all'asta annuale dei manoscritti, inediti e libri rari. Messi all'incanto per 7-8 milioni di lire insieme ad altri tre volumi di un'altra sceneggiatura, tratta dalla commedia dialettale I pescatori di Raffaele Viviani dove il nome dello scrittore, le cui note manoscritte punteggiano il testo originale in napoletano, neppure compare per via delle leggi razziali che costringevano Alberto Pincherle a lavorare in incognito. Non lo sapevano neppure Adriano Apra e Stefania Parigi che per conto della «(Associazione Fondo Alberto Moravia» stanno per far uscire il volume Moravia al/nel cinema che è frutto di una ricerca meticolosa fra le meno note partecipazioni, collaborazioni, cosceneggiature dello scrittore, e propone la prima filmografia completa, da Centomila dollari di Camerini a Un colpo di pistola e Zazà di Castellani, alla collaborazione a Ossessione di Visconti. Fino ai più conosciuti film tratti da racconti e romanzi, come Il Provinciale di Mario Soldati, Il Conformista di Bertolucci, la. romana di Zampa o Gli indifferenti di Maselli, riproposti proprio in questi giorni a Roma per iniziativa del Fondo, alla multisala Giulio Cesare. Ai quali, invece, spesso non aveva neppure contribuito. Racconta Suso Cecchi D'Amico: «Moravia non teneva affatto a quel mestiere che aveva svolto per molti anni. Tanto che nella sua autobiografia-racconto a Alain Elkann non ne parla nemmeno. Frequentava casa di mio padre, dove di cinema si discuteva molto, e ne scriveva, non so se per necessità. Ma non è mai stato un vero sceneggiatore, come era Giacomo Debenedetti, anche lui costretto dalle leggi razziali a lavorare nell'ombra. Moravia no. La cosa non lo appassionava. Non aveva la pazienza. Ricordo ai tempi di Racconti romani: lo chiamammo, con Blasetti, ma, dopo il successo letterarie, smise. E anche dei molti film tratti da suoi scritti preferiva non occuparsi. Aveva sposato il detto di Hemingway "meglio non vedere neppure il film"». Casa Cocchi, dove ricevevano Leonctta o Emilio, che nei primissimi Anni Trenta aveva addirittura fatto il direttore della Cincs, contribuendo alla rinascita del cinema italiano coi Blasetti e i Camerini e un giovanissimo De Sica rubacuori. Quando il cinema era ancora un'avventura e letterati, vignettisti, fotografi e registi non erano ancora caste separate, la domenica andare nella bella casa dei Cocchi di corso d'Italia 17 fu un'abitudine per almeno due decenni. Si vedevano tutti lì, gli antifascisti. Umberto Barbaro e Mino Maccari, Mario Soldati e Alessandro Bonsanti, Montale e Vittorini. E il giovane Moravia con Elsa Morante, e Giacomo Pozzi Bellini che fra l'altro abitava alla porta accanto. Fotografo e regista, collaboratore del Mondo di Pannunzio e poi di Epoca, Pozzi Bellini nel '39 aveva vinto un premio alla settima Biennale di Venezia con un documentario etnografico d'avanguardia, Il pianto <ìp\le zitelle, poi vietato dalla censura. Già diviso fra Roma e Parigi, dove era diventato grande amico di Prévert, aveva sposato Silvia riccolomini, gentildonna senese che era stata grande amore di Moravia e fino alla sua morte ne custodì lettere brucianti. Fra donne, cani e bambini, parlavano di tutto, dai libri ai film, alla politica. «Intelligenti, popolani, toscani, semplici e niente volgari, l'opposto di oggi», se li ricorda JacI queline Pozzi Bellini, che allora era bambina e oggi vive ancora a Parigi. «Moravia? Non me lo ricordo un gran che simpatico. Aveva quel suo problema della gamba sifolina e lo faceva pesare. Ma di papà era amico. Venivano anche a Parigi, con Elsa. Poi diventato famoso, cominciò a frequentare salottucci e salottacci e gli amici se li dimenticò. Mentre Maccari per esempio con papà continuò a vedersi, fino a quando morì, due anni fa». Mario Soldati, che frequentava casa Cecchi e per la mitica Lux Film (la casa cinematografica di stile piemontese da cui uscirono Ponti e De Laurentiis) aveva realizzato Piccolo mondo antico con l'aiuto di Emilio Cecchi, contraddice quel ricordo infantile. «Moravia era simpaticissimo. Leale. Forse un po' violento, perché era severo nei giudizi, mai cattivo». Enzo Siciliano, che nel salotto Cecchi fece in tempo a entrare una volta, alla fine degli Anni 50, conferma lo scarso amore di Moravia per la sceneggiatura: «Quel lavoro gli dava fastidio. Non lo amava. Ma come lettore è stato sagace. Ci azzeccava sempre». Maria Grazia Bruzzone L'autore noto per la sua prosa secca e analitica alle prese con il testo «svenevole» di Dumas di DumMargherita Gautier in una vecchia stampa. Qui a fianco Suso Cecchi D'Amico, a destra Alberto Moravia in una foto giovanile in alto Alexandre Dumas figlio Margherita Gautier in una vecchia stampa. Qui a fianco Suso Cecchi D'Amico, a destra Alberto Moravia in una foto giovanile, in alto Alexandre Dumas figlio

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