Ebbri di chiacchiere vincono i furbi

Ne siamo tutti vittime, mai come ora: dalla politica al mercato, esiste ancora una via di scampo? CRISI DI COSTUME '■'WWìWME!: '/"Mi/' :!gj Ebbri di chiacchiere vincono i furbi CI sono demagoghi oggi in Italia? E' pieno il Paese e se ne possono fare parecchi esempi, citando le specie e non gli individui. Demagogo è il telegiornalista che solletica i bassi pruriti della piazza e delle masse e li ribattezza come «neorealismo». Il direttore di tg che salta su tutte le proteste de «la ggente». Il parlamentare che si accredita all'opinione pubblica speculando sul «caro Giovanni». Il giornalista che mostra la foto di un povero cristo e fa frignare i telespettatori chiedendogli «chi l'ha visto». Il cronista di Tangentopoli che, anziché riferire i fatti, stuzzica le voglie di vendetta e di ghigliottina del pubblico circense. Il professore che prima si fa severo e poi ci manda «saluti e baci». L'industriale che discetta di etica, mercato e capitalismo e poi quando lo accusano di aver venduto patacche allo Stato (o regalato croste ai concussori) dice che è tutta colpa del regime paracomunista. Il magistrato che rilascia interviste o assume in tv una posa da Torquemada per essere acclamato a furor di popolo. Il politico che parla de «i Valori», quello che si sofferma sulla durezza dei dettagli sottombelicali, quello che stampa manifesti inneggianti alle «mani pulite» mentre l'intinge nelle mazzette, quello che dice «datemi un milione di firme e vi solleverò il Centro», quello che ride sotto i baffi dicendo «no, il Centro è a sinistra», compresa «la sinistra alla nostra sinistra», quello che replica «no, a noi! Il Centro è a destra», e quello che sostiene che «il Centro, specie se liberaldemocratico, non sta né in cielo né in terra né in qualche luogo, è morto per sempre ed è bene che non risorga più». Perché c'è così tanta demagogia in giro? L'avevano già detto Platone e Aristotele: perché c'è la crisi della democrazia. Infatti, come scrisse il secondo, «nelle democrazie, le I quali sono soggette alla legge, I vengono in primo luogo i cit¬ tadini e non ci sono demagoghi, ma là dove le leggi non sono più supreme, i demagoghi nascono». Accade perciò che quelli che «hanno da lamentarsi contro i magistrati dicano: "fate giudicare la gente"; e la gente è ben felice di accettare questo invito, con la conseguenza che l'autorità di ogni carica viene scalzata». Perché, «dove le leggi non hanno più autorità, non c'è Costituzione». Proprio così: chi ha più autorità in questo Paese? Nessuno. Quale istituzione è ancora credibile? Nessuna. C'è ancora qualcuno che abbia voglia di dire (o, se lo dice, che sia ascoltato): «Un momento, ragioniamo con calma, guardiamo i fatti». Macché! Vincono i sofisti, i saltimbanchi, gli adulatori, i furbi che annusano il vento e poi drizzano le vele. Se aggiungete che molti di costoro credono davvero a quello che dicono, avrete la misura di quanto il nostro costume civile, prima che la nostra vita democratica, sia degradato. Quando si tocca il fondo, ci si può solo rialzare. Ce la farà l'Italia? Il guaio è che la demagogia è un regime che si può curare solo con terapie omeopatiche. E allora il rischio è quello stesso in cui cadde miseramente Platone, costretto a vivere in un'epoca come la nostra. E cioè, che si cominci a credere, un po' alla volta, nel demagogo vero (sia individuo o partito), il quale si convinca e ci convinca che conosce la verità (o il bene, o il progresso) e ce la faccia bere per il nostro bene. Ubriachi come siamo di chiacchiere, traboccanti di frustrazioni, smaniosi di rivincite (niente è peggio delle «ambizioni sbagliate degli indifferenti»), e soprattutto ignari, da un secolo che stiamo assieme, di che cosa sia una vera democrazia, ci potrebbe perfino accadere di passare da regime a regime. Come un vero demagogo, invito tutti a rifletterci. Marcello Pera ara

Persone citate: Marcello Pera, Platone

Luoghi citati: Italia