Centro ultima spiaggia dei trasformisti

discussione. Lo storico Pavone contro i nostalgici del «luogo politico fondamentale» discussione. Lo storico Pavone contro i nostalgici del «luogo politico fondamentale» Centro, ultima spiaggia dei trasformisti wlL sistema politico italiano 1 che è stato sconvolto in I questi ultimi tempi era un I sistema centrista, tenden_JU zialmente trasformista. Il compromesso storico avrebbe dovuto costituirne il punto di arrivo, trasferendo all'interno di un ceto di governo allargato alla opposizione storica di sinistra ogni conflitto politico. Le compromissioni con il potere a direzione democristiana e poi democristiana-socialista, che avevano indebolito la sinistra, compromissioni denunciate ora come «consociativismo», avrebbero così potuto essere rilette come antesignane del finale trionfo di una visione organicistica dello Stato e della politica. Per fortuna dell'Italia questo progetto è fallito. La sinistra rimase infatti con un piede fuori della tagliola per lei predisposta e trovò in esso il punto di appoggio per ritirare quello che vi aveva incautamente infilato. Così, proprio mentre sembrava arrivato a compimento, il grande progetto togliattiano inaugurato nel 1944 con la svolta di Salerno, esaurite le sue potenzialità positive, rivelava tutte le sue debolezze e contraddizioni. Cominciò allora un lento, faticoso, talvolta tortuoso processo prima del pei, poi del pds, che dal rifiuto del compromesso fece discendere non la corsa al rifugio in un neomassimalismo timoroso di essere infettato dal contatto con la responsabilità del governare, ma l'inizio di una difficile ricerca per candidarsi al governo come forza alternativa non unica, ma in concorso con altre forze democratiche di diversa ispirazione culturale. Per questo il pds e una vasta area di sinistra fecero bene a schierarsi a favore dei referendum che chiedevano la riforma della legge elettorale in senso maggioritario. La ragione ultima di quella scelta stava infatti nella auspicata creazione di un sistema bipolare di alternanza al governo: alternanza vera tra forze diverse ma entrambe interne al sistema liberaldemocratico, e non il gioco dei quattro cantoni tra De Mita, Craxi, Andreotti, Forlani. La sconfitta del doppio turno nella nuova legge elettorale politica segnò una battuta di arresto lungo questo cammino. Come si sta constatando nelle elezioni amministrative, è il doppio turno che favorisce la polarizzazione delle forze in campo. All'ombra della uninominale secca corretta dalla quota proporzionale, le forze del vecchio centro pensarono di poter svuotare il processo riformatore, e si diedero a cercare le vie per riproporsi come asse attorno al quale far ruotare anche il nuovo sistema politico che prima o poi sarebbe pur dovuto sorgere dallo sconquasso in atto. Ma il processo reale andava ormai molto più in fretta, e probabilmente riuscirà a utilizzare in senso bipolare anche la legge alla fine approvata. Invece che ispirarsi al «né destra né sinistra» (formula su cui fior di politologi hanno giocato la loro credibilità), l'elettorato si avviava a schierarsi con nettezza o a sinistra o a destra. I tentativi di ricostituire il centro avrebbero potuto a questo punto apparire soltanto patetici. Invece sono risultati dannosi, perché le forze che hanno per un cinquantennio occupato il centro, vieppiù degenerando a partire dagli anni craxiani, sono forze ancora potenti, per nulla disposte a farsi da parte. E' un rimprovero ormai corrente che invece di decidersi, accantonati i corrotti, a perdere qualcosa alla propria sinistra e a riqualificarsi a viso aperto come destra moderata interna al sistema liberaldemocratico nato dalla vittoria dell'antifascismo, i nostalgici del centro si ostinano a ricandidarsi come luogo politico fondamentale e ineliminabile, che non può non esserci. Così facendo, i neocentristi ostacolano la nascita di quella «destra giusta», da tanti oggi auspicata, e lasciano campo libero alla cattura da parte fascista e leghista dei molti cittadini che si ribellano contro il malgoverno centrista, non riescono a prendere sul serio la proposta di un nuovo e «vero» centro, ma non sono di sinistra. Il ripudio del centrismo e il franco qualificarsi come destra, mettendo da parte inibizioni e ipocrisie che dal 1876, quando cadde la Destra storica, hanno aduggiato la vita politica italiana, è dunque la condizione preliminare di ogni ricupero di credibilità da parte di chi, laico o cattolico, si era riconosciuto nel centro e nemmeno guasterebbe, nella parte non corrotta del vecchio personale politico-centrista, una qualche dose di quella autocritica con tanta insistenza richiesta alla sinistra. Il discorso sopra abbozzato deve naturalmente tener conto della particolare natura e storia della de, che è stata il fulcro delle varie versioni del centrismo. La rottura della propria unità politica è il passaggio che i cattolici, sia quelli moderati sia quelli progressisti, devono affrontare per ritornare a essere attivi sulla scena politica italiana. Questo può avvenire solo in un contesto pienamente laico, che si lasci alle spalle ogni nostalgia o tentazione neoguelfa o clerico-fascista. E' facile prevedere che la destra moderata e «civile» avrebbe una forte componente cattolica, così come i cattolici di sinistra concorrerebbero a formare il polo progressista. Il pericolo è, al riguardo, che la de, o Partito popolare che sia, voglia ancora essere un microcosmo che rispecchi in sé l'intero cosmo della società italiana. In tutti i partiti, anche i più minuscoli, si creano differenziazioni fra sinistra, destra e centro. La pretesa della de è stata sempre che queste fisiologiche distinzioni interne corrispondano puntualmente a quelle presenti in un corpo sociale sempre più complesso e differenziato. Sono queste le radici di quello che una volta si chiamava interclassismo e che ha politicamente cementato il centrismo. Se la svolta in atto non romperà questo meccanismo - e i laici che in vario modo hanno gravitato nell'area centrista dovrebbero essere i primi a temerlo - essa rischierà di risolversi in una trista gattopardesca riedizione del «perché nulla cambi bisogna che tutto cambi». Va da sé che anche nel caso dovesse avverarsi la auspicata svolta di segno dicotomico opererebbero molteplici canali di continuità, così come, nel caso opposto, la società non rimarrebbe certo immobile. Lasciando agli storici del futuro la disputa fra continuità e rottura, è ragionevole prevedere che una vittoria neocentrista ricaccerebbe i fermenti e mutamenti della società nel sottosuolo della politica, tranne poi a vederli di nuovo esplodere in forme caotiche. E potrebbe manifestarsi una nuova deriva trasformistica. Anche i neocentristi animati dal più sfrenato ottimismo non possono pensare di conquistare da soli il 50% dell'elettorato. Il loro progetto appare più elementare e collaudato: tornare a godere di una rendita di posizione, lasciarsi le mani libere in tutte le direzioni, lanciare ami a destra e a sinistra, governare aiutandosi con ricatti, concessioni e favori, questi sì demagogici. Perfino l'aborrito consociativismo, più o meno strisciante, potrebbe a quel punto tornare comodo. Nell'immediato, in una situazione come quella creatasi a Roma e a Napoli, coloro che affannosamente inseguono un nuovo centro invitano ad astenersi nei prossimi ballottaggi. Di per sé, la riproposizione della tesi degli opposti estremismi, che sta alla base della richiesta di astensione, non meriterebbe molta attenzione. Ma l'astensione favorirebbe di fatto, a Roma come a Napoli, la vittoria della destra fascista, di cui consoliderebbe la presa su tanti cittadini che fascisti non sono. Rifugiandosi nella astensione, come se la competizione in corso non riguardasse tutti gli italiani, i neoccntristi pongono il loro impotente desiderio di rivalsa al servizio di una destra manipolata da uno schietto partito fascista, qual è sempre stato ed è l'msi. Claudio Pavone Così si ostacola la nascita di una «destra giusta» e si lascia campo libero ai fascisti e alla Lega Qui sotto lo storico Claudio Pavone: «I neocentristi vogliono lasciarsi le mani libere in tutte le direzioni»

Persone citate: Andreotti, Claudio Pavone, Craxi, De Mita, Forlani

Luoghi citati: Italia, Napoli, Roma, Salerno