FORZA INCIPIT

FORZA INCIPIT FORZA INCIPIT Inchiesta: il bel romanzo si vede dall'inizio? VALÉRY voleva raccoglierli, quanti più possibile, in un'antologia sterminata, per dimostrare l'inferiorità del romanzo come genere letterario. Ma gli «incipit» sono qualcosa più complesso di semplici biglietti da visita delle opere letterarie. In un pensiero, in una frase, in un rigo appena, contengono tutta la carica, la magia, le promesse della creazione artistica. Per dimostrarlo, Frutterò e Lucentini hanno raccolto oltre 757 inizi famosi nel volume Incipit appena uscito da Mondadori (pp. 283, L. 28.000). Dall'Elohim biblico che inventa cielo e terra alla prima frase della Costituzione italiana, dalla Divina Commedia ai saggi di Darwin, ogni abbrivo promette al lettore vortici di idee, avventure senza fine. E Tuttolibri lancia un gioco (in collaborazione con la trasmissione di Italia 1 A tutto volume) per indicare l'incipit preferito. E gli scrittori? Come affrontano il nulla della pagina bianca? Euforia da libertà o paura di un'acrobazia senza rete? Enzo Bettiza, autore dello sterminato viaggio al centro degli orrori staliniani, ama l'inizio lento. «Il mio romanzo decolla in maniera morbida, un po' sottovoce, planando come un avvoltoio silenzioso sul centro della trama». L'incipit di Hotel Lux, riscritto «almeno venti volte», fa appello alla «pazienza» del lettore, «con inquietante serenità lo introduce in una storia gravida di crimini. L'incipit è un filo d'Arianna per entrare in questo labirinto. Ho scelto un'esca accattivante, che però si presenta col colore grigio, e non con il rosso incandescente». L'incipit preferito? Il balletto meteorologico tra isoterme e isòtere dell'Uomo senza qualità. «Con la sua divagazione barometrica, Musil avverte che da 'quel capitolo non si ricaverà mula". E' un elogio della lentezza. Sembra una trasmissione di Bernacca, una meravigliosa giornata dublinese, solo con meno turgore». Alberto Bevilacqua «da parmigiano» confessa «sono cresciuto nella lezione di scrittura che viene dall'opera lirica. Cosa c'è di più geniale in Verdi e in tutto il melodramma? L'ouverture. E l'incipit di un libro racchiude tutta la forza, la necessità, il piacere che un autore sente verso la sua opera». Quale chiave ha scelto per l'ultimo libro, Un cuore magico? «I sensi incantati mi avevano lasciato in una vicenda aperta, una sorta di sospensione. Così ho iniziato con un punto interrogativo, uno strappo». Tra gli incipit preferiti, Il viaggio al termine della notte; ma anche la memoria del «ghiaccio» che Buendia ha di fronte al plotone d'esecuzione in Cent'anni di solitudine. «E' legato al ricordo di un Natale. Màrquez era a Roma, voleva diventare regista studiando al Centro Sperimentale. Lo portai a vedere un circo sulla comunità del Po, abitata da personaggi stravaganti. E si portò in Colombia il sapore di quel mondo magico Opinioni a confronto da Bettiza a De Carlo da Sanvitale, a Marami, a Bevilacqua iù ici lle in nia, tiò e 57 appp. blilla ta ai roavbri ne A pit afan di erorto. ielaiocieno pauieuna pit in sca nta sso eritra dalperlettpredelro cuibazfamgeopaepreSonnodetra di Dpitunstoperlo na Da sinistra, Bettiza Ponliggia, Marami; qui sotto, Sanvitale. Quale preferite!' Un gioco per i lettori con il libro quiz di Frutterò & Lucentini e l dall'inizio. Non ho uno standard per cominciare, amo spiazzare il lettore». Il poeta della «lieve imprecisione» adora le prime righe dell'Uomo senza qualità per la loro «precisione», per la lucidità con cui affronta barometro e perturbazioni. Anche l'inizio di Stati di famiglia mette