Domani a San Siro il Torino sfida i campioni d'Italia nella partita clou del campionato

Domani a San Siro il Torino sfida i campioni d'Italia nella partita clou del campionato Domani a San Siro il Torino sfida i campioni d'Italia nella partita clou del campionato M0ND0NIC0 TORINO. Mondonico, che cosa è successo? «In che senso scusi?». Il 21 agosto a Washington il Torino si presentò come vittima sacrificale al Milan e neppure 4 mesi dopo si dice che potreste fare il colpaccio a S. Siro. Perciò: cos'è cambiato? «Beh, il Milan ha la stessa considerazione di allora e invece è cresciuta la nostra, per cui da sparring-partner siamo diventati coprotagonisti della partita più importante della domenica: insomma il Milan si è espresso da 7 in base alle sue possibilità, noi tra il 6 e il 10, dipende dai punti di vista. Dal mio siamo più vicini al 10 che al 6». E lei se ne prende i meriti. «Me li danno gli altri. L'importante è non crederci: io sono soltanto consapevole di non aver reso complicata una cosa semplice com'è il calcio». Beh, confessi che con tanti elogi si sente un profeta. «No, è un genere passato di moda, come la guerra tra zonisti e non. La gente ha capito che non deve farsi incantare dalle false sirene. Sembrava che solo certi allenatori potessero suonare Beethoven, invece si è scoperto che erano semplici tromboni». Insomma il calcio non produce più idee nuove? «Chi l'ha detto? La differenza è che i nuovi fenomeni sono le neopromosse e soprattutto il Piacenza, cui bisogna guardare con interesse: chissà che la sua scelta di giocare senza stranieri non insegni qualcosa a chi di mestiere sembra capace di comprare soltanto all'estero». Anche il Toro in fondo è una squadra autarchica, no? «Per una coincidenza. Aguilera e Francescoli sono tornati dal Sudamerica in condizioni inguar- «Dalla siamodi sicuSilenl'uomo c dabili, adesso sono in ripresa, però sono così intelligenti da capire che l'esplosione di Silenzi e Carbone è un dato di fatto». Tuttavia qualche anno fa un campione come Aguilera avrebbe sollevato polemiche. Cos'è cambiato? «La vita nel calcio è diventata dura, solo i migliori sono destinati a restare a galla e gli altri rischiano l'inattività. Anche per questo si è più attaccati al posto di lavoro e si soffre in silenzio». Dal silenzio a Silenzi. Bisogna credergli fino in fondo? «Certe cose non si fanno mai per caso, anche se questo può essere un momento d'oro, cui ne seguiranno altri di bronzo. Ma lui ha la voglia, la costanza per tenersi sempre a un certo livello». Che fortuna. E lei non lo faceva giocare mai. «Vede, un allenatore fa il suo mestiere se sa guardare con curiosità anche ciò che gli passa tutti i giorni sotto gli occhi, fino a leggerne i cambiamenti. Io ho visto che Silenzi stava cambiando, ben prima dei gol nella finale di Coppa Italia, e lo considero un merito, non una fortuna». Questo stride con il fatto che a luglio lo volevate vendere, non le pare? «A luglio, dopo aver deciso di non cedere Fusi e Arnioni, avremmo potuto considerare qualsiasi proposta ci fosse fatta e non soltanto per Silenzi. La maggior parte di quelli che sono rimasti o che sono arrivati al Toro sanno che non molti club erano disposti a scommettere su di loro. Ed è per questo che in campo cercano una rivincita». Anche il Milan ha preso qualche scarto: Laudrup, Raducioiu... «Sì, scarti da 10 miliardi. Roba inawicinabile per noi». Tornando a Silenzi, come si spiega la metamorfosi? «E' cambiato nello spirito. Lo capii al primo giorno di ritiro quando ci parlammo senza nasconderci nulla. Oggi è una garanzia averlo in area. In fondo è un po' quello che manca al Milan, senza Van Basten, Rijkaard e Gullit: gente di peso che ti consenta di sfruttare i palloni alti buttati in mezzo, quando non trovi un modo per passare». Perciò il Milan può rimpiangere Gullit più di voi? «Veramente solo il Milan può rimpiangerlo, perché ha deciso di farne a meno. Io non rimpiango una cosa che non sono mai stato vicino ad avere». Una vittoria a S. Siro potrebbe convincerla che vale la pena restare al Toro? Oppure andrà all'Inter? «Io non ho deciso proprio nulla. Devo riflettere, capire, sapere». Sapere ad esempio se il Toro venderà altri gioielli? «Se mi impuntassi sul giocatore in più o in meno, avrei dovuto andarmene da due anni». E cosa la farà decidere? «La chiarezza. Goveani è un presidente che sta facendo molto per il Toro, quando saprò dove siamo e cosa possiamo fare allora deciderò, tranquillamente. Io posso restare anche sapendo che il Toro è sull'orlo di un burrone, ma se lo è voglio saperlo. Tutto qui. Anzi, mi sarebbe difficile andarmene se intuissi di lasciare una situazione rischiosa. Mi sembrerebbe di tradire». Marco Ansaldo «Dalla sfida della Supercoppa siamo cresciuti: non faremo di sicuro gli sparring-partner Silenzi, nell'area di rigore, è l'uomo che manca ai rossoneri» «Io all'Inter?Non ho deciso nulla devo riflettere sul futuro del Toro» Dai 21 a DA WASHINGTON 3 MESI FACCIA A FACCIA (Dai MILAN agtuto at (Periodo ottobre) MILAN (Dai 1 novembre al MILAN PARTITE GIOCATE iMRJITEGlOC/ffh"-^ 11 GOLPATTJ 11 GO siffl 7 OOLf> GOt SUBITI GOL SUBITI Mondonico: ho il merito di non aver complicato una cosa semplice come il calcio

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