Scienza in Tv due infortuni

E' Nardi o non è Nardi? Piccola storia dell'identità dalla firma al codice Dna E' Nardi o non è Nardi? Piccola storia dell'identità dalla firma al codice Dna Scienza in Tv due infortuni SABATO 6 novembre alle 2,30 del pomeriggio ho seguito, casualmente, una trasmissione di divulgazione scientifica su Rete Quattro. La trasmissione si chiama «Naturalmente bella, medicina a confronto». Nonostante il titolo in apparenza frivolo, e anche indirettamente pubblicitario (le prime due parole sono anche il titolo di ima rivista), si svolge con la partecipazione di medici illustri. La trasmissione verteva sulla depressione e i suoi dintorni, sull'equilibrio tra la psiche e il corpo, sulla medicina «accademica» e i suoi molti errori, sulla medicina settoriale e specialistica, sulle medicine antiche dell'Oriente, oggi così di moda. Il taglio dei discorsi era, nel complesso, molto piacevole e chiaro. Perché parlo di questa trasmissione, se non sono né un critico televisivo né un medico? Ne parlo perché, in una trasmissione fatta abbastanza bene a livello medico con qualche sfumatura culturale in più (venivano addirittura citati Galileo Galilei e il filosofo della scienza Popper), sono partiti due svarioni non indifferenti dal punto di vista della fisica elementare: la legge di azione e reazione è stata attribuita una prima volta ad Archimede da uno dei medici intervenuti e citata poi dalla bella conduttrice come «la legge di Euclide che tutti ricordiamo». La legge citata è in realtà la terza legge della dinamica ed è dovuta a Newton: a ogni azione La terzt dovi CLONAZIONE. Gli esperimenti di Jerry Hall alla George Washington University hanno evocato incubi orwelliani e sollevato interrogativi morali. Che cosa ne sarà mai dell'unicità e della irripetibilità della persona umana? La notizia è arrivata in Italia mentre la cronaca era alle prese con il «golpe-Monticone», le dichiarazioni di Gabriella Di Rosa, gli interrogativi sulla morte (vera o falsa?) di Gianni Nardi. Bisognava riesumare e accertare in maniera definitiva l'identità (unica e irripetibile) del cadavere. Perché se Nardi è morto, Nardi non può essere vivo. Non esistono replicanti. Frutterò e Lucentini immaginano che un giorno potremo incontrare Madre Teresa 61, Van Basten 34, Prost 15. Ma oggi di Nardi ce n'è uno solo. Il casuale accostamento cronologico tra le due notizie ci ha spinto a riaprire i libri di storia per presentare un breve (cioè, molto incompleto) resoconto sulle prove dell'unicità della persona umana. I metodi più semplici e più antichi per «identificare» sono stati il nome e la firma. Nell'antichità greco-romana, tuttavia, i notai, in misura precauzionale, accanto al nome registravano i «connotati» ed eventuali «segni particolari» (cicatrici, nei). La firma, ritenuta inimitabile o quanto meno difficilmente falsificabile, è stata per secoli largamente adoperata. Ma la grafologia, come studio della personalità attraverso la scrittura, verrà fondata soltanto intorno al 1870 (anno in cui nasce la Société de Graphologie e l'abate Michon pubblica «Les mystères de l'écriture»). E' proprio nell'ultimo quarto del XIX secolo che si avverte in misura crescente il bisogno di più sicuri metodi di identificazione. La crescita demografica e l'urbanizzazione hanno determinato una forte mobilità degli individui. Le città sono piene di forestieri la cui identificazione rimane molto problematica. Ma è soprattutto la necessità di controllare i criminali che stimola la ricerca. Alphonse Bertillon, impiegato della prefettura di Parigi, elabora negli 1870-80 il metodo antropometrico: accuratissime misurazioni corporee raccolte e conservate in cartellini segnaletici. Il metodo è buono (permette di scartare due individui dissimili), ma lascia ancora spazio agli errori giudiziari (l'eventuale coincidenza delle misure non permette una