I NONNI E LO ZAR

I NONNI E LO ZAR I NONNI E LO ZAR Lo storico Ignatiejf sfoglia Valbum di famiglia la nobiltà russa, tra rivoluzione e esilio nel '17 SCRIVE Michael Ignatieff nel primo capitolo del suo Album russo che «la nostra conoscenza del passato non potrà mai soddisfare il nostro desiderio del passato». In realtà, se la conoscenza del passato santificata dal sapere accademico è lecita, nella nostra cultura di stanca ma persistente derivazione progressista il desiderio del passato non è altrettanto pacificamente ammesso o riconosciuto: a meno che non si tratti di nostalgia, un'affezione, una debolezza oppure una fiorente industria, il conformismo del presente e quello del futuro - alla luce dei quali tutto deve essere produttivo hanno separato nettamente la storia dalla memoria. Per questo spesso il racconto della storia, per quanto conoscitivo, speculativo o esotico possa essere, risulta desolatamente privo di pathos. La vicenda che lo storico canadese Ignatieff indaga in Album russo, poiché è insieme la storia privata della sua famiglia e la storia esemplare della persecuzione e dispersione umana dopo la guerra civile russa del '17, ricongiunge il polo della conoscenza al polo del desiderio del passato. Ignatieff si mette subito in campo in una posizione di distanza appassionata: suo nonno, Pavel Ignat'ev, era stato ministro dell'Istruzione nell'ultimo governo dello zar Nicola E; il bisnonno Nikolaj, importante diplomatico, come ministro degli Interni di Ales¬ LA prima strage degli ebrei in Italia è avvenuta nel settembre 1943 a Stresa, Baveno, Meina e Arona, ridenti cittadine del Lago Maggiore. Compiuta da reparti della Leibstandarte Adolf Hitler, la divisione corazzata SS guardia del corpo del Fùhrer. Va rimproverato agli storici uno scarso interesse per questo eccidio, rimasto praticamente ignoto nonostante un processo in Germania nel '68. Marco Nozza (Hotel Meina) dopo ricerche durate anni ne fa un racconto preciso e minuzioso, terribile. Nel settembre '43 questa sponda del Lago Maggiore si sarebbe detto un luogo sereno. Quelli che potevano permetterselo, milanesi per lo più, vi erano sfollati e abitavano nelle ville in mezzo al verde, negli alberghi liberty. Partite di tennis al lido, nuotate nel lago, gite in bicicletta i giovani; gli anziani facevano vita sociale. C'erano ebrei italiani e altri sfuggiti alla persecuzione nazista in diversi Paesi d'Europa, dall'estate all'Hotel Meina ne alloggiavano tredici di Salonicco scampati alla deportazione. Il giorno 8 l'annuncio dell'armistizio illuse tutti e si festeggiò la pace. Ma gli ebrei fuggiti dalla Grecia cercarono invano di spegnere gli entusiasmi: «Ci sono ancora i nazisti, non sapete di che cosa sono capaci». Le truppe della Leibstandarte arrivarono in camion domenica 12 a Stresa, il 13 a Baveno, il 15 a Meina e Arona. («Vi andammo perché la nostra era una specie di vacanza», diranno al processo). A Stresa centocinquanta occuparono l'ex villa Ducale, dove c'era il collegio dei padri rosminiani, che diventò comando delle SS. Nelle altre città si insediarono nei migliori alberghi. A Stresa qualcuno li sentì dire: «Heute Judenreinigung», oggi pulizia ebrei, e corse ad avvisare una coppia di ebrei ungheresi, che scappò in montagna. Ebrei italiani furono consigliati, sollecitati da amici a fuggire in Sviz¬ sandro IH aveva firmato la legge per le misure straordinarie con le quali negli ultimi due decenni del secolo si cercò di domare il terrorismo ma anche ogni altra attività d'opposizione, e che, restando in vigore fino al '17, contribuirono con il loro carattere autoritario «a comunicare ai giovani Lenin e Stalin il disprezzo per la legalità». Sua nonna Natasha Mescerskij era una principessa cresciuta in una proprietà assegnata alla famiglia dall'imperatrice Caterina. Ma lui, Michael, terza generazione, nato nel '47, cioè quasi trent'anni dopo che i suoi nonni Pavel e Natasha erano fuggiti dalla loro patria, il russo non lo ha mai imparato. Tra lui, dunque, e l'album di famiglia che si propone di illuminare, c'è il vuoto di una lingua tagliata: familiarità e estraneità non si congiungono più nel perturbante personale, ma in un perturbante storico e collettivo e i demoni dell'esilio e della perdita accompagnano lo storico nella sua ricostruzione. Che cosa ha trasformato la bella ed elegante signora con 0 suo florido bambino in grembo che ammiriamo nella piccola sezione illustrata del libro, in una foto del 1905, e che reincontriamo qualche pagina dopo, in una foto del ' 13, ancora più bella e riccamente vestita e ingioiellata, in quella vecchia dal sorriso spavaldo e disperato avvolta in una palandrana informe, accanto a un uomo anziano, che guarda l'obiettivo incerto nell'espressione e nella posa? Per raccontarlo Le memorie di una patria perduta senza nostalgie Ignatieff ha attinto alle memorie della nonna, 250 pagine scritte in inglese nel 1940 in un villino a Upper Melbourne nel Quebec, svagate e familiari, e a quelle redatte dal nonno nei primi anni dell'esilio, in Inghilterra e a Parigi, sobrie e attinenti solo a argomenti di carattere pubblico. Ha visitato la Russia, ricercando luoghi e consultando archivi, e insieme ha tentato di parlare con il padre e i vecchi zii di quanto ricordavano. Tentato perché, «non più eredità data per certa, il passato diventa così loro invenzione, loro storia». Ricostruire quanto è successo sulle memorie degli esuli, spiega infatti Ignatieff, è impresa necessaria e insieme disperata: «Come al momento della fuga gli esuli devono raccattare i tesori che diverranno i loro unici beni sulla via dell'esilio, così devono scegliere il passato che si porteranno dietro, la versione che ne daranno, quella a cui crederanno». Se al mito della rivoluzione d'ottobre, ai suoi ricordi immaginati,

Persone citate: Adolf Hitler, Ignatieff, Lenin, Marco Nozza, Michael Ignatieff, Pavel Ignat'ev, Stalin