Prodi vende il Credit con lo sconto

«Parte la public company, in Italia ci aspettiamo centomila nuovi azionisti» «Parte la public company, in Italia ci aspettiamo centomila nuovi azionisti» Prodi vende il Credit con lo sconto Da domani i titoli in offerta a 2075 lire ROMA. Lo sconto c'è. Ma Romano Prodi non esagera. Da domani mattina fino a venerdì il presidente dell'Ili mette in vendita tutte le azioni del Credito italiano possedute dal gruppo a 2075 lire l'una, il 9,6% in meno della quotazione di Borsa di venere1!. Entra così nel vivo, con un piccolo incoraggiamento per attirare risparmiatori e investitori, la più grande asta mai tentata dallo Stato. Per i dipendenti un ulteriore stimolo: azioni di risparmio a 1707 lire. E' una piccola grande festa quella che si è celebrata ieri pomeriggio in via Veneto, nell'auditorium dell'Iri. Prodi tiene una conferenza stampa per svelare il fatidico prezzo e decantare «l'atto di coraggio» e il risultato atteso dalla privatizzazione: «Il Credito italiano sarà la prima public company, la prima impresa ad azionariato diffuso del nostro Paese». Da domani chiunque può diventare socio della settima banca italiana. Al tavolo della presidenza con Prodi, ci sono i due amministratori delegati del Credit, Pier Carlo Marengo e Giuseppe Bruno. Si dicono commossi. «Sono 47 anni che ho lavorato, sia pure indirettamente, con Uri» ricorda Marengo. Un pizzico di orgoglio di gruppo e di azienda: Marengo e Bruno hanno un distintivo all'occhiello con il marchio del Credit che sta per uscire dall'Ili. «Per uscire comple-ta-men-te» scandisce Prodi per garantire che l'istituto (e quindi il potere politico, che condiziona l'azionista Stato) non avrà voce in capitolo nella gestione della banca, una volta cedute tutte le azioni. Prodi lo sottolinea per evitare equivoci. Mu allora chi comanderà? La folla di azionisti futuri, assicura Prodi spiegando che nelle public company non mancano i controlli. Il Professore si richiama all'America e bonariamente definisce «un'ira di Dio» due suore che gestiscono un fondo pensione di preti e monache di New York, azionista di grandi gruppi: «Sono terrificanti. Avendo tempo a disposizione per prepararsi, sanno tutto e controllano ogni cosa. Hanno tagliato più teste loro dei gestori di fondi pensione californiani considerati i grandi decimatori di managers». A Prodi sta a cuore motivare questa privatizzazione che non ha precedenti in Italia per il valore e per le modalità del passaggio di proprietà del 67,1% del Credit. Si tratta di un'offerta pubblica di vendita: l'istituto mette in vendita tutte le sue azioni e punta alla «democrazia economica» attraverso «un'operazione che cambia cento anni di storia». Possono mettere il piede nelle imprese (finora pubbliche) «cittadini e risparmiatori». Prodi parla di «sfida che ha assunto il carattere dell'invenzione», visto che le public company sono sconosciute all'Italia. La partita ha riflessi sul piano sociale oltre che finanziario. Se Prodi cede l'intero pacchetto di azioni, Uri incassa circa 1800 miliardi, una sessantina dei quali coprono le spese. La privatizzazione dei record è quindi una manna per l'istituto che zoppica e perde cifre enormi in settori come acciaio diva) e grandi opere (Iritecna). Con il ricavato della privatizzazione, Uri attua i programmi previsti, come gli aumenti di capitale delle controllate. Ma ce la farà? «E' una scommessa che penso sarà vinta, le premesse sono straordinariamente favorevoli» si sbilancia il Professore. L'ottimismo deriva dai quattordici incontri avuti in tutto il mondo per contattare il pubblico. «L'interesse dimostrato in Italia è a dir poco eclatante, possiamo mirare a centomila nuovi azionisti» si appassiona Bruno. Dentro e fuori i confini, gli investitori istituzionali (banche, assicurazioni, fondi pensione e fondi di investimento) «hanno manifestato» l'intenzione di sottoscrivere le azioni «tra le cinque o sei volte» l'offerta destinata loro (cioè il 35%), annuncia Claudio Costamagna, responsabile Italia della Goldman Sachs, la banca d'affari che cura la privatizzazione. Viene svelato anche che le «Scotch widows» (cioè le vedove scozzesi), uno dei maggiori gruppi finanziari britannici, hanno dimostrato grande interesse all'acquisto di azioni Credit. Le «vedove» sono apparse ben informate sull'Italia. Secondo Prodi, il prezzo fissato «attira i risparmiatori ma non dà fiato alla speculazione». Proposto dalla Goldman Sachs e dal Credit, è stato approvato all'unanimità dal consiglio di amministrazione Iri. E' Costamagna a spiegare che la sua determinazione scaturisce da quattro elementi: l'esperienza delle recenti privatizzazioni in Francia e Spagna (sconto del 14,9% per Bnp, del 10,7% per Argenterà); l'andamento del titolo; la diffusione delle azioni; le indicazioni degli investitori. La cifra di 2075 lire viene chiesta sia ai risparmiatori che agli investitori istituzionali. Il prezzo di 1707 lire per le azioni di risparmio offerte ai dipendenti è stato determinato applicando lo sconto previsto del 10% e detraendo le 160 lire necessarie per convertirle in ordinarie. Roberto Ippolito L'intero pacchetto porterebbe all'Iri 1800 miliardi COSI' IL CREDIT Al PRIVATI NUMERO DI AZIONI ORDINARIE IN VENDITA 840 MILIONI PREZZ0 PER CIASCUNA AZI0NE 2075 LIRE INVESTIMENT0 MINIM0 5.187.500 LIRE [PER 2500 AZI0NI] DURATA DELL'OFFERTA 6-10 DICEMBRE CHE COST IL CREDIT NUMER0 SP0RTELLI 783 NUMER0 DIPENDENTI 16.000 RACC0LTA C0MPLESSIVA 90.245 * IMPIEGHI 80.893* UTILE NETT0 208 * AZI0NISTIATTUALI 41.000 1 i 13; ' RISULTATI '92 IN MILIARDI DI LIRE. Prodi e (sopra) Pier Carlo Marengo