Il boss interrogato a Palermo «A Rebibbia gli tesi un tranello»

Riina: Buffetta non mi conosce Riina: Buffetta non mi conosce // boss interrogato a Palermo «A Rebibbia gli tesi un tranello» PALERMO DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Il capo della mafia Totò Riina, nell'aula-bunker dell'Ucciardone, ieri non ha esitato a parlare di Giulio Andreotti che, secondo il pentito Balduccio Di Maggio, già suo guardaspalle, l'avrebbe incontrato durante la sua latitanza baciandolo. Il boss dei boss non è apparso affatto imbarazzato e ha sbrigato l'affare come se fosse ordinaria amministrazione. «Non conosco il pentito Di Maggio, quello che ha parlato del bacio con Andreotti, non l'ho mai visto - ha detto -, ma se Andreotti è venuto in Sicilia si può facilmente accertare. Un presidente ha agende, appuntamenti, e poi il bacio... Questi sono i pentiti, signor presidente. Se poi Riina serve per certi fini, fatene pure uso». > Una difesa del sette volte Presidente del Consiglio e ora senatore a vita che ha ricevuto dalla procura di Palermo il 27 marzo scorso una comunicazione giudiziaria per associazione mafiosa? Pare proprio di sì. Ma una difesa sulla quale Riina, che sta confermando la sua fama di astuta volpe oltreché di belva per le decine di delitti dei quali è accusato, non s'è dilungato più di tanto. Ha lasciato, forse con sottile calcolo, tutto a quel punto, come a voler dire «più di tanto non parlo». Nella prima veramente importante udienza dell'appellobis per lo stralcio del primo maxiprocesso alla mafia riservato agli omicidi Dalla Chiesa, Giaccone, Giuliano e altri quindici, Riina si è concesso qualche battuta. Ad esempio ha sostenuto che «la mia Cupola è la mia famiglia e per famiglia intendo quattro figli e mia moglie». Poi, a proposito delle ricchezze che avrebbe accumulato con la droga, ha «sparato» un «mia moglie non abiterebbe in quattro metri quadrati. Queste cose fanno male ai bambini». Riina ha anche spiegato perché il 19 novembre nell'aula speciale del carcere di Rebibbia, a Roma, limitò a poche battute il confronto con Tommaso Buscetta che gli rivolse pesantissime contestazioni. «A Roma non ho parlato - ha affermato - perché volevo vedere se Buscetta mi conosceva e io l'ho tirato nell'inganno. Infatti lui non mi conosce così come ha dichiarato nel 1984 al giudice Falcone». Salito poco dopo sul pretorio, Pippo Calò, il cassiere delle cosche, ha escluso di aver partecipato all'agguato a Dalla Chiesa il 3 settembre del 1982 a Palermo. «Avevo un braccio ingessato, ero stato in Sardegna ed ero appena rientrato a Tuscania». Prima di lui, interrogato per pochissimo tempo perché ha sostenuto di star male, «Nitto» Santapaola ha ricordato che trenta persone sostengono il suo alibi per la sera del 3 settembre di undici anni fa. [a. r.I

Luoghi citati: Palermo, Roma, Sardegna, Sicilia, Tuscania