a fuoco con occhio geometrico inciampi quotidiani e paesaggi qualunque. «Mi piace la precisione tecnica della scrittura. Sono d'accordo con Butler, che non si curava della menzogna ina detestava l'inesattezza. La scrittura deve essere precisa, impastata di cose vere». Dacia Marami considera l'incipit «il primo passo per entrare in un ballo. Se cominci col ritmo giusto, non inciamperai più. E' come per un solista, serve ad accordare lo strumento, a impostare la voce narrativa di tutto il libro. Amo partire da un'immagine, perché mi dà la forza di effettuare un grande lavoro sul linguaggio». Ha mai provato paura della pagina bianca? «No, è come stare sulla cima di una montagna, di fronte a precipizi spaventosi ma anche di fronte a paesaggi stupendi. Sai che puoi scendere da mille sentieri. L'infinita serie di possibilità aperte è una grande seduzione». Un incipit amato? «Quello del Compagno segreto di Conrad. Perché inizia con ima frase sbilanciata che sembra non trovare mai termine, mentre il resto del romanzo si assesta poi su una prosa secca». Giuseppe Pontiggia considera l'incipit «un momento cruciale» del suo mestiere di scrivere. «Nei romanzi riusciti, l'attacco contiene il germe dell'opera. E' una miniera cui si attinge nel corso della scrittura; è il punto di riferimento stilistico e tematico di tutta la sto ria; irradia energia. Ogni mio libro parte da un'idea, da un'immagine; poi dedico enorme attenzione a scolpire le prime righe». In Vite di uomini non illustri, l'incipit è vo Ultamente anagrafico, moltiplicato per ogni storia. «E' un libro mu sicale, con tante variazioni sul te ma, sullo stesso inizio». L'inizio preferito? «"Chiamatemi Ismae le". Una frase che contiene tutto MobyDick». Francesca Sanvitale si diverte a parafrasare un proverbio meteo rologico: «Il bel romanzo si vede dall'inizio - dice -. La userei come fascetta pubblicitaria al libro di F, fr L. L'incipit di un romanzo conta moltissimo, perché dà il tono alla narrazione, come in una composi zione musicale. Serve al lettore per comunicare ciò che ci sarà nel libro, e allo scrittore per famiglia rizzarsi con la stesura del romanzo. Io fatico più a scrivere le prime tre pagine che continuare con il resto. Quando poi il racconto trova la sua strada, non mi è mai capita to di ritoccarle. Sarebbe un tradì mento, come togliere la locomotiva a un treno in corsa. Nell'ultimo romanzo, Il figlio dell'impero, ho scelto una prima pagina cht prò cede senza certezze, a tentoni, con minuscoli fatti. Comincio col tono bassQ, discorsivo, in senso pasoliniano». disirit Alberto Bevilacqua che poi si travasò in Macondo». Andrea De Carlo dice: «Come scrittore lavoro alla prima pagina dei miei romanzi anche due mesi. Quasi fosse un'ossessione, un rito propiziatorio, per cominciare ad abitare una storia. Come lettore, spesso, leggo solo le prime righe, per capire se buttare via il libro o lasciarmi risucchiare dalla sua atmosfera». L'incipit preferito dell'autore di Arcodamorel «Non ne ho, non ne ricordo. Anche quello di Delitto e Castigo, il romanzo che amo, lo ricordo soltanto come atmosfera d'inizio. L'incipit, forse, ha un destino crudele, è ciò che serve a catturare l'attenzione del lettore, è il primo contatto di una conoscenza, ma poi si stempera, si perde nella memoria per lasciare spazio al ricordo del romanzo». Per Gene Gnocchi l'incipit «è come far saltare il tappo di una bottiglia. Magari non la verso subito. Ma comincio a guardarci dentro, per capire cos'è. I miei racconti vengono alla luce sempre Per i pr

Luoghi citati: Bevilacqua, Colombia, Italia, Roma