«Covo mafioso nell'Arcivescovado»

Avviso di garanzia al segretario del prelato: fornì il telefonino a Leoluca Bagarella Avviso di garanzia al segretario del prelato: fornì il telefonino a Leoluca Bagarella «Covo mafioso nell'Arcivescovado» Sequestrati documenti compromettenti Sono stati trovati nella canonica PALERMO DAL NÒSTRO CORRISPONDENTE Si torna a parlare, e pesantemente, di rapporti tra religiosi e mafiosi in Sicilia. Il nuovo scandalo minaccia di travolgere l'arcivescovado di Monreale, già scosso da polemiche. Il segretario dell'arcivescovo Salvatore Cassisa, da 13 anni al vertice della Curia, ha ricevuto un avviso di garanzia nel quale si ipotizza nientemeno che il reato di favoreggiamento aggravato di latitanti della mafia. E' un giovane prete, padre Mario Campisi, 32 anni, divenuto segretario di monsignor Cassisa appena terminati gli studi nel locale seminario accanto al favoloso Duomo normanno fatto costruire da Guglielmo Il per i cui restauri è in corso un'inchiesta avviata dalla procura di Palermo dopo un'imbeccata del pool «Mani pulite» a Milano. Don Campisi, se non verrà fuori una convincente tesi difensiva, potrebbe andare incontro a guai seri. Infatti è sospettato di aver fornito un telefonino cellulare al cognato di Totò Riina, il superlatitante Leoluca Bagarella, fratello di Antonietta, la moglie del boss dei boss. Oggi, a 51 anni, Bagarella è considerato il nuovo capo della mafia siciliana. Di questo, ad esempio, si dice certo Santo Di Matteo, in ordine cronologico l'ultimo dei pentiti che hanno parlato della strage di Capaci per la quale è stato recentemente incriminato anche Bagarella, ricercato dall'aprile 1981 dopo aver ottenuto la scarcerazione per scadenza dei termini sulla custodia cautelare l'8 dicembre precedente. Latitante già per quasi 10 anni, Leoluca Bagarella era stato catturato il 10 dicembre del 1979 da due giovani carabinieri fisionomisti che se l'erano trovato faccia a faccia mentre passeggiava a braccetto con la moglie Vincenza Marchese, dell'influente «famiglia» mafiosa di corso dei Mille, nel centrale corso Vittorio Emanuele. Avvisi di garanzia sono stati pure inviati dal sostituto procuratore della Repubblica e componente della direzione distrettuale antimafia Giuseppe Pignatone ad altre due persone. Una è un'insegnante liceale di lettere, Rosa Landa, che risiede a Partinico, a 20 chilometri da Monreale, nella cui arcidiocesi la cittadina è compresa. Del terzo implicato nell'inchiesta non si è appreso nulla. «Non so niente - ha detto la professoressa Landa ieri sera mentre nel suo alloggio festeggiava il compleanno del figlio -: conosco don Campisi solo superficialmente. In verità io frequento tutt'altra gente». Alcuni fascicoli (a quanto pare un bel po' di carte), il cui contenuto gli inquirenti non hanno precisato, sono stati sequestrati durante una perquisizione nell'alloggio di don Campisi, che vive in canonica con lo zio materno, monsignor Alfonso Cannella, parroco della chiesa di San Castrense, una delle principali dell'arcidiocesi. «L'interessato non è in casa, non posso dirvi niente» ha risposto monsignor Cannella ai giornalisti che chiedevano informazioni. Il prelato, che come il nipote è originario di Bisacquino, un paese nel comprensorio di Corleone, a suo tempo fu segretario dell'arcivescovo Francesco Carpino, divenuto poi cardinale e arcivescovo di Palermo, morto recentemente in Vaticano dove si era ritirato in una vecchiaia solitaria densa di misticismo e studi teologici. Una piccola dinastia, dunque, in posizione di preminenza nei saloni del palazzo arcivescovile dove i sussurri ultimamente si son fatti sempre più insistenti, insinuanti. In settembre l'arcivescovo Cassisa, già oggetto di critiche neppure velate come quelle di Leoluca Orlando per la sua amicizia con Salvo Lima e per la sua gestione dell'Ordine del Santo Sepolcro di cui il presule è gran maestro e che parecchi indicano più o meno come una lobby (vi è iscritto anche il questore Bruno Contrada, agli arresti a Roma per associazione mafiosa), era stato contestato da migliaia di fedeli che in corteo avevano ottenuto la reintegrazione nelle l'unzioni di monsignor Giuseppe Governanti. I) prelato, già presidente del tribunale ecclesiastico siciliano, era stato sospeso con l'interdizione a dir messa per' via delle animatissime contestazioni circolate a Monreale dopo che si era sparsa voce di un suo ricorso al Papa e al presidente della Cei cardinal Ruini circa irregolarità e tangenti di cui si vociferava in margine ai restauri del Duomo, finanziati con miliardi da Stato, Regione e Cee. Lavori che sarebbero stati in parte gestiti dalla mafia, secondo il pentito Giuseppe Li Pera, già capoarea in Sicilia dell'impresa edile di Udine RizzaniDe Eccher. Pochi giorni dopo la sospensione, monsignor Governanti, che è parroco della chiesa del Carmine, fu riammesso nelle funzioni, ma il caso rimase aperto1 anche per le ripetute denunce degli esponenti della Rete. Antonio Ravidà Altri due indagati Tra di loro c'è un' insegnante di liceo HHBKiil II duomo di Monreale e il boss Leoluca Bagarella, che avrebbe avuto rapporti col segretario dell'arcivescovo