conclusione sicura). Circa dieci anni dopo, l'Inghilterra introduce il metodo fondato sulle impronte digitali. A suggerirlo è stato, nel 1888, sir Francis Galton, naturalista e cugino di Charles Darwin. Galton si riconosce in debito con Jan Evangelista Purkynè e con sir William Herschel. Nel 1823 Purkynè, fondatore dell'istologia, aveva studiato le linee papillari e affermato che non esistono due individui con impronte digitali identiche. Scienziato puro, aveva svilup- La prova del Dna avrebbe tolto ogni dubbio sull'identità della salma di Nardi pato soltanto le implicazioni filosofiche della scoperta. Herschel, nel 1860, amministratore di Sua Maestà Britannica nelle Indie Orientali, aveva invece tanti problemi pratici da risolvere. Per lui, occidentale, gli indigeni erano «individui multipli», indistinguibili l'uno dall'altro, irriconoscibili, tutti uguali. Osservando le usanze locali, intravede la soluzione. Nel Bengala si usa imprimere su lettere e documenti un polpastrello sporco d'inchiostro. Il funzionario britannico si rende conto di poter trasformare una folla indistinta in individui controllabili grazie a un tratto biologico minimo ma esclusivo. In questi anni sono state sviluppate nuove metodologie identificative tramite i gruppi sanguigni e il Dna. L'applicazione di questi metodi rimane circoscritta all'indagine sui delitti e alla popolazione criminale. Nel «caso Nardi» l'esame del Dna sarebbe stato ovviamente facile e decisivo. Ma a quanto pare non lo si è voluto fare. L'unicità degli individui che compongono la popolazione «normale» è garantita dall'anagrafe e dai documenti di identità (benché sulla carta d'identità vi sia uno spazio, generalmente non utilizzato, per l'impronta del dito indice sinistro). Ne sanno qualcosa il pirandelliano «Fu Mattia Pascal» che lontano dalla terra natale decide di presentarsi col falso nome di Adriano Meis ma non esistendo anagraficamente non può sporgere denuncia e non può sposarsi e il ragioniere Gilberto Gatti (personaggio di Primo Levi) che tramite il «Mimete» duplica prima la moglie e poi se stesso: anche lui deve constatare che, per «legge anagrafica», non si può esistere due volte. terzadovuI terzt I dovi VitoLabita corrisponde una reazione uguale e contraria. Inoltre Archimede è famoso soprattutto per la spinta verso l'alto a un corpo immerso in un liquido ed Euclide per la sua geometria. Due cose leggermente diverse. Non me ne vogliano la presentatrice e il medico incappato nell'infortunio. Della trasmissione avevo apprezzato altre cose: una buona articolazione degli interventi, la definizione di un disordine «ordinato» nell'uomo che sta bene, la constatazione che le molecole estranee in certe medicine (gli esofarmaci) sono state riconosciute più negative che positive, la sottile differenza tra le parole inglesi «cure» e «care», l'interpretazione laica delle parole «fede, speranza e carità» che diventano l'ormone fiducia e la battuta spiritosa sul vecchio medico di famiglia (mio padre lo era) che cura una famiglia che, pagandogli gli onorari, si cura della sua. Commento quei due svarioni proprio perché sono un fatto emblematico più frequente di quanto non si pensi, non solo nelle chiacchiere di tutti i giorni, dove la cosa non avrebbe alcuna importanza, ma anche in discussione tra gente colta e in certi dibattiti dove le citazioni scientifiche sbagliate sono molto frequenti. E non ci bada nessuno. E' un retaggio del nostro vecchio liceo? Per così poco non tirerò in ballo la riforma Gentile. Il corpo umano a «Futuro remoto» Si terrà a Milano il 7-8 dicembre il convegno «Dieci Nobel per il futuro». Tra gli altri, Rubbia, Prigogine, Dulbecco, Rita Levi Montalcini, Baltimore, Richter, Steinberger. Al Centro congressi di via Romagnosi 6. rida ida Federico Bedarida ida Università di Genova ova ova ova